Il presidente Segni si dimette L'annuncio previsto per stasera

Il presidente Segni si dimette L'annuncio previsto per stasera IMO PO QUATTRO MESI JOI MALATTIA, Il presidente Segni si dimette L'annuncio previsto per stasera La lettera con la decisione sarà consegnata oggi a Moro, che informerà subito Merzagora e i presidenti delle Camere - Alle 18 convocazione straordinaria del Consiglio dei ministri - Segni lascerà il Quirinale per trasferirsi a Napoli nella villa Rosebery ospite dello Stato - Deputati e senatori si riuniranno il 17 dicembre in una sola assemblea per eleggere il nuovo presidente della Repubblica - Sui candidati nessuna decisione dei partiti, ma si cominciano a fare alcuni nomi: Saragat, Fanfani, Taviani e Leone Una difficile scelta Roma, 5 dicembre. E' giunta la scadenza, per vari motivi temuta e d'altra parte volonterosamente rinviata fino ai limiti del possibile, di una nuova elezione presidenziale. Fra i motivi più nobili era l'augurio comune a tanta parte degli italiani, che Antonio Segni potesse recuperare la pienezza delle sue forze intellettuali e fisiche ed essere quindi restituito alla guida del Paese. La fiducia e la speranza ne appaiono perdute, e l'augurio pertanto cambia di oggetto: che Antonio Segni possa, in una serena convalescenza da trascorrere lontano dalle cure e dalle responsabilità del potere, venire pienamente restituito a se slesso ed alla famiglia, per continuare poi a contribuire al reggimento della cosa pubblica con la saggezza del suo disinteressato consiglio. Su questo punto è da ritenere che l'accordo sia unanime fra i cittadini, gli uo mini politici e i partiti. E' un consenso che nasce dalla considerazione del modo nel quale Antonio Segni ha esercitato nel breve giro di poco più di due anni, dal maggio 1962 ai primi d'agosto 1964, il suo mandato presidenziale; modo savio e corretto che Segni, quarto Presiden le della Repubblica, pareva avere ereditato dall'esempio del secondo fra i suoi predecessori, Luigi Einaudi, immagine da non dimenticare oggi al momento della scelta del quinto Presidente della Repubblica Italiana. E' una scelta difiìcile, in se stessa, ma sembra ancora più complicata dai dis sensi che esistono fra i par lamentari elettori, e per es si fra gli organi direttivi dei partiti, fra i capi cor rente, capi gruppo, capi clientela dei diversi candidati. Non è uno spettacolo lusinghiero, questo che è offerto dalla classe politica, anche se è solo tra le quinte che si può intravvederlo. Si sa comunque che dietro le quinte la discordia comincia nelle file della de, si allarga a tutto il centro-sinistra, e dilaga oltre l'ambito della coalizione governativa, tanto da far temere non esclusa una ricerca di voti determinanti anche tra forze di meno certa ispirazione democratica. Ciò che sembra falsare la visione serena del problema di una scelta dell'uomo più idoneo ad assumere la più alta responsabilità nello Stato, è il desiderio o la tentazione di sfruttare l'elezione presidenziale come possibilità per aprire una erisi politica. Il centro-si nistra ha retto alla prova delle elezioni amministrative del 22 novembre, si vuole quindi da alcuni andare in appello davanti alle due Camere riunite per fare eleggere a capo dello Stato un uomo politico che dia affidamento di non rinnovare l'incarico governativo ad un esponente del centro-sinistra. Chi voglia abbattere un governo dispone di altri mezzi e deve seguire le strade parlamentari previste dalla Costituzione, infrangendo la maggioranza esistente e ad essa sostituendone una nuova diversa: non può precostituirsi una specie di complice da inviare al vertice dello Stato sulla base di un patto più o meno segreto. Avvilire a questa streg-ua la funzione del Presidente della Repubblica sarebbe inammissibile, ed è espediente che non può essere accettato da nessuno, per quanto avverso possa essere alla formula politica CstlaselialaretupcosuSdlidcasteggtepariè mrgnlassulla quale si basa l'attuale maggioranza democratica. Custode e garante della. Co stituzione, il Presidente del la Repubblica può ben es sere arbitro fra le eventuali divergenze, ma restando al di sopra e non facendosi alleato di una delle parti. Metterà conto di ricordare come lo stesso Segni, cui tutti in questi giorni sono prodighi di omaggi, avesse concepito e programmato la sua funzione di Capo dello Stato : « Non a me spetta determinare gli indirizzi politici, prerogativa questa del governo della Repubblica, e massimamente di questo libero Parlamento », egli disse difatti l'il maggio 1962 nell'aula di Montecitorio, all'atto del proprio insediamento davanti alle Camere solennemente riunite in seduta comune. Ed è questo lo stesso insegnamento che si trae dall'espe rienza presidenziale del suo grande modello Luigi Ei naudi, che ebbe per tutta la sua lunga vita una co stante direttiva politica — senza della quale non è concepibile che si eserciti una funzione pubblica di alta responsabilità — ma mai subì la disciplina di un partito. La scelta dunque va rivolta, come su queste colonne raccomandava giorni or sono Arturo Carlo Jemolo, a persona che abbia, ovviamente, conoscenza adeguata del mondo politico, dei suoi uomini, dei suoi meccanismi, di politici ma altresì di burocrati, di studiosi ma anche di industriali e di organizzatori sindacali, del nostro mondo italiano ma pure del più vasto mondo internazionale, nel quale il nostro Paese è destinato ad inserirsi sempre più profondamente per operarvi in proficua collaborazione di più ampio respiro. «Trovare l'uomo che più si avvicini a questo modello », concludeva Jemolo, respingendo le tentazioni, per quanto forti siano, di tramutare l'elezione del Capo dello Stato in una meschina manovra di una improbabile quanto rischiosa crisi politica. Vittorio Gorre*io Antonio Segni, in una delle ultime fotografìe scattate prima della malattia (Tel.) 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