L'ultimo angoscioso mese di vita di Ombretta preoccupata per i figli e terrorizzata dal marito di Nicola Adelfi

L'ultimo angoscioso mese di vita di Ombretta preoccupata per i figli e terrorizzata dal marito Mi "casso BiiffjrissoMi,, mercoledì alle Assiso di Bologna L'ultimo angoscioso mese di vita di Ombretta preoccupata per i figli e terrorizzata dal marito Ricostruito dall'accusa l'epilogo della tragedia, dal febbraio al marzo del 1963 - La donna capiva che il consorte voleva ucciderla per sposare l'amante Iris Azzali, ma non aveva il coraggio di fuggire - Confidò ad amici: « Di Carlo non mi fido più, specie quando mi fa l'iniezione, ma non posso lasciare i tre figli con quel delinquente » Poche ore prima di morire espresse i suoi timori a un professore che l'aveva visitata - « Mio marito insiste per farmi l'endovenosa; dice che uno dei due deve sparire. Ho paura » - Il clinico la consigliò di lasciare la casa - Ombretta sembrava decisa a trasferirsi da una zia - Alle 23 dello stesso giorno, 14 marzo, era già cadavere (Dal nostro inviato speciale) Bolngnat 15 ottobre. Da certe lettere mandate da Carlo Nigrisoli a Iris Azzali e ria altri indizi l'accusa desume che tra i due amanti era stato convenuto un patto: « Se la morte della signora Nigrisoli si fosse verificata entro due mesi, l'Azzali avrebbe sposato il dottor Nigrisoli: se invece, nel termine suddetto la signora fosse guarita, la relazione sarebbe finita ». Tuttavia, i contraenti consideravano in maniera diversa l'evento su cui era centrato il patto, ossia la morte di Ombretta Galeffi. Il Nigrisoli aveva detto all'amante che la moglie era stata colpita da un cancro al petto e la ragazza aveva risposto: cBene, se muore tra poco, io ti sposo ». Quanto al Nigrisoli, — sostiene l'accusa — egli sapeva che la moglie era una donna sana e robusta: e perciò si proponeva di liberarsene o costringendola al suicidio oppure uccidendola. Tempo due mesi. Che il marito andasse con altre donne, Ombretta GalefH 10 intuiva da tempo. Tuttavia, nel febbraio '63 la situazione peggiorò di colpo. Cominciò per i coniugi una vita d'inferno, la moglie accusava frequenti mal di capo, insonnia, palpitazioni di cuore. Deperiva visibilmente. E davvero non le mancavano i motivi. Il 18 febbraio, su richiesta di Carlo Nigrisoli, il dott. Frascaroli, specialista in medicina interna e cardiologia, visitò la signora Ombretta. Non rilevò alcuna malattia organica, ma solo segni di esaurimento nervoso e prescrisse iniezioni ricostituenti intramuscolari. Il Nigrisoli obiettò che la cura gli sembrava troppo blanda e propose di fare lui stesso alla moglie la sera un'iniezione endovenosa di calcio. La moglie però si oppose: disse che lei aveva vene sottili e non tollerava le endovenose. Infine il dott. Frascaroli sconsigliò le endovenose e propose di aumentare le dosi delle medicine che aveva prescritto. Quella stessa sera, verso le 21,30, Carlo Nigrisoli convinse la moglie a farsi fare l'endovenosa. Di lì a poco la donna svenne. Riprese conoscenza dopo due ore e mezzo. La mattina dopo si sentiva ancora male, in lei cominciarono ad affiorare i primi sospetti gravi. Ricordò che il marito