Paolo VI ha abbracciato i sacerdoti delle grandi religioni non cristiane di Francesco Rosso

Paolo VI ha abbracciato i sacerdoti delle grandi religioni non cristiane Dialogo aperto tra i seguaci di tutte le ietti del mondo Paolo VI ha abbracciato i sacerdoti delle grandi religioni non cristiane Il gesto spontaneo, non previsto dall'etichetta, ha commosso gli esponenti indù, musulmani, buddisti, zoroastriani - Cordiale affettuoso colloquio del Papa con il presidente dell'India Radhakrishnan: rappresentavano l'incontro tra 500 milioni di cattolici e 400 milioni di indù Il Pontefice ha ricordato le figure di Gandhi e di Nehru; il Capo della Repubblica indiana ha citato Tommaso d'Aquino ed ha affermato che il Concilio vaticano ha aperto una nuova possibilità alla comprensione tra le genti - A sera Paolo VI ha consacrato sei vescovi di diverse razze (Dal nostro inviato speciale) Bombay, 3 dicembre. Giornata intensa Quella di Paolo VI, folta di incontri ed mpegni politici e religiosi con scarso margine per la cronaca, ma quella che doveva essere una giornata protocollare si è improvvisamente trasformata in un esaltante scambio di sincere espressioni di affeto, di abbracci spontanei, di tolerante comprensione tra il Papa e gli esponenti di religioni profondamente divergenti dal cristianesimo. La causa di così repentino mutamento* La folla di Bombay, quella folta che ieri ci pareva mostruosa nella sua dilagante amorfa immensità e che invece, con la sua sensibilità intuitiva, ha spazzato i dubbi e le diffidenze religiose creando la atmosfera favorevole al colloquio universale sul piano della fede. Quella folla, chi la dimenti cheràt Abituati alle nostre dimensioni europee, ciò che a noi sembra oceanico diventa una goccia in confronto alla vastità delle masse orientali, della valanga umana che travolgerebbe qualsiasi ostacolo solo che lo volesse. Diceva un collega che, come me, si è tro vato sommerso in quel ribollente fiume di vita: se ognuno di costoro avesse soltanto un bastone in mano vincerebbe qualsiasi battaglia. Ma gli indiani non impugnano mai il bastone, tranne i poliziotti per proteggere gli ospiti dall'eccessivo entusiasmo, e mai dònno la sensazione del tumulto irra zionale. Ieri in alcuni momenti ho pensato che si ripetessero a Bombay le scene vedute lo scorso gennaio a Gerusalemme, quando il Papa fu risucchiato dai gorghi del fanatismo popolare: invece bastava che l'autista intonasse una rauca marcia col clacson perché quella muraglia di corpi si aprisse e la bianca automobile del Papa la fendesse lasciandosi ai lati iiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiir e dietro scie di composto entusiasmo. I soli che conservano il ricordo sensibile di quel passaggio sono le guardie e l'automobile pontificia: i primi hanno oggi le mani fasciate da bende per i graffi ricevuti nel tentativo di allontanare le migliaia di dita che si protendevano per toccare il Pontefice, la seconda è alquanto ammaccata per le migliaia di mani cìie l'hanno toccata quasi fosse un talismano. Fanatismo? Certo, ed anche superstizione. Ma il mondo induista, che rinnega la realtà sensibile e cerca nell'ultraterreno l'appagamento di ogni sua esigenza, anche in queste manifestazioni esprime il suo temperamento intriso di spiritualità. Più che in ogni meditata lettura Paolo VI ha compreso questo temperamento dal contatto diretto con la folla indiana, dalla presenza sul suo passaggio dei fachiri che si mortificano in penitenza perpetua e dei santoni che vivono di elemosina, espressioni diverse soltanto negli aspetti este riori dal monachesimo occidentale. Sì può dire che il monachesimo indiano dei fachiri dei guru, dei shadus ha conservato un aspetto medioeva le, così come è rimasta me dioevale la società indiana chiusa in caste invalicabili; ma come dal monachesimo medioevale e poi dalla