<<Dopo la caduta» di Arthur Miller giovedì a Roma in «prima» europea di Francesco Bernardelli

<<Dopo la caduta» di Arthur Miller giovedì a Roma in «prima» europea Lo spettacolo più atteso delia nuova stagione teatrale <<Dopo la caduta» di Arthur Miller giovedì a Roma in «prima» europea E' il dramma in cui lo scrittore americano avrebbe rievocato la storia di Marilyn Monroe, sua seconda moglie - La protagonista è una donna bella e istintiva, al di qua del bene e del male: è possibile una identificazione? - L'opera allestita dalla Compagnia Albertazzi-Proclemer, con Monica Vitti e il regista Zefifirelli (Dal nostro inviato speciale) Roma, 19 ottobre. H 22 sera, giovedì, al Teatro Eliseo la Compagnia Albertazzi-Proclemer, con Monica Vitti e Franco Zeffirelli regista, presenterà, in collaborazione con lo Stabile di Genova, Dopo la caduta di Arthur Miller, in «prima europea». La straordinaria curiosità suscitata da questo avvenimento teatrale si appunta sul facile interrogativo, se Miller abbia deliberatamente voluto narrare la storia del suo matrimonio con Marilyn Monroe, o no, se abbia raffigurato, o no, nel personaggio di Maggie, la persona reale di Marilyn e la sua verità segreta. Ognuno ha voluto dire la sua. Ma occorre una distinzione. Pensiamo che pochissimi, tra milioni di ammiratori e adoratori, abbiano conosciuto Marilyn fuori dello schermo; la Marilyn di cui tanto si è parlato e favoleggiato è una pura leggenda, grazioso mito cinematografico creato da soggettisti, registi, impresari, agenti di pubblicità, cronisti mondani e così via. Da un plasmabile temperamento di attrice l'arte dello spettacolo ha ricavato una figurina estremamente sofisticata e candida, tentatrice e infantile, voluttuosa e innocente, la Marilyn che tutti sanno a memoria. Orbene, possiamo supporre che Arthur Miller abbia posto al centro del suo dramma una donna che assomiglia perfettamente alla Marilyn leggendaria, avendo trovato nella diva convenzionale e affascinante dei film e delle canzoni il tipo femminile che faceva al caso suo, rappresentativo e simbolico: di più, sull'intimità e autenticità del ricordo-confessione di Miller, davvero non sapremmo dire. Maggie (eco e riflesso della Marilyn cinematografica) è la donna in uno stato di totale innocenza, una creatura dolcissima, posta ancora al di qua del bene e del male, tutta primitiva e istintiva, e l'intellettuale Miller, l'uomo che ha sofferto con straziata lucidità la tragedia del nostro tempo, ha scorto in lei un supremo rifugio, una pace edenica, la felicità della sensazione prima che la coscienza si ridesti. Ma quella innocenza voluttuosa non esiste; dopo la caduta dell'uo mo, sangue crudeltà odio sterminio e morte, l'innocenza non può più esistere Sicché anche l'episodio pur così inebriante di Maggie, non lascia a Quentin, il protagonista, che uno sconsolato distacco: la prova è fallita. L'uomo che ha assaggiato la civiltà, non ri troverà mai lo stato di in coscienza e di totale abban dono di un immaginario mondo senza colpa. L'inno cenza non è che un falso. Il dramma di Miller è estremamente complesso, molti, troppi fili nella tra ma; vuol forse essere una summa dell'inquietudine in tollerabile e delle disfatte fatali dell'uomo moderno L'uomo d'oggi ha visto troppo da vicino il male, lo ha visto nei suoi abissi, nazismo, campi di sterminio strage di popoli, e, in un punto insondabile della sua natura umana, si è scoperto complice. Sì, dice il pròtagonista di Miller, in ogni uomo c'è l'origine, il germe di tutto il male. E la co scienza che ci fa? Che ci può fare se non accertarne sempre più spaventosamen te la presenza? E' un'esplorazione interiore, slittante e tragica. Il palcoscenico non rappresenta nessun luogo reale, ma l'ineffabile memoria umana: è un palcoscenico vuoto, un deserto accidentato su nude piattaforme che simulano i vari piani, gli spazi e i tempi più o meno profondi e intersecati del ricordo. Qui appare l'allucinata evocazione della vita di Quentin; così è proposta, in questa specie di panorama psicanalitico, la storia di un uomo dopo l'ultima guerra e le persecuzioni razziali e i forni crematori e la perenne caccia alle streghe. Tirannia di una società che, anche quando si proda avcmrbccstrlpillePcQgmvtndpsdmsvdsttma altamente idealista, non a e a n a i e i e e a o e i, o ti oaoini ri e à a accetta il dialogo, ignora le vie della tolleranza e della comprensione. E' un altro motivo del dramma, è l'esperienza di Miller che conobbe personalmente le persecuzioni ideologiche del maccarthysmo. Intorno a questo nucleo si