I medici che decisero l'autopsia di Ombretta hanno ricostruito in aula l'epilogo della tragedia di Guido Guidi

I medici che decisero l'autopsia di Ombretta hanno ricostruito in aula l'epilogo della tragedia Importanti testimonianze al processo del curaro a Bologna \ I medici che decisero l'autopsia di Ombretta hanno ricostruito in aula l'epilogo della tragedia Subito dopo la morte della signora Galeffi, il padre di Carlo Nigrisoli, prof. Pietro, ebbe sospetti sul figlio e volle rimettersi al giudizio obiettivo di alcuni colleghi - Tre clinici esaminarono il cadavere per quattro ore e presero la decisione di avvertire la magistratura perché iniziasse un'indagine - La deposizione del neurologo, prof. Zanelle che visitò per ultimo la povera signora: «Venne da me il pomeriggio del 14 marzo 1963. Era spaventata. Mi disse che aveva sorpreso il marito con in mano un flacone di sincurarina. Il dott. Carlo le aveva proibito di parlare di questo episodio. Una volta le disse anche: "Uno di noi due deve scomparire"» - La notte stessa la signora moriva (Tini nostro invialo speciale) Bologna, 27 ottobre. Il primo ad avere dei sospetti su Carlo Nigrisoli fu il padre. Ma l'illustre professore non volle assumersi la responsabilità di una iniziativa che per il figlio avrebbe avuto conseguenze terribili, e decise di rimettersi interamente al giudizio obiettivo di alcuni suoi colleghi. Fu per questo, che la mattina successiva alla morte di Ombretta Galeffi, avvenne una drammatica riunione prolungatasi per circa quattro ore, al termine della quale il neurologo prof. Domenico Zanello, il cardiologo prof. Guido Dagnini e il medico curante della sventurata signora, dottor Carlo Frascaroli presero la gravissima decisione di avvertire la magistratura perché iniziasse una indagine. Il prof. Pietro Nigrisoli, ascoltato il responso di chi finiva praticamente per accusare suo figlio, non mosse alcuna obiezione: si limitò a chiedere soltanto qualche minuto di tempo per informare i suoi familiari e per consultarsi con un legale sulle modalità da seguire. Poi, inviò l'altro suo figlio, prof. Paolo, dal procuratore della Repubblica: da quel momento, la macchina della giustizia si è messa in moto. Oggi, 1 giudici della Corte d'Assise hanno ricostruito nei particolari quella drammatica riunione attraverso il racconto di due dei partecipanti: il prof. Zanello e il prof. Dagnini, riservandosi di completare la inchiesta domani interrogando il dott. Carlo Frascaroli che per essere stato il medico curante, ma soprattutto il confidente di Ombretta Galeffi, è fra tutti il personaggio più importante di questa storia. La riunione avvenne la mattina del 15 marzo. Ombretta Galeffi era morta da poche ore ed era necessario che si redigesse il certificato nel quale spiegare le cause del decesso. Il dott. Corrado Giampiccolo che nella clinica del prof. Nigrisoli ha normalmente questa incombenza chiese come avrebbe dovuto regolarsi: ma intervenne il dott. Frascaroli pregandolo di soprassedere. Il medico curante della signora alle otto telefonò al prof. Domenico Zanello e lo pregò di riceverlo subito. Aveva bisogno di consultarsi con lui che era stato l'ultimo a visitare Ombretta Galeffi e che era al corrente di quale terribile dramma avesse sconvolto la famiglia di Carlo Nigrisoli. <ll dott. Frascaroli — ha spiegato ai giudici il prof. Zanello — «li disse che le modalità della morte di Ombretta Galeffi oli erano poco chiare soprattutto in rapporto ai precedenti. Aggiunse anche che questi erano condivisi tanto dal fratello che dal padre di Carlo Nigrisoli. € Poiché oltre al problema medico-legale si delincava anche un gravissimo problema deontologico, perche praticamente si trattava di giudicare l'operato di un collega, decidemmo di fare intervenire qualcuno che fosse estraneo alla vicenda. E la scelta cadde sul radiologo, prof. Guido Dagnini. < Anche costui al termine della riunione ritenne che 7ion si poteva tranquillamente dichiarare la morte di Ombretta Galeffi come avvenuta per cause naturali. Era necessaria l'autopsia. Infatti, secondo le indicazioni fornite dal dott Frascaroli che era stato il medico curante della signora, le perplessità derivavano dal fatto che Ombretta Galeffi. non aveva alcuna affezione al cuore e che mancava comunque la sintomatologia per dire che la morte fosse una conseguen ca di un infarto ». La decisione fu comunicata al prof. Pietro Nigrisoli che recatosi personalmente nello studio del prof. Zanello non obiettò nulla, non chiese nulla se non qualche minuto di tem po. A mezzogiorno e mezzo, la riunione si concluse. Nel po meriggio alle 18, Carlo Nigrisoli venne fermato. <U pomeriggio dell'8 marzo 