Gli sforzi dei copi del Cremlino sono diretti n fnr In poco coi cinesi di Massimo Conti

Gli sforzi dei copi del Cremlino sono diretti n fnr In poco coi cinesi Mosca, liquida gli amici «fi ITruscer Gli sforzi dei copi del Cremlino sono diretti n fnr In poco coi cinesi Nel rapporto segreto sugli «errori» di Kruscev, Suslov avrebbe detto: «Se siamo stati capaci di riavvicinarci a Tito, non dovrebbe essere impossibile accordarci con Mao » - Le « Izvestia » insistono sulla conferenza comunista mondiale con la partecipazione di «tutti i partiti fratelli» - Di Kruscev non si sa nulla di preciso: la sua casa a Mosca è illuminata, la sorveglia un solo poliziotto, il capo deposto preparerebbe la sua difesa - Si ha l'impressione che la crisi non sia finita (Dal nostro Inviato speciale) Mosca, 20 ottobre. « Se siamo stati capaci di riavvicinarci a Tito non do vrebbe essere impossibile per noi riaccostarci a Mao »: così avrebbe parlato Michail Suslov indicando nel suo rapporto segreto eli errori della politica krusceviana. Il rapporto Suslov non è stato ancora pubblicato e certo non sarà reso noto prima che sia stata completata all'interno del partito la campagna di chiarimenti destinata ad illuminare ai ranghi le decisioni dei capi. Ma le parole attribuite al custode dell'ideologia comunista risultano congruenti alle prime calcolate indiscrezioni sulla drammatica seduta al Comitato centrale, quella che decise le sortì di Kruscev. Non che Suslov e i nuovi capi del Cremlino disapprovassero l'impostazione fondamen¬ tale della polemica anticinese; 111111M111M111111111M111MI ( I fi [ M1111111 ! 11T111 [ 1 l'accusa mossa a Kruscev se mai è quella di avere portato la disputa al punto di rottura, mettendo così a repentaglio la unità del campo socialista. Di qui la necessità, riconosciuta da: leaders sovietici, di riportare entro i limiti d'un franco confronto d'idee la disputa che per colpa di Kruscev (e soprattutto di Mao) era scaduta a minaccioso dialogo fra grandi potenze. Entro questi limiti la riapertura del dialogo Mosca-Pechino appare sempre più verosimile. Nei Paesi comunisti sono molto preziosi i piccoli indizi, spesso le sfumature. Sono essi a rivelare o a preannunciare, nel loro linguaggio esoterico, i di.-egni dei capi. La raccolta degli indizi in favore d'un riaccostamento Mosca-Pechino sia pure a fini tattici si arricchisce giorno per giorno. C'è stato il messaggio di congratulazioni dei cinesi per il lancio del Voskhod, che il Quotidiano del Popolo di Pechino — in un primo momento — aveva riferito in poche righe nella quinta pagina. Ci sono state le assicurazioni di Breznev sull'opportunità di riunire a un tavolo < tutti i partiti fratelli*; oggi poi sulla Pravda è apparsa un'intervista con il presidente del fronte di liberazione nazionale del Vietnam del Sud, dove tra le altre cose si leggono queste testuali parole: « Nella lotta contro gli imperialisti americani e i loro servitori noi sentiamo sempre il fermo appoggio dell'Unione Sovietica. Noi sappiamo bene che l'Urss fa tutto il possibile per mettere fine agli interventi americani negli affari interni del nostro Paese ». In passato l'Unione Sovietica era stata accusata di avere secondato con la sua passività le mene degli imperialisti. I cinesi hanno mandato poi un caloroso messaggio di congratulazioni ai nuovi capi dell'Urss, di imminente pubblicazione; stasera infine le Izvestia sono tornate sul tema della confe renza mondiale comunista con nuove affermazioni di buona volontà. Il giornale che fino a pochi giorni fa era diretto da Agiubei, il genero di Kruscev, parla ora di « amicizia