In Russia 60 operai su cento sono ancora pagati a cottimo
In Russia 60 operai su cento sono ancora pagati a cottimo Rivelazioni della "Pravda,, sui salari In Russia 60 operai su cento sono ancora pagati a cottimo La produzione risulta scadente - Si chiede una più equa retribuzione per chi laivora meglio - Le paghe sono insufficienti: il salario minimo è di 40-45 rubli al mese (28-30 mila lire), ed un paio di scarpe costa 30-40 rubli (Dal nostroX\inviato\ speciale) Mosca; 23 novembre. H salario; minimo di un operaio nell'.'Urss si aggira sui 40-45 rubili al mese (un paio di scarpe costa 30-40 rubli); l'operaio dell'industria guadagna in media 80100 rubli al mese lavorando sette ore al giorno; la sua retribuzione è suddivisa in paga fissa e premi di rendimento che compongono, sempre nella media, il 20-25 per cento del salario. Che i salari siano molto bassi rispetto alla media dei paesi occidentali (calcolando 700 lire per rublo secondo il cambio ufficiale, la paga minima rismlta di 28-31 mila 500 lire mensili) non 10 si ammette nell'Urss; ed anzi si evitano con cura raffronti con altri paesi che, data la particolare struttura della società sovietica — così si dice —, risulterebbero falsati in partenza. Si comincia invece ad ammettere pubblicamente che il sistema salariale tuttora vigente è fondamentalmente sbagliato, perché non corrisponde a criteri di giustizia distributiva né agli interessi della società. La prima importante ammissione in questo senso l'ha fatta oggi la Pravda, 11 più autorevole quotidiano sovietico. In chiave critica la Pravda constata che il sistema del cottimo <: non è progressivo » quanto quello del pagamento a ore, e che pertanto « esso viene gradualmente sostituito ». Re' sta però il fatto che tuttora il 60 per cento degli operai sovietici vengono pagati a cottimo e il 40 per cento circa a ore, secondo i dati forniti per la prima volta dello stesso giornale. Aggiungiamo che nei paesi occidentali, a cominciare dall'Italia, i comunisti hanno spesso criticato il cottimo degli operai, che sarebbe una forma di sfruttamento degna del sistema capitalista. H secondo appunto della Pravda va al sistema dei premi agli operai, che vengono fissati « in rapporto alla realizzazione del piano e alla sua eccedenza ». Accade così che le aziende tendono a limitare i loro impegni nei riguardi del piano, per poterlo adempiere più facilmente e quindi ricavare un maggiore profitto per i propri dipendenti. E poiché è sempre la quantità delle merci prodotte a determinare l'adempimento o meno del piano, ne risulta una produzione spesso scadente, come è stato dimostrato dalle statistiche ufficiali sulle merci invendute (quest'anno i prodotti giudicati inutilizzabili hanno superato nell'Urss i due miliardi di rubli). « In pratica — osserva la Pravda — il prodotto buono, mediocre o ottimo viene pagato alla fabbrica, e quindi all'operaio, con un medesimo prezzo... Questo è il difetto principale del vigente sistema di retribuzione ». Il rimedio sta « nei nuovi sistemi di retribuzione basati sull'incentivo individuale e collettivo » ; ma con tutta evidenza siamo ancora in fase di esperimento. « Hanno ragione quegli economisti (Liberman, Trapeznikov e gli altri) — insiste la Pravda — che propongono di adottare un sistema unico di incentivi per quelle aziende e per quei lavoratori che producono merci di più alta qualità e rendimento ». Peggiori sono i difetti riscontrati nell' agricoltura. Secondo la Pravda gli introiti dei kolkosiani vengono ripartiti ingiustamente. « Il difetto sta nella misura scorretta del fondo paghe ». Il fondo paghe, da ripartirsi fra i lavoratori dei kolkoz, è dato dal profitto lordo della cooperativa, cui però vengono detratte le somme destinate all'estinzione dei crediti statali e quelle, ingenti, riservate al fondo pubblico dell'azienda. A queste vistose detrazioni, che assorbono larga parte del profitto, si aggiungono, caso per caso, le spese straordinarie: coprire le spese straordinarie col fondo paghe significa, spiega la Pravda, compromettere gli interessi dei kolkosiani e anche la produzione. La parte del profitto destinata ai lavoratori agricoli deve essere fissa e, oltre tutto, sta¬ bmndnvifstse«fi«deq; bilita con anticipo. « Si può risparmiare su tutto — ammonisce con severità il giornale — ma non sulla paga dei lavoratori che creano la nostra ricchezza ». La necessità degli incentivi (cioè, per dirla senza euifemismi, una migliore giustizia distributiva in rapporto al merito) deriva da una serie di motivi. Le ragioni elencate dal giornale sono: « lo sviluppo ancora insufficiente », della produzione, « la non raggiunta abbondanza dei beni di consumo», e, infine, « l'esistenza di sperequazioni fra lavoratore qualificato e non qualificato, tra attività materiali e intellettuali ». Alle manchevo¬ lsdcdzizdsuttctaditdiiiiiiiiiiiMiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiNiiiiiiiiiiiiiiiiiii lezze della produzione si associano in sostanza difetti di distribuzione della ricchezza. L'analisi sempre più dettagliata della insufficienza produttiva porta ora a identificare nell'insoddisfazione dei lavoratori, e quindi nel fattore umano, le cause dei disagi. Il fattore umano, che è una forma larvata di libertà, era stato finora ignorato non rientrava nella meccanica del sistema. Il dibattito sul disagio economico aperto da Kruscev va guadagnando giorno per giorno in estensione e in profondità: né è dato ancora prevederne i lontani sviluppi. Massimo Conti mi tilt niiiitinn i ill
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