1963 — ha ricordato il prof. Zanello ai giudici confermando integralmente quanto aveva detto in istruttoria — il prof. Pietro mi pregò di visitare suo figlio, Carlo che da vario tempo era irritabile, ncr roso, fisicamente depresso per una sua relazione extraconiugale. Il prof. Pietro era dispe rato e disfatto. Suo figlio non gli aveva detto nulla, ma era stato messo al corrente della situazione dal dottor Frascaroli ». La sera dui 12 marzo, Carlo Nigrisoli si presentò allo studio del prof. Zanello. Il colloquio fra il medico e il neurologo si prolungò per mezz'ora circa. Carlo Nigrisoli raccontò di esser tormentato € dall'idea ossessiva di una donna con la quale aveva avuto una relazione » che era stata poi interrotta da circa un mese. Presidente: Le disse altro il dottor Nigrisoli/ Prof. Zanello — Mi disse die provava un senso di repulsione per la moglie e per i figli e che tale aridità affettiva lo addolorava. « Mi resi conto che il dottor Nigrisoli — ha spiegato ancora il prof. Zanello — era in uno stato nevrastenico a sfondo depressivo. Gli consigliai una banale cura ricostituente, ma soprattutto gli suggerii di abbandonare il lavoro e di sottoporsi ad un breve periodo di cura del sonno. Ma il dottor Nigrisoli respinse questo suggerimento ». Presidente — E come si giù stiflcò/ Prof. Zanello — Disse che non poteva allontanarsi perche la moglie, anche lei esaurita, aveva bisogno di cure. Poi, il neurologo riferì al prof. Pietro Nigrisoli l'esito della visita prospettandogli la « assoluta necessità » di allontanare il figlio dall'ambiente familiare. Il pomeriggio del 14 marzo dal neurologo andò lei, Ombretta Galeffi. « Mi dette subito l'impressione — ha ricordato il prof Zanello — di una dolcissima ed affezionata madre, di una donna di carattere mite ed intelligente. Mi parve, soprattutto, rassegnata. La signora mi disse subito che il marito la- tormentava ponendole un dilemma drammatico: " Uno di noi due deve scomparire: o tu o io ". « Aggiunse anche che lei aveva suggerito al marito la eventualità di una separazione sia pure temporanea: ma senza alcun risultato. Inoltre mi riferì taluni suoi dubbi atroci: iena volta dopo una iniezione endovenosa praticatale dal marito era rimasta svenuta per tre ore e il giorno successivo aveva trovato nell'armadietto del bagno due flaconi di sincurarina dei quali uno dimezzato. < Inoltre, aveva sorpreso il marito il quale, mentre stava preparando una iniezione per lei, aveva in mano un flacone di sincurarina. A questo punto, la signora, scoppiando ih ini pianto dirotto, mi disse: " Professore, io ho paura, ho paura per me e per i miei figli ". Presidente — Le disse altro a proposito di questo episodio/ Prof. Zanello — Ricordo con esattezza l'espressione di terrore della signora quando pronunciò la frase « ho paura ». Mi impressionai e le chiesi se avesse mai riferito queste circostanze ai suoi parenti. Ombretta Galeffi mi rispose die il marito le aveva proibito di parlare con qualcuno: anzi le aveva imposto di giurare che non avrebbe mai raccontato questi episodi. «io allora le spiegai che era assolutamente necessario per lei allontanarsi da casa visto che il marito non intendeva farlo. La consigliai di confidarsi con il suocero e con. gli altri familiari per poi andare in campagna. Non la rividi più ». Ombretta Galeffi quella sera rientrò a casa, cenò, mise a letto i tre figli, andò a dormire: non si è più svegliata. Si ò tolta la vita? Non è possi¬ bile — replicano gli accusatori — perché prima di addormentarsi aveva pensato a quello che avrebbe dovuto fare il giorno successivo. E' stata uccisa? Non è una ipotesi sostenibile — osservano i difensori — perché il marito non avrebbe potuto praticarle una iniezione endovenosa senza determinare in lei una reazione vivace; ed 6 assurdo pensare che con tutti quei suoi timori e quei presentimenti Ombretta Galeffi si sia lasciata praticare una iniezione qualsiasi dal marito di cui conosceva le intenzioni. Presidente — Lei ha visitato il dottor Nigrisoli. Cosa può dirci sulle sue condizioni psichiche/ Prof. Zanello — E' stata una visita troppo rapida per consentire un giudizio preciso. A me sembrò die esisteva in lui una turbe mentale. E senza alcun dubbio, per il suo eleva¬ to contenuto emozionale, poteva avere una incidenza sulle attività psichiche superiori. Non sono in grado di stabilire se e fino a quale punto detta incidenza potesse limitare o annullare le capacità di intendere e volere. Quanto avvenne, poi, nella riunione avvenuta la mattina del 15 marzo nello studio del prof. Zanello lo ha ricordato ai giudici il prof. Guido Dagni ni, il radiologo chiamato a collaborare alla decisione da