Controriforma è uscita la Chiesa cattolica di oggi, nessuno può affermare die identica evoluzione non trasformerà la religione ed il costume indiano. Questo, anzi, è stato U nucleo dei molti discorsi pronunciati oggi da Paolo VI, lo spi¬ rito moderno che si innesta sulla cultura e religione più antiche del mondo; e quelle che egli pronunciava non erano frasi di cortesia protocollare, rispondono ad una realtà innegabile. In nessun Paese del mondo il u.odemo e l'antichissimo si incontrano così strettamente connessi, i più attrezzati laboratori atomici sorgono in mezzo ad un sottoproletariato che non ha riscontro in altri Paesi, la cultura laica più evoluta ed affrancata si eleva sulle coorti dei superstiziosi. Certo non è stato facile per il Papa dire tutto questo, c'era il rischio di toccare suscettibilità ed orgogli nazionalistici, diffidenze religiose, ma dai suoi discorsi, calibrati fin nelle virgole, il calore umano traspare con slancio spontaneo, sì che nemmeno i più ostili a questo suo viaggio hanno appigli per polemiche postume. Anzi, proprio di costoro, di quelli che si considerano suoi nemici, egli ha voluto subito parlare. Ieri sera, durante il ricevimento offerto al primo ministro Shastri, egli ha chiesto come particolare favore la scarcerazione di coloro che erano stati arrestati per garantire la sua incolumità. Un'ora dopo, quasi tutti i detenuti erano scarcerati, tranne coloro che la po lizia considera capaci di un omicidio ideologico. Al primo ministro Shastri, il Papa aveva detto che avrebbe voluto prendere per mano questi suoi avversari, ma gesti e parole del Pontefice non hanno commosso gli esaltatori dell'assassino di Gandhi e per protesta, sia contro il viaggio del Papa in India, sia contro la libertà ottenuta per la sua IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIinillllllllllllllllllllllllllllMIIII intercessione, hanno incominciato un digiuno che durerà fino alla partenza di Paolo VI. Sono dissensi che non intaccano la generale armonia in cui si svolge il viaggio del Papa, anzi, danno maggior rilievo agli aspetti contrari. Stamane, ad esempio, dopo aver ricevuto le autorità municipali di Bombay, il corpo diplomatico e consolare, gruppi di monache e di preti, il Pontefice ha voluto ricevere anche esponenti di religioni non cristiane: c'erano mullah musulmani, bonzi buddisti, guru induisti, sacerdoti zoroastriani, ciof; dei parsi, gli adoratori del fuoco, quanto di più contrasta con la fede cattolica. Dopo i soliti convenevoli, il Papa ha pronunciato un breve discorso dal quale traspare il desiderio del Cattolicesimo di avviare un colloquio con le altre religioni, ed ha citato un brano famoso della tUpluinishadt induista. « Dall'irreale portami alla realtà, dalle tenebre conducimi alla luce, dalla morte guidami verso la immortalità» &a recitato ai suoi stupefatti ospiti, e, dopo avergli detto: < Anche voi siete impegnati nella lotta contro la povertà, la fame, le malattie, anche voi combattete l'incessante battaglia per avere più cibo, più vestiti, più abitazioni, per l'educazione e per una più giusta distribuzione delle ricchezze di questo mondo», Zi ha abbracciati ad uno ad uno, gesto spontaneo, non previsto dall'etichetta, e eh'- ha sconvolto musulmani, buddisti, zoroastriani, induisti. Ma dove è, dicevano poi, la intransigenza della Chiesa cattolica, l'intolleranza della Controriforma? La possibilità del dialogo è incominciata prima che Paolo VI venisse in India, ed esattamente con lo spirito del Concilio Ecumenico. Cos'i ha lasciato intendere il presidente della Repubblica india na Radhakrishnan nel suo incontro odierno con il Papa Mentre il dottissimo ? -of. Radhakrishnan citava Tomma so d'Aquino, che ha conciliato il razionalismo aristotelico con il dogma della Rivelazione, e si rifaceva allo spirito~deY'con-cilto ecumenico, che