Dovrà diventare più vaste il parco del Gran Paradiso di Remo Lugli

Dovrà diventare più vaste il parco del Gran Paradiso Le conclusioni del convegno di esperti a Torino Dovrà diventare più vaste il parco del Gran Paradiso Impossibile difendere la selvaggina con gli attuali confini - In un anno uccisi di frodo oltre 690 capi - Gli stambecchi ridotti a 3800, i camosci a 6000 - I bracconieri operano indisturbati fra la riserva italiana e quella francese - D'inverno fanno strage quando gli animali scendono a valle - La zona protetta dovrebbe aumentare di seimila ettari Per due giorni, ieri e ieri l'altro, un gruppo di esperti italiani e francesi hanno studiato i problemi inerenti alla contiguità dei due parchi nazionali limitrofi, il Gran Paradiso e la Vanoise. La conferenza sì è svolta presso la Camera di Commercio di Torino ed è stata organizzata dai ministeri degli Esteri italiano e francese. La conclusione è questa: si chiede di ampliare i confini del Parco nazionale Gran Paradiso. Una richiesta che e motivata dal solo, importantissimo scopo di salvare la fauna. Lo stambecco, il re della montagna, pare che sia in Europa da 12-14 milioni di anni e sulle nostre Alpi da un milione di anni. Un passato remotissimo, ma il suo futuro invece è molto incerto, c'è addirittura il pericolo che la specie si estingua nel breve giro di qualche decennio se non si corre ai ripari impedendo che i cacciatori abusivi e non abusivi continuino a fare stragi di stambecchi come pure di camosci. Il Parco del Gran Paradiso ha un'area di circa 60 mila ettari planimetrici che corrispondono ad uno sviluppo montano di 200 mila ettari, il perimetro è di 150 chilometri. Qui, fra questi monti imponenti, in questa natura selvaggia c'erano un tempo l'orso, il lupo, la lince, l'avvoltoio degli agnelli, il gatto selvatico, la lontra, l'aquila. Di tutti questi animali è rimasto soltanto qualche esemplare di aquila, gli altri sono scomparsi, sterminati dall'uomo. Il Parco è stato istituito nel 1922, appunto per cercare di salvare il salvabile. Ma le carabine si moltiplicano, il loro tiro diventa sempre più potente e il numero degli uomini malvagi si accresce: camosci e stambecchi corrono il rischio di finire come sono finite le altre specie che con loro convivevano sulla grande montagna. Ecco perché chi conosce il valore e l'importanza di questa eccezionale fauna sente il dovere di fare qualcosa per salvarla. A sud-ovest del Gran Paradiso c'è il Parco nazionale francese della Vanoise esteso circa quanto quello italiano e solo in parte contiguo. Per un buon tratto tra i due parchi c'è un'area non vincolata, compresa tra il Nivolet. il colle della Galisia e le Levanne, sulla quale in periodo di caccia, e non solo in quello i cacciatori fanno strage di selvaggina. E' una zona molto battuta perché gli animali l'attraversano in quell'osmotico andirivieni che li porta più a nord, al fresco, nei mesi estivi, e più a sud, al sole, durante l'inverno. Un'altra area che si vorrebbe includere nel Parco è ad est, tra la Valle di Forzo e la bassa Valle dell'Orco, una zona fra le più dirupate e selvagge delle montagne nella quale da molti anni i pastori non mettono più piede ed è quindi diventata una vera e propria riserva dei bracconieri Infine ci sono tre fasce nel fondo delle valli di Cogne, di Valsavaranche e di Rhèmes Qui, quando vengono le prime nevi, i camosci e gli stambec chi scendono a brucare l'erna del fondo valle e trovano i cao datori con le carabine spianate. La fascia della Valsavaranche è come un pugnale inferto nel cuore del Parco dei Gran Paradiso. Nel decreto ohe costituiva il Parco la riserva copriva anche questa zona Ma un anno dopo, nel 1923 un gruppo di cacciatori andarono a reclamare da Mussolini ed egli su una carta tracciò con una matita un segno lungo la Valsavaranche e disse che avrebbero potuto cacciare lì. Tuttavia il decreto non fu modificato, il ministero dell'Agricoltura si limitò a mandare una lettera alla direzione del Parco per informarla della decisione di Mussolini. Da allora l cao ciatori continuano ad abbattere camosci in questa fasc;a che ora si vorrebbe restituire, come di diritto, alla tutela del Parco. Complessivamente il Parco chiede un ampliamento di circa 6 mila ettari di superficie planimetrica; l'estensione è prevista da un apposito arti colo del decreto istitutivo del Parco. « Se ci sarà co?wessa — dice il prof. Renzo Vide sott, direttore del Parco Gran Paradiso — i nostri guardiani non dovranno più assistere ini' passibili alla distruzione della fauna che alla prima neve scende in cerca di erba da brucare ». Nelle nazioni vicine si cerca di salvaguardare meglio la fauna montana Mentre in Valle d'Aosta la caccia al ca moscio nelle zone adiacenti il Parco è di 73 giorni all'anno nella Savoia è di appena 19 giorni, nelle Hautes Alpes di 28; gli svizzeri la consentono soltanto da 12 a 18 giorni all'anno, non festivi. Oltre al più esteso periodo dì caccia legale, da noi c'è la piaga dei cacciatori di frodo. Salgono in montagna di notte, all'alba uccidono gli animali e, nascosti, aspettano di nuovo la notte per poter scen- Avise Sparane Cuorgné^ Il Parco del Gran Paradiso ha un'area di bO mila ettari. Dovrebbe essere ampliato di 6000 ettari. Le zone proposte per l'ampliamento sono indicate col tratteggio dere senza essere trovati dai guardiani. Mentre la direzione del Parco procede ad una caccia sanitaria, per abbattere esclusivamente gli animali ammalati o sofferenti o non adatti alla riproduzione, i bracconieri tirano indiscriminatamente, senza badare se è maschio o femmina, se è sano o malato. Il Parco, per lasciare cacciare un camoscio malato pretende il pagamento di 150 mila lire; per uno stambecco, un milione. I bracconieri vendono gli animali alle trattorie a 35-40 mila lire. Nel 1962 sono stati uccisi di frodo 640 capi di cui 94 in un giorno solo. Adesso gli stambecchi sono 3800 e i camosci 6000; è evidente che se si continua con un ritmo simile di spopolamento, il Parco fa presto a perdere anche queste ultime rare specie. Dei bracconieri c'è da dire ancora un macabro, barbaro particolare: quando non riescono a trovare il camoscio che l'oste gli ha chiesto, prendono una capra domestica, la percuotono selvaggiamente con una camera d'aria piena di sabbia, in modo da produrre sul suo corpo una generale ecchimosi emorragica e quando la carne in tal modo è ben rossa, cioè simile a quella del camoscio, uccidono lo sventurato animale e vanno a truffare il committente. Remo Lugli

Persone citate: Mussolini, Renzo Vide

Luoghi citati: Cogne, Europa, L'aquila, Savoia, Torino, Valle D'aosta