Giovane marocchino rapito in via Veneto a Roma chiuso vivo in cassa e spedito in Egitto
Giovane marocchino rapito in via Veneto a Roma chiuso vivo in cassa e spedito in Egitto MISTERIOSO EPISODIO PI SMOMACCIO SCOPERTO ALL'AEROPORTO Ol FIUMICINO Giovane marocchino rapito in via Veneto a Roma chiuso vivo in cassa e spedito in Egitto Il baule risulta spedito dallambasciata araba in Italia - Ha questo indirizzo: «Ministero Esteri - Il Cairo - Contiene posta diplomatica» Al momento in cui sta per essere imbarcato su un aereo un finanziere sente lamenti provenire dall'interno e dà l'allarme - La polizia apre il bagaglio: dentro c'è un uomo legato mani e piedi, con un tampone ficcato in bocca - « Sono stato drogato » mormora, poi sviene - Gli agenti fermano i due funzionari dell'ambasciata araba a Roma che scortano la cassa: ma questi rifiutano di parlare invocando l'immunità diplomatica 1 micino. Poco prima, due fun (Nostro servizio particolare) Roma, 17 novembre. « Giallo * spionistico, stasera, all'aeroporto « Leonardo da Vinci » di Fiumicino: un giovane marocchino, il trentenne Joseph Dahan nativo di Oujda, è stato rinvenuto — legato, imbavagliato ma vivo — dentro a una cassa spedita per aereo dall'ambasciata araba a Roma al ministero degli Esteri del Cairo. Appena liberato il giovane ha detto: < Sono stato rapito in via Veneto ieri sera, m'hanno drogato », poi ha perduto i sensi. I due funzionari dell'ambasciata araba che accompagnavano il baule e che curavano la sua spedizione con un aereo diretto in Egitto sono stati fermati dalla polizia italiana ma non vogliono rispondere alle domande invocando l'immunità diplomatica. Il gravissimo episodio — die è seguito con estrema attenzione dal nostro ministero degli Esteri — è stato scoperto stasera alle 17,50 da una guardia di finanza ch'era in servizio di dogana sul piazzale antistante l'aeroporto di Fiu- zionari dell'ambasciata della « Rau » avevano scaricato un baule lungo un metro e trenta centimetri, bianco, listato di rosso e destinato a partire con un Comet della « United Arab Aiì'linc >.. Le operazioni di carico erano già cominciate ed il baule non aveva subito alcun controllo alla dogana. Tutto era in regola a cominciare dai documenti di accompagnamento. Sui lati della cassa erano ben in vista l'indirizzo: « Ministero degli Esteri della Rau - Cairo »; il mittente: * Ambasciata Rau, via Salaria 237 - Roma »; il contenuto: «Diplomatic Mail n. 33 ». Il documento di accompagnamento, corredato dei bolli regolamentari, diceva testualmente, in italiano ed in inglese: < Si certifica che il presente è posta diplomatica » Nessun sospetto, dunque, potè va esservi. Quando il baule stava ormai per essere trasportato dai facchini a bordo dell'aereo, si è avvicinata la guardia di finanza Musino per controllare i piombini. La sua attenzione è stata attratta da flebili lamenti che provenivano dal baule e ne ha chiesto spiegazioni ai due funzionari che, immobili, stavano guardando che tutto si svolgesse senza intralci. «Vi sono anche degli strumenti musicali », hanno detto non senza Imbarazzo. I sospetti sono aumentati e la guardia ha mandato a chiamare altri colleghi. A questo punto, impauriti per la piega che stavano prendendo gli avvenimenti, i due funzionari si sono gettati addosso al finanziere ingaggiando con lui una violenta colluttazione; poi uno di essi, aiutato dall'autista del camioncino, ha caricato di nuovo il baule e lasciando a terra il compagno si è allontanato a tutta velocità proprio nel momento in cui stavano giungengo i rinforzi. Immediatamente polizia e guardia di finanza si sono gettate all'inseguimento del camioncino che c stato raggiunto dopo alcuni chilometri e la "assa ed i suoi accompa- HI | umili iiiiiNiiimmiimi gnatori potevano essere trasportati al commissariato di p. s. di Ostia. Qui il baule — dal quale emanava fetore — veniva spiombato e aperto; con raccapriccio i funzionari vi trovavano un uomo ormai in preda all'asfissia. Nella cassa, tutta foderata di pelle, egli era seduto su una specie di sgabello, con le mani ed i piedi assicurati con una corda a degli anelli fissati alle pareti, la testa infilata in una specie di corona di ferro imbottita di stoffa, ll.giòvarie èra imbavagliato ed in bocca gli era stata posta dell'ovatta per impedirgli di gridare. Malgrado alcuni fori per permettere il passaggio di aria, in quelle condizioni il prigioniero non sarebbe probabilmente giunto vivo al Cairo. Quando lo sconosciuto è stato sollevato è caduto svenuto fra le braccia dei funzionari ed anche quando si è leggermente ripreso non ha potuto pronunciare che frasi mozze. Era stato infatti drogato con iniezioni di stupefacenti. Il prigioniero ha detto di chiamarsi Joseph Dahan, di essere nato il 5 marzo del 19Sli a Oujda, in Marocco. E' biondo (vistosamente ossigenato), alto, un tipo che non ha nulla dell'arabo. Dopo essersi completamente ripreso ha dichiarato di essere venuto a Roma ieri per incontrarsi con uno dei due funzionari della < Rau » die avrebbe dovuto consegnargli una iurte somma di denaro. Dovevane vedersi ieri sera in via Veneto. Verso le 19 era stato avvicinato da entrambi ed invitato a salire su una macchina a bordo della quale veniva condotto in una casa (la polizia non ha voluto fornire indicazioni più precise) dove è stato trattato abbastanza bene. Oggi verso le 1Z,Ì0 gli era stata fatta bere una bevanda drogata e subito dopo gli veniva praticata una iniezione. Joseph Dahan ha dichiarato di aver perduto i sensi e di non ricordare più nulla. Si è epddqaiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Illllllllimillllllllllllll risvegliato dal torpore in cui era caduto soltanto all'aeroporto quando ha udito l'assordante rumore delle turbine degli aviogetti. Poco dopo l'una di notte i due segretari dell'ambasciata della « Rau » hanno lasciato il commissariato di Ostia a bordo di una « Mercedes » bianca targata «CU», Essi godono della immunità diplomatica per cui non sono perseguibili penalmente. Si ritiene comunque che nei loro, confronti le autorità italiane prendano un provvedimento di espulsione. I loro nomi sono Mohamed Abdel Moneim El Meklawj e Selim El Sajed. Si ignorano i motivi per i quali il Dahan stava per essere « spedito » al Cairo. Si ritiene tuttavia che il «giallo » di cui egli è stato protagonista debba affondare le sue radici nella politica o nello spionaggio. Si pensa che il marocchino abbia fatto contemporaneamente la spia per la « Rau » e per un altro paese avverso agli arabi. Di qui la decisione di rapirlo e spedirlo al Cairo. Gianfranco Franci Rapina di via Montenapoleone
Persone citate: Arab, Dahan, Gianfranco Franci, Joseph Dahan, Leonardo Da Vinci, Mohamed Abdel Moneim, Selim El Sajed
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