Smarrimento e minaccia di scissione pesano sul partito comunista francese di Michele Tito

Smarrimento e minaccia di scissione pesano sul partito comunista francese LA CADUTA DI KRUSCEV LO COLPISCE ANCOR PIÙ DI QUELLO ITALIANO Smarrimento e minaccia di scissione pesano sul partito comunista francese Non è vero che fosse stato avvertito da Mosca: il cambio di governo in Russia lo ha colto di sorpresa, mentre il segretario viaggiava in Algeria - Partito vecchio, abituato ad una lunga disciplina «staliniana», è coinvolto nella crisi generale del comunismo in un momento molto difficile - Il nuovo « leader » Waldeck Rochet, dopo anni di umiliazioni e fatiche, stava liquidando l'eredità di Thorez e avvicinandolo al p. c. italiano - Le prospettive d'oggi sono oscure (Dal nostro inviato speciale) Parijri, ottohre. 71 partito comunista francese si pone dei problemi: in una settimana ha percorso dieci anni di cammino. La caduta di Kruscev lo ha sorpreso mentre, timidamente, tentava il primo riesame, nella sua lunga storia, delle posizioni dogmatiche di Thorez. Ora lo lascia allo scoperto, con le contraddizioni che esplodono. Von. Jngrao ha lamentato che i comunisti francesi, diversamente da quelli italiani, erano stati preavvertiti di ciò che si preparava a Mosca. Probabilmente Von. Ingrao si sbaglia. Un giorno prima della caduta di Kruscev il pcf aveva reso pubblico un documento del proprio Comitato centrale: veniva abbandonata la richiesta, che Thorez aveva fatta per prima, di condannare la Cina, ma si diceva che la conferenza mondiale dei partiti comunisti deve aver luogo, per discutere, per vedere, per far risaltare l'inconsistenza delle posizioni cinesi: « E' questo il punto che ci divide dal partito comunista italiano >. Una polemica inutile se il pcf avesse saputo di ciò che si preparava a Mosca. E mentre a Mosca Kruscev veniva costretto alla rinuncia, ■ il segretario del pcf,. Waldeck Rochet, viaggiava in Algeria; l'annuncio del ritiro del « premier » sovietico ha trovato quasi tutti i dirigenti del pcf fuori sede. L'ufficio politico potè riunirsi solo il giorno dopo, con la partecipazione di metà dei suoi componenti, e una nota di stupore emergeva dal comunicato: « Le decisioni che il pcus ha preso in tutta indipendenza... >. Mercoledì il pcf ha chiesto, imitando i comunisti italiani, di conoscere le circostanze e le ragioni politiche della caduta di Kruscev. Aveva già ripetutamente avvertito, nei giorni scorsi, che tutto quel che è accaduto von deve più incidere sull'autonomia del partito. Il pcf sta tentando di avvicinarsi alle posizioni italiane; è costretto a difendere una linea che ora soltanto, in queste ultime settimane, l'uomo che lo dirige aveva potuto far prevalere. E' troppo tardi, forse: ma Waldeck Rochet è sempre arrivato troppo tardi, ha sempre avuto ragione d'accordo con i suoi avversari. E' difficile che. ora, possa tornare indietro. Dal 1956 l'uomo grigio e taciturno che dal congresso del maggio scorso regge la segreteria del partito comunista francese, lottava per adeguare il partito al nuovo corso krusceviano. Waldeck Rochet era stato il solo, nel 1956, ad accettare la demolizione del mito di Stalin, il solo ad approvare senza ri- serve il rapporto « attribuito a Kruscev » del XX Congresso del pcus. Aveva perduto: senza esitare aveva firmato il famoso documento del Congresso di Le Havre, nel quale i comunisti francesi ricordavano, in polemica con Kruscev, i meriti di Stalin e confermavano tutte le vecchie, annose tesi di Thorez. Fu Suslov che, a quell'epoca, salvò dall'epurazione Waldeck Rochet, il solo comunista francese che capiva il linguaggio di Togliatti. Ma la salvezza aveva un prezzo: a Waldeck Rochet fu attribuito da Thorez U ruolo dell'inquisitore dogmatico contro gli «opportunisti », i « deviazionisti » ed i € togliattiani ». Come Suslov col suo amiro Kruscev, Waldeck Rochet pronunciò la requisitoria, contro i suoi am-tei Laurent Ca- . sanova e Marcel Servin, accusati di «deviazionismo di destra-». Jeannette Veermesch, la compagna fedele dì Thorez, ne aveva chiesto la testa e, in pieno clima krusceviano, nel '61, con l'aiuto del krusceviano Waldeck Rochet, l'ottenne come pegno della fedeltà del partito all'immobilismo staliniano. Ma da quel momento Waldeck Rochet, uomo dell'apparato, del rigido, immobilistico e thoreziano « apparato », era divenuto più forte per tentare la scalata al potere e vincere l'apparato. Tre anni sono stati necessari a Waldeck Rochet per preparare la giubilazione di Thorez. Tre anni di sottomissioni, di ripiegamenti, di contraddizioni quotidiane. Tre anni per prendersi la rivincita sull'intero partito che gli aveva inflitto l'umiliazione del 1956. Al congresso del maggio scorso, Thorez era già giubilato: fu nominato presidente, fu costretto ad esaltare Waldeck Rochet come il proprio migliore alliex:o e indicarlo egli stesso per la successione alla segreteria. Suslov applaudiva, dopo aver proclamato che «non v'è al mondo un partito come il partito comunista francese, ne una guida migliore di