Guadalajara di Arrigo Benedetti

Guadalajara li\ SPAGiNA, SULLA TERRA DELLA BATTAGLIA Guadalajara La str.irla aderiva al terreno ondulato, ci sollevava in alto, ci portava giù. Quando arrivavamo in alto balenava la visione d'una pianura rossa, infinita su cui galleggiavano dei sassi bianchi; intravvedevamo gente che spingeva avanti dei muli, ai quali erano attaccati degli aratri di legno, esili, saltellanti, capaci di graffiare appena il suolo. Quegli esseri non avevano sesso ed età; benché l'aria fosse appena pungente, erano infagottati, avevano la testa avvolta in pezzuole rosse sulle quali erano state inghiozzatc fino agli orecchi tese di paglia o, forse, di feltro. Quella è una ragazza, dicevamo, ma nell'istante in cui ci pareva di cogliere il senso d'uno sguardo, la strada ci riportava in basso, proprio come succede a una barca inghiottita per un attimo dalla piega dell'onda. Una torre appariva e scompariva; poi, la strada si snodò sui fianchi d'una altura sassosa, avviluppò la rocca, ci sollevò in alto sulla grande distesa ondulata. Allora, frenai, discesi, mi lasciai avvolgere dal vento e guardando verso sud ebbi l'impressione di vedere un immenso campo di battaglia. Gli esseri infagottati continuavano a muoversi sulla terra rossa, dove i sassi bianchi erano come la schiuma d'un'onda. Lo stesso spettacolo avrebbe avuto, ventisette anni fa, chi di marzo avesse seguito lo scontro tra due eserciti... In quei giorni di marzo, degli italiani si trovarono di fronte, in campo avverso, e, dopo la prima sorpresa di quelli inviati dal governo di Roma in Spagna per una campagna che si diceva appena più difficile d'una spedizione punitiva, s'affrontarono. L'esercito della repubblica spagnola nei giorni precedenti aveva avuto dei successi durante la battaglia dello Jarama. Nel sud, i franchisti (ed i reparti italiani avevano svolto la parte decisiva) si erano impadroniti di .Malaga. Ora, gli insorti puntavano su Madrid, attaccando il fronte di Guadalajara, a un'ottantina di chilometri a nord dalla capitale. Il generale José Moscardo, diventato famoso nell'estate precedente, quando da colonnello aveva comandato i reparti ribelli assediati nell'Alcazar di Toledo, comandava la divisione Soria composta da carlisti e da marocchini. Il generale Mario Roatta aveva con sé trentamila uo mini suddivisi in quattro divi sioni: la «Camicie nere» del generale Rossi, la « Fiamme nere » del gen. Coppi, la « Frecce nere » del generale Nuvolari e la « Littorio » del generale Bergonzoli. Il contingente di falsi volontari (almeno se ci si riferisce alla maggioranza degli effettivi) inviato da Roma, era appoggiato da centottanta pezzi d'artiglieria mobile, da duecentocinquanta carri armati, da gruppi di lanciafiamme e da altri reparti pronti, se fosse diventato necessario, alla guerra chimica. « Quanti cannoni, quanti camion! » esclamavano gli spagnoli assistendo al passaggio delle divisioni italiane. Forse, erano stupefatti, quasi ammirati, ma il rancore che cova verso un popolo consanguineo eppure cosi estraneo per il modo differente d'intendere la vita emerse dopo la battaglia. I troppi camiones eccitarono il sarcasmo iberico, che ha sempre un riferimento alla virilità. Nel vasto cielo, che, a occidente, ha le groppe boscose della Sierra Guadarrama, e che, a levante, cala su un terreno accidentato, brullo, meno le oasi di verde nelle anse dei fiumi, volavano i ricognitori e i caccia italiani. Ma la mattina dell'8 cominciò a piovigginare, la nebbia attenuò la visibilità e presto la pioggerellina diventò nevischio. Allora, mentre l'aviazione fascista, impedita dal maltempo e dalla lontananza delle basi, non s'alzava, apparvero gli aerei repubblicani, avvantaggiati dall'aeroporto di Barraias, a nord di Aladrid. Forse, per la prima volta, i legionari di Roat ta, sentendosi lontani dal mare dove incrociavano navi della flotta italiana, ebbero l'impressione d'un inganno. Tutto era immenso, fosco, insolito. Specialmente gli ufficiali di complemento s'innervosirono. Appartenevano a una generazione che era uscita dai confini solo per andare in Abissinia, incapace d'intendere il senso d'una civiltà particolare. I franchisti, e soprattutto gli ufficiali, apparivano sdegnosi. Il cibo era diverso, gli odori irritanti, la gente ostile Tanti, dopo l'irritazione del primo momento, cominciarono a porsi delle