addensano altri drammi: quello familiare, che, come sempre in Miller, ha tratti commoventi, il padre, la madre di Quentin, il fratello, i loro contrasti, le umiliazioni penose, la solidarietà che va oltre gli episodi antipatici e avversi. Poi l'esperienza tipicamente coniugale, Elsie e Lou, Quentin e Louise prima moglie, Quentin e Holga terza moglie e, al centro, il travolgente episodio di Quentin e Maggie, amanti e coniugi, sospinti nelle plaghe dell'illecito: «la nostra colpa, dicono i protagonisti, è stata di approfittare l'uno dell'altro », ossia l'uso del matrimonio al di là della co scienza e del pudore. Queste varie trame, e i caratteri delle donne e la tematica sessuale e la ricerca dialet tica, fanno tutte insieme ressa; sembrano più affollate che distillate. Il momento della concretezza è quello di Maggie. La ragazza compare e la commedia si fa d'un tratto lucente e ariosa. E' una grazia che nasce dall'indistinto di una creatura che non sa nulla, che non distingue, che non ricorda: p'iegra, espansiva, felice. Si dà, ecco tutto, si dà perché quello è il suo destino, il suo amore. Quale amore? Sarebbe diffìcile dire; nelle nostre distinzioni morali non entra forse questo strano amore, semplice e primitivo. L'amore di Maggie è una felicità che subito si realizza, la sua ingenuità è scan dalosa, « il suo candore — dice Quentin — mi spezza va il cuore ». E' lieta, af fettuosa, tenera: il suo e un modo eccentrico di fare del bene e di godere la vita. Quentin ricorda il suo incontro con lei: una scemetta senza cervello, dorme ai giardini pubblici, va in giro con il vestito strappato, dice cose ridicole, spropositate, ma dice anche: « L'amore è tutto. Da un momento all'altro si muore, capisci ? ». Un po' assente, svagata, e poi subito pronta a tutto il piacere e a tutta la carità, sulla sua fronte c'è scritto « adesso »Così, subito amorosa, facile, condiscendente, vicino a lei ogni astrazione, ogni prògramma e problema scompaiono. C'è lei, bellissima èdgn |voluttuosa accarezzante, ed è l'oblio totale. Il peccato è dunque abolito? No, perché l'innocenza, già abbiamo detto, si è frantumata nella caduta dell'uomo. E così, nella falsa innocenza vagheggiata dal protagonista si consuma e si perde l'avventura coniugale di Maggie e di Quentin. Hanno abusato di se stessi, si trovano alla ertsa estremità sterile del piace re, Maggie diventa esigen te, prepotente, insaziata ; sente l'oscuro bisogno di alcunché d'altro; lei così cordiale, così docile conosce ora la violenza delle velleità impotenti. Quentin è stanco, sazio; al fondo delle delizie si agita l'aspide velenoso del rimorso. La storia di Maggie è penosa. Soltanto in Quentin ella pensava di aver trovato bontà e non irrisione, qualcuno che non la umiliasse, ma che anzi la innalzasse alla dignità del vivere. Ma via via attratta da un nuovo torbido ardore, Maggie incomincia a scendere da quel sogno; la naturalezza si corrompe in isteria pervertita e acre. « Ti vergoni di me ? » domanda a Quentin. E lo provoca, e ricorda e confessa le sue enormità : « Sono stata — dice — con due uomini lo stesso giorno ». Quentin cerca di rassicurarla, il passato non c'è più. Ma Maggie è uscita ormai dal suo infantilismo, vuole essere fortemente amata. Come? Non sa. E' un getto interiore, un prorompimento sentimentale confuso ed estenuante. La grazia e il dramma di Maggie sono qui. A confronto con Quentin la sua vita semplice si è impigliata in un nodo inconoscibile e pauroso. Beve, si ubriaca, abusa di tranquillanti ; si è fatta sguaiata, dice parolacce, tenta di uccidersi, si uccide. E' terribile, perché, così atroce, questa fine non è che il frutto di una incomunicabile, struggente soavità. Quentin l'abbandona alla morte, se ne va con la sua terza moglie: Holga. Troverà la pace? Forse troverà più coraggiosa la coscienza della vita. Perché Holga è forte: ha visto i campi di sterminio, le stanze di tortura, le montagne di teschi, ed intuisce il dubbio orribile di Quentin che non crede più ad una giustificazione finale. Ma Holga, la consapevole Holga che sa che cos'è l'istinto di uccidere, di distruggere, anche sa che questo istinto lo si può sfidare, semplicemente, guardando innanzi a sé senza paura, il ciclo del dramma è compiuto, ma non concluso, perché le ultime parole non sono che un ripiego rettorico, una scappatoia al corso insondabile della memoria tra i delitti, le colpe, l'innocenza e la perdizione. Francesco Bernardelli e è e a . Monica Vitti ed Albertazzi provano una scena di «Dopo la caduta» (Telef. Ansa)

Luoghi citati: Genova, Roma