Maurizio Thorez ». Waldeck Rochet aveva già mutato il partito: era stuto introdotto il voto segreto, nonostante la furibonda opposizione di Thorez, nelle votazioni a tutti i livelli; era stato concesso un padiglione, alla festa deH'Humanité, ai giovani « togliattani » del giornale Clarté, che due mesi prima erano stati minacciati di epurazione; erano stati autorizzati a riprendere le pubblicazioni alcuni giornali, che Thorez aveva sconfessato. L'uomo che, nella sua scoiala al potere, appariva come i' sicuro continuatore della linea thoreziano, aveva già rinnovato l'apparato, e, mentre ascoltava gli elogi che Suslov faceva di Thorez, affidava gli incarichi più delicati ai discepoli di Casanova e Servin. Un'azione silenziosa, discreta, condotta con le prudenze e le abilità di chi conosce, da decenni, i meandri del potere, e sa sacrificare le apparenze alla reale efficacia. Il pcf non è, come il pei, un partito di massa, è un partito di quadri. E' vecchio, la media di età dei suoi iscritti è la più alta tra tutti i partiti d'Europa, ha subito la prova durissima della guerra d'Algeria, coi suoi giovani militanti che cercavano di fuggire alla leva militare e tornavano invece itali'Algeria ultranazionalisti e adoratori del generale Massu. Non era jiossibile neppure a. un uomo come Waldeck Rochet spostare, senza rischio, il partiti, dal rigore dogmatico di Thorez. Quando, già segretario, egli annunciò che U partito doveva rivedere la propria strategia e appoggiarsi ai sindacati e, contro gli stessi sindacati, ponendosi più a destra dei sindacati, disse che spettava alle organizzazioni sindacali partecipare all'elaborazione del 5° piano; quando, cioè, sembrò riecheggiare i temi togliattiani dell'azione all'interno della società capitalistica, l'Humanité censurò il suo discorso. Quando, ai funerali di Togliatti, Breznev e Longo si | scontrarono sulla opportunij là di rendere pubblicala «memoria di Yalta», i membri della delegazione francese furono tutti con Breznev, contro gli italiani, e Waldeck Rochet, tacque. Ma /'Humanité dovette, per suo ordine, pubblicare, sia pure riassunto in qualche parte, sia pure chiosato in altre parti, il testamento del leader italiano. Fu il primo giornale comunista del mondo a farlo: la Pravda Io fece quattro giorni dopo. Waldeck Rochet fu messo sotto accusa, Jeannette Veermesch, l'inesorabile vestale della fedeltà all'im¬ mobilismo di Thorez, lo de- i nunciò in Comitato centrale come un traditore irresponsabile, e sollevò contro di lui le forze disparate che nel pcf resistono ad ogni innounsiojte: metà dei dirigenti, metà dell'apparato, quasi tutti i responsabili periferici. Waldeck Rochet non si difese. Sembrava un uomo vinto, uno che, per conservare la segreteria, si era di nuovo piegato a fare ciò che non riteneva giusto di fare. Aragon si era lamentato che, con lui, il partito sembrava estraneo all'avvenire; egli rispose che l'avvenire è una cosa, che deve giungere al tempo giusto. Ed era riuscito: quindici giorni fa il Comitato centrale si riuniua per accettare la linea di Waldeck Rochet: c'è una foto, ! pubblicata dai giornali, che mostra Jeannette Veermesch seduta, sola, in un banco di centro. Nessuno le era accanto. In quel momento pre- filili I : M11 11 1 III I ili tu I [ 111111 < 1111111H1M ! 1111 valeva non tanto la linea | krusceviana (c'erano le divergenze sulla questione cinese), ma, per quel che è possibile nel comunismo francese, la «linea italiana» e il pcf faceva, per la prima volta, una chiara affermazione di volontà di autonomia. In quel preciso momento Kruscev è caduto, e il comunismo francese, che ora soltanto scopriva la. via teorica dell'autonomia, si trova allo scoperto. Più che in Italia, forse più che altrove, i mutamenti di Mosca sono sentiti dai comunisti francesi come annunci di un ritorno al rigore della disciplina internazionale. Nessun partito comunista, come quello francese, è impreparato ad affrontare, nelle difficoltà, un problema del genere. Ma il problema è posto dalle forze che l'azione cauta e discreta di Waldeck Rochet ha messo in movimento Esse hanno dalla lo- ] Ititi II I IIIM11111F111M1111 II M M1111 111 I 11 1111 1 ro il miracolo improvviso, verificatosi quest'anno, della adesione di .10.000 giovani inferiori ai ventun anni, cosa che non si vedeva dal tempo del Fronte popolare del '36. Queste forze, si manifestano già: il prestigio dell'Unione Sovietica è a terra, la questione cinese interessa relativamente, gli < anziani » dirigenti, come Duclos, sono considerati alla stregua degli sterili esponenti della IV Repubblica. Ma non si schierano nemmeno col segretario: si muovono in vari modi, a tutti i livelli, e stentano a coagularsi. Forse Waldeck Rochet ha atteso troppo a lungo che giungesse il tempo giusto per l'avvenire. Il comunismo francese è condannato all'isolamento, in tutti i casi. Solo Thorez, con il suo vecchio apparato di militanti sessantenni, poteva mantenere unito un partito isolato. Michele Tito 11 11 II II 111 II I 11 II MI 11111111 11 ! 11111111111111 i 1111 i 1111»