e cooperazione fra i Paesi socialisti su, una base di piena egua glianza, nel rispetto degli in teressi particolari di ciascun Paese ». Al rilancio dell'amici zia russo-cinese non mancheranno fondamenta concrete. Si parla ancora d'una ripresa della collaborazione economica rotta nell'estate del '60 con il ritiro dei tecnici sovietici dalla Cina. A parte gli aiuti economici veri e propri, è un fatto assodato che la Cina avverte la necessità, sempre più acuta, di assistenza tecnica e scientifica. Arretratezza tecnologica, mancanza di quadri adatti agli immensi compiti dello sviluppo industriale, primato dei funzionari sugli scienziati (è il partito in Cina a imporre i te mi delle ricerche scientifiche), preclusioni alle esperienze e ai progressi degli altri Paesi, so no fra i principali disagi avvertiti nel Paese di Mao. L'as sistenza dell'Urss invece aveva dato già buoni frutti. I giornali sovietici hanno ricordato per esempio che con l'aiuto di Mosca i cinesi cost uirono nel loro Paese 211 stabilimenti industriali. La ripresa della collaborazione tecnica ed economica con la Cina non sembra però (ine a se stessa. I capi sovietici sono convinti che un miglioramento delle condizioni economiche della Cina contribuirà anche a livellare le differenze « ideologiche ». E' una tesi ra gionevole, anche se insidiosa per i marxisti. Gli orientamenti filo-cinesi hanno ora libero corto. Non sappiamo però ancora tino a qual punto siano pienamente condivisi da tutti i capi responsabili. Anche perché i motivi obiettivi del dissidio con la Cina — a parte le punte polemiche — permangono: e ignorarli equivarrebbe ad un impossibile ritorno al passato. All'indomani della caduta di Kruscev, la situazione, per giudizio concorde, appare ancora fluida se non incerta. Fra i capi sovietici l'accordo non sembra completo. La lotta per il potere, spiegano i pessimisti, non sarebbe finita. Si parla di tendenze, di correnti, di pressioni nell'uno e nell'altro senso Si fanno classificazioni spesso arbitrarie di gruppi e di alleanze: i krusceviani che non si sarebbero ancora arre|ai completamente, i conserva- tori, i < liberali », i neo-stalinisti. Si arriva a mettere in dubbio la stabilità politica di certi personaggi, da Mikoyan al maresciallo Malinovski, da Podgorny a Ilicev. Si danno come imminenti, scendendo la scala gerarchica, le dimissioni di Lisenko, il presidente dell'Accademia delle scienze, coinvolto a suo tempo in una disputa scientifica con un preciso contenuto politico. La riunione del Comitato centrale prevista per il mese prossimo dovrebbe provocare una nuova < scossa di assestamento». Kruscev, che è rimasto membro del Comitato centrale (non più del Praesidium, che è quello che conta) si preparerebbe alla riscossa. I suoi compagni, secondo le ultime voci, gli avrebbero messo addirittura a disposizione gli archivi del Comitato centrale, perché egli possa preparare la sua autodifesa con documenti inoppugnabili e dati di fatto alla prossima riunione di novembre. Dobbiamo credere a queste dicerie? Voci e dicerie denotano però uno stato d'animo. La scomparsa di Kruscev è stata troppo repentina. Si stenta a credere per conseguenza che il dramma sia davvero finito. Ad acuire questo stato d'animo c'è il grande silenzio di Mosca. Passata la glorificazione dei cosmonauti, la capitale è tornata tranquilla, anche troppo, dicono certuni. I giornali parlano di compiti economici, di conquiste del lavoro, di programmi per l'avvenire. Come se nulla fosse avvenuto. Le apparenze però possono trarre in inganno: la « riekruscevizzazione » è in corso. Oltre ai ritratti