domande: «Perché ci hanno mandati? Perché siamo venuti? ». Tra i reparti era corsa la voce che, dopo avere sfondato il fronte repubblicano, raggiungere Madrid sarebbe stato una passeggiata, e che Mussolini stesso, il zi, marzo, anniversario dei fasci, avrebbe passato in rivista, avendo a fianco Ciano, l'esercito vinChmroazseil talisspditomnestdudedinodetonodai faitè a tàopancoi recsaddtipcseClamgdtdtzgg«bdrcudLtmagmnsls«npgGnnpgziT o i , a l e e i a i a vincitore sul Pasco del Prado. Chissà se quei propositi vennero mai vagheggiati. Qualora lo furono, è evidente l'assurdità d'una azione destinata a umiliare per sempre l'esercito nazionalista che il governo di Roma voleva aiutare. Hugh Thomas, nella sua bellissima Storia della guerra civile spagnola pubblicata da Einaudi, dice che Mussolini aveva pregato Farinacci di recarsi a Salamanca e proporre, nell'eccitazione della vittoria fascista, la restaurazione della monarchia col duca di Aosta, nipote di Amedeo I, re di Spagna per poco più di due anni. Ipotesi astratta che non teneva conto, per esempio, dell'avversione spagnola per tutto ciò che è straniero; e non meno assurda dell'altra, vagheggiata dal governo fascista, di staccare i paesi baschi dalla Spagna e di farne una specie di protettorato italiano. Il nome restato alla battaglia è improprio: essa si svolse più a nord, lontana dalla piccola città che, sebbene vicina a Madrid, oggi dà al viaggiatore, appena vi penetra, l'idea d'una Spagna non ancora sfiorata dal piccolo mira colo economico di cui almeno i grandi centri godono. Il o, reparti fascisti ebbero dei sue cessi tra Almadroncs e Masega sa, ma verso sera si trovarono davanti le brigate intcrnazional del IV corpo d'armata governa tivo. Entravano in campo i capi più famosi: Listcr con la seconda divisione (baschi e fuorusciti tedeschi), una cui brigata era agli ordini del Campcsino Cipriano Mera, l'anarchico, con la sua divisione portava in prima linea gli italiani del batta glionc « Garibaldi ». Brihucga (a cui spetterebbe di dare il nome alla battaglia) era tra i due eserciti, conquistata poi dalle « Frecce nere » e dalla « Littorio », la mattina del io; a mezzogiorno, però, ci fu il capovol gimento. All'altolà d'una pattu glia fascista, venne risposto: « Noi siamo italiani della Gari baldi.' ». Seguirono delle domande : « Perché siete venuti a sparare sui lavoratori spagnoli? Perché volete togliere la libertà a una nazione straniera? ». Sul fronte erano Vittorio Vidali, ispettore generale, Luigi Longo, ispettore della brigata intemazionale, Pietro Ncnni, comandante d'una compagnia. Gli aerei repubblicani s'abbassavano, gettavano sui legionari fascisti manifesti in cui si spiegava la natura della guerra in cui erano stati coinvolti e la legalità dell'esercito repubblicano. Il disastro non fu immediato; Tu, le « Frecce nere » sfondarono la linea della divisione « Listcr ». puntarono su Torija. dove, il giorno seguente, il battaglione Garibaldi mosse al contrattacco. Annottava quando i garibaldini investirono Palazzo Ibarra tenuto dai compatrioti. Da allora, pur con alcuni ritorni offensivi, giacché Roatta buttò dei rinforzi nella battaglia, le divisioni ita¬ lmtppbsdlrtadpggaiiiimiiìiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiin liane ripiegarono e persero l'armamento. Duemila morti, quattromila feriti, più di trecento prigionieri, perdite di poco superiori a quelle subite dai repubblicani; mentre i franchisti erano stati a guardare. Ora, nel vasto territorio a sud di Torrcmocha, è il silenzio della povera Spagna contadina. Il ricordo della battaglia sfortunata dura invece nelle grandi città, avvelena i rapporti italo-spagnoi. Spesso si dice che le difficoltà derivino dagli atteggiamenti dei partiti italiani, ma c vero solo in parte. II risentimento, venato da un disprezzo che, invece, la Spagna antifranchista non nutre per noi (disposta anzi a ricordare i garibaldini, a dare grande peso alla resistenza dopo l'8 settembre) deriva da fatti che ferirono la sensibilità dei nazionalisti spagnoli. Essi ricordano d'avere avuto negli italiani degli alleati presuntuosi, incostanti, in cerca di prestigio. Ci disprczzano perché i nostri ufficiali, i nostri soldati non capirono d'essere giunti in un paese dove si stava svol gendo una grande tragedia. Arrigo Benedetti 8I1MMMH IIMIIMMIIIIIMiniM 11111111 il 1