Manzù sorprende il pubblico con un gruppo di pitture

Manzù sorprende il pubblico con un gruppo di pitture Manzù sorprende il pubblico con un gruppo di pitture Esposti a Torino dodici quadri sul tema «Il pittore e la modella» Le tele di Giacomo Manzù presentate per la prima volta al pubblico dalla galleria «Galatea * a Torino saranno per molti una sorpresa: per tutti una rivelazione d'un altro aspetto — il terzo — del grande artista lombardo, ancor ieri applaudito per il capolavoro collocato in San Pietro a Roma. Che.Manzù alternasse la scultura, suo principale impegno di creatore d'immagini, con l'incisione era noto fin dal 1929-30, quando s'ammirarono le prime prove d'un'altra sua attività soltanto in apparenza secondaria; e proprio adesso un'importante mostra a «La Nuova Pesa » romana, accompagnata da un saggio di Carlo Ludovico Ragghianti, testimonia l'interesse e l'attrazione che egli ha sempre sentito per la grafica. Forse invece la pittura era da lui considerata una semplice, e privatissima, alterna- tiva di lavoro, un riposo e quasi uno svago, se è vero quel che si dice della sua maggior tela ora in vista, che stava nascosta, dimenticata nello studio. E' venuta in luce con una dozzina di dipinti che svolgono un unico tema già trattato da Manzù nella scultura e nell'incisione, senza contare i numerosi disegni: Il pittore con la modella. II pittore è sempre lo stesso personaggio barbuto e coi capelli arrulfati, tranne un quadro nel quale appare calvo, vagamente somigliante a Cézanne; e in piedi o seduto, vestito o nudo, contempla, per ritrarla, la modella, anch'essa variamente atteggiata, anch'essa nuda o vestita, ed una volta seduta sulle ginocchia del compagno. Una suite pittorica, dunque, una serie di « variazioni su temi > che può far pensare a certi esercizi analoghi di Picasso. Ma soprattutto (suggestioni letterarie a parte che risalgono non soltanto a Courbet ma ai grandi maestri rinascimentali italiani ed al Seicento olandese ed europeo) si tratta di un espediente strettamente plastico per situare in modi diversi due figure in uno spazio chiuso, sommariamente definito dai pochi oggetti usuali d'ogni atelier artistico. Da questa specie di dialogo muto fra due esseri umani, definiti appieno nella loro realtà naturalistica rifiutando qualsiasi « problematica > o sperimentalismo formale, escludendo anche l'ipotesi di una interpretazione polemica della verità ottica, insomma rinunziando totalmente al complicato bagaglio teoretico che oggi costituisce l'inevitabile presupposto anche delle più modeste manifestazioni di arte e ne inquina quindi la genuinità, sono nate alcune straordinarie « rappresentazioni > che ci compensano delle innumerevoli scombiccherature coloristiche cui il nostro quotidiano « consumo » critico sciaguratamente ci condanna. Finalmente vediamo delle figure « vere >, spiranti una «vera> umanità, non arbitrariamente deformate, contorte, spezzettate, mortificate dalla stupida presunzione di inventare qualcosa di « diverso » dalle creature che abitano il mondo, fra le quali noi siamo e viviamo la vita comune. Finalmente scorgiamo dei gesti che sono i gesti che noi tutti uomini compiamo ad ogni momento, e che l'artista, il poeta s'incarica poi di eternare in alcune parole o In una for ma. Finalmente avvertiamo di nuovo la possibilità di stabi lire con mezzi di semplicità sorprendente ma di meravi gliosa efficacia quel dialogo limpido, affidato alla ragione come alla sensibilità, che per secoli fluì con stupenda chiarezza fra l'opera d'arte e il suo contemplante. Si vorrà dire perciò che Man ,zù pittore rifiuta tutte le esperienze estetiche che dal Cu bismo e dal Futurismo in poi hanno sconvolto la produzione artistica contemporanea? La domanda ci lascia indifferenti Ciò che ci importa è ritrovare delle immagini di vita in questi quadri che non sono altro ,che la versione pittorica della scultura di Manzù. E sulla « attualità > di questa scultura è perfettamente inutile che il « bizantinismo critico-filologi co> cui fa cenno l'introduzio ne al catalogo, continui ad almanaccare tirando l'acqua al proprio mulino e incapo nendosi nel presentarci un Manzù fratello in «moderni tà» di Marini o magari con sanguineo di Giacometti. mar. ber. llIIItlllllllllllllllItllllllllllllllllllllIIIItlIIIIIIIIIIB

Persone citate: Courbet, Giacometti, Giacomo Manzãƒâ¹, Ludovico Ragghianti, Manzãƒâ¹, Picasso

Luoghi citati: Cãƒâ©zanne, Roma, Torino