del capo deposto, cominciano a scomparire silenziosamente anche le opere che parlano di lui. Ci sono poi, ad acuire la sensazione di disagi morali, le reazioni, per noi ancora imperscrutabili, di un partito e di un popolo che credeva in Kruscev. Pochi certo hanno rimpianto Stalin, molti forse rimpiangeranno Kruscev. A differenza del despota coperto d'infamia, Kruscev non è stato additato al pubblico disprezzo: gli hanno imputato errori di calcolo, non certo crimini. Il torto più grave è quello di avere incoraggiato il culto della personalità e il nepotismo. C'è una incongruenza palese, sentita da tutti, fra la denuncia di questi errori politici e la fine ingloriosa del leader. Il silenzio stesso attorno alla persona di Kruscev non contribuisce certo a rasserenare l'atmosfera. Kruscev non è stato né segregato né imprigionato. Lo hanno visto aggirarsi in apparente libertà nei pressi della sua casa. L'ex capo sovietico ha due case a Mosca: l'una, quella di rappresentanza, è sulle colline di Lenin, l'altra è una daria a trenta chilometri dalla capitale. Siamo andati a vedere la rVbrgccpI ssIn! pjttidi drc1 mzlnoIpnmmnstLccnss residenza al numero 40 della Vorobyovskoe chaussé: è una bella villa dai muri quasi neri, ravvivati però da mattoni gialli in stile neo-sovietico. La circondano due acri di parco con un frutteto. Il parco è un po' selvaggio, le erbe vi creI scono alte come piace ai russi; Chi è stato nella villa, ne Incorda le pareti fasciate di ! parati rosso scuro, in stile vitjtoriano. Nel salone del pianterreno c'è la statua dì un toro idi bronzo, regalata a Kruscev i dallo scomparso leader laburista Gaitskell ed un piano a coda. Nina Krusceva ama la 1 musica. Attorno alla villa c'è silenzio; abbiamo visto un solo poliziotto in uniforme blu, ma nessun'altra persona è entrata o uscita durante il rapido soIpralluogo. All'imbrunire, le finestre della casa si sono illuminate. Kruscev e la sua famiglia, si immagina, si saranno ritirati nella dacia, appressandosi a lasciare la più sontuosa residenza delle colline Lenin. Si vuole da qualcuno che Kruscev abbandonerà anche la casa di campagna (e naturalmente le ville sul Mar a a i a o n e i to v a a oa a e o e r Nero) per ritirarsi in un appartamento di quattro stanze nel centro di Mosca, dove vivono altri pensionati del regime. La lista dei pensionati si allunga e forse si allungherà ancora di più in futuro. Sono personaggi un po' spettrali, questi pensionati del regime: il passaggio dalla luce sfolgorante della scena politica alla mediocre esistenza piccolo-borghese può apparire addirittura penoso. C'è ancora il vecchio Bulganin che si aggira per Mosca con la sua aria di professore di liceo; l'ultima volta Io hanno visto al ricevimento del Cremlino per il Capodanno. Aveva l'aria del parente povero ammesso alla festa. C'è Molotov, che mena anche egli vita ritirata e tranquilla con uno stipendio relativamente modesto di funzionario dello Stato. C'era Kaganovic, il capo degli anti-partito, che sarebbe morto due anni fa (ma la notizia non è certissima), dopo aver concluso la carriera come direttore di una fabbrica di cemento. Ce ne sono tanti altri — nomi meno vistosi —, relitti di terre¬ moti politici • di epurazioni. Esistenze distrutte, d'accordo, ma pur sempre esistenze. Un piccolo progresso c'è: un tempo, gli errori politici si pagavano con la testa. Massimo Conti Ricevimento al Cremlino in onore dei tre astronauti sovietici della «Voskhod»: lo scienziato Feoktlstov, ria, sinistra, il dott. Yegorov ed il colonnello Komarov ascoltano un discorso del Primo Ministro Kossighin (Telefoto) |