non esita a stabilire rapporti tra la verità rivelata e la cultura moderna, per sottolineare lo sfor¬ zo evolutivo della Chiesa cattolica, Paolo VI ha citato Gandhi e Nehru per affermare che. anche in India tradizione e modernità sono il lievito delle riforme sociali che saranno realizzate nonostante le molte difficoltà. Strano incontro quello dei due uomini, almeno per noi occidentali, ormai privi di chiaroscuro ed abituati a categorie ed a blocchi. Era un ricevimento di semplicità evangelica in una scenografia orientale, con scambio di doni fastosi e di parole spoglie. Sfarzosi i costumi indiani, scintil- lanti t sari delle donne, solenni i paludamenti curiati del Papa e dei porporati, modesta la sala col soffitto a travi di legno, come un granaio, della residenza del governatore, ma soltanto per consentire una più efficace aerazione con tro il calore del tropico. L'incontro fra Paolo VI ed il Presidente della Repubblica è avvenuto in due tempi: prima è andato il Papa a rendere omaggio al Capo dello Stato indiano, poi il prof. Radhakrishnan ha restituito la visita al Palazzo Arcivescovile. Il Papa ha regalato al suo ospite una copia della Bibbia miniata di Borsa d'Este, una fotografia con dedica e l'ha in signito dell'Ordine dello < Spe ron d'oro », massima onorificenza che il Pontefice concede ai Capi di Stato non cottoli , e d a o a o a a n e ci, inoltre gli ha consegnato una somma di SO mila dollari (oltre 31 milioni di lire) per i poveri. Il Presidente della Repubblica ha donato al Papa preziosi oggetti di avorio. Ma. non erano i gesti cerimoniosi, anche se improntati a semplicità e calorosa simpatia, a rendere particolarmente solenne l'incontro. In quella sala, dinanzi a poche persone — autorità alcune, ma soprattutto petulanti e insaziab''i telecronisti, fotografi, cineasti — si incontravano per la prima volta nella storia delle religioni il Capo di uno Stato induista, noto per per gli studi profondi sui Veda, i sacri testi dell'induismo, ed il Pontefice della Chiesa cattolica. Mentre si stringevano la mano e Paolo VI si adornava il petto con la rituale collana di fiori offertagli dalla padrona di casa, si avvertiva che quello non era un incontro destinato alla dimenticanza, quattrocento milioni di induisti si incontravano con cinquecento milioni di cattolici, attraverso quei due uomini ttabilivano coi discorsi, cui ho accennato, la possibilità di un dialogo religioso sul piano umano della tolleranza se non su quello teologico. L'avvenimento di oggi rimane quindi il cordialissimo colloquio del Capo della Chiesa, cattolica col Capo dell'India induista: il resto si è svolto nella proiezione di quanto si sono detti Paolo VI ed il presidente Radhakrishnan. Nel tardo pomeriggio il Papa si e recato nell'anfiteatro ovale del Congresso Eucaristico dove ha consacrato vescovi sei sacerdoti provenienti da tutti i continenti della terra, vescovi gialli, neri, bruni, bianchi, rossastri che con l'universalità della Chiesa superano le barriere di razza, cercano appunto il dialogo con tutta la umanità. A sera, il Papa ha assistito ad uno spettacolo teatrale, balletti del folclore indiano che mimavano episodi del Vangelo, ed un coro di mille giovani cfte commentavano col canto l'azione scenica. Lo spettacolo era grandioso, ma ingenuo nello schematismo dei personaggi tutti con parrucche bionde e volti incipriati per apparire bianchi, e soltanto il diavolo conservato, con Vispido, ossuto aspetto di un indiano, nerissimo e famelico. Il Papa ha sorriso e benedetto quel saggio scolastico di danza senza rilevare le contraddizioni di quei piccoli indiani camuffati da biondi europei per esprimere la santità. Francesco Rosso Il cordiale incontro feria Bombay tra Paolo VI ed II presidente indiano Radhakri9hnan (Tel. «Associateci Press»)

Luoghi citati: Bombay, Este, Gerusalemme, India