prendere. « La morie — ha ricordato il prof. Dagnini — era stata improvvisa e comunque avvenuta in un brevissimo lasso di tempo. Io feci presente che dal punto di vista naturale le cause della morte 7ion potevano essere che due: o una trombosi coronarica o una emorragia cerebrale. Ma poiché dalle informazioni avute risultava che la signora Ombretta non ave¬ va alcuna malattia di cuore, una causa di morte naturale mi appariva improbabile. Ed anche io ritenni opportuno che si procedesse alla autopsia». Complessivamente oggi sono stati interrogati sette medici. Del prof. Zanello e del prof. Dagnini si è già detto. Il dott. Corrado Giampiccolo si è limitato a riferire che, dopo averlo pregato di attendere, il dott. Frascaroli lo invitò a redigere il certificato della signora Nigrisoli specificando soltanto che la morte era da attribuirsi < a causa non determinabile ». Il dott. Giulio Felicori, un dentista, ha ricordato soltanto che curò Iris Azzali che andò nel suo studio insieme al dott. Carlo Nigrisoli il quale si presentò come fidanzato della ragazza. Il dott. Giuliano Saudelli, amico e collega di Carlo Nigrisoli, andò subito in clinica quando venne informato che Ombretta Galeffi era morta. A lui il medico confidò di opporsi all'autopsia perché temeva che la moglie avesse potuto praticarsi di nascosto talune iniezioni le cui tracce avrebbero finito per orientare eventuali sospetti. Poi vi sono gli altri due: il dott. Rodolfo Rosini e il dott. Aquilino Spongano. Il primo è un ginecologo. Era un amico della famiglia Nigrisoli. La notte in cui morì Ombretta corse in clinica. Fece una ispezione del cadavere. Ne ha tratto delle impressioni che alla difesa sono apparse molto importanti. « Il colorito della pelle — ha detto — era quello normale che subentra dopo ogni morte naturale e cioè un pallore cadaverico diffuso ». Presidente — Ma quando ha ispezionato la salma ha notato che la biancheria fosse sudicia/ Dott. Rosini — Non ricordo con esattezza, ma direi dì no. Avv. Perroux (difensore) — E ha notato come fosse il rilassamento dei muscoli/ Dott. Rosini — .1 me è sembrato normale. Se la morte c stata causata dal curaro — sostiene la difesa — le lenzuola sulle quali era adagiata la sventurata signora non avrebbero dovuto essere linde e soprattutto i muscoli avrebbero dovuto essere molto rilassati, più che normalmente. Il dottor Aquilino Spongano è un anestesista. A lui si ri volse il dottor Carlo Nigriso li il 21 febbraio 1963 per chie dergli dei chiarimenti sull'uso del curaro. La circostanza è apparsa meritevole di sospetto agli accusatori. Perché que sto interessamento del dottor Nigrisoli? Presidente — Quando gli fu chiesto questo chiarimento/ Dottor Spongano — Mentre eravamo in sala operatoria ed io stavo per praticare una anestesia. Anche il dottor Spongano quella notte terribile del 14 marzo esaminò il cadavere della sventurata Ombretta. Non notò fra l'altro sul volto della signora gli effetti della cianosi. <A mio avviso — è la sua tesi — una somministrazione di 2 o 3 ce di sincurarina non produce, come mi insegna la esperienza diretta, effetto paralizzante sui muscoli respira- JCfori e quindi non è in grado di produrre la morte del paziente che c causata solo da ce di sincurarina. D'altro canto una dose di 2 o 3 ce produce un effetto paralizzante molto ridotto e quindi il pa¬ la reazione muscolare: può fa-] re qualche movimento e forseJ emettere anche dei rumorìi ziente può presentare una cer-ivocali». .La spiegazione è apparsa molto interessante ai difenso- ri. Il prof. Niccolini infatti so- stiene di avere trovato circa 4 ce di tossico nei resti di Ora- bretta Galeffi. T ... , „ , I difensori hanno seguito lajindagine dei magistrati senza Mmai intervenire o quasi; nel pomeriggio sono andati, per la prima volta da quando è iniziato il processo, da Carlo Nigrisoli e gli hanno prospettato quale tesi intendono sostenere. Il medico li ha ascoltati e si è mostrato d'accordo con loro che si propongono soltanto di spiegare ai giudici che Ombretta Galeffi è morta non in conseguenza del curaro. E agli avvocati Perroux, Lan li e Delitala, il dott. Nigrisoli I ha ripetuto quello che ha sempre detto: «.Come marito sono condannabile; ma come uomo sono innocente. Mi sono affidato a voi: tenete presente che non ho ucciso mia moglie». Domani, sarà forse la giornata più importante di tutte quelle dedicate ai testimoni. Domani sarà interrogato il dottor Carlo Frascaroli colui che raccolse le maggiori e più drammatiche confidenze di Ombretta Galeffi. Guido Guidi neurologo prof. Domenico Zanello depone al processo Nigrisoli (Telefoto AnsaPf Zll i di dbil i i

Luoghi citati: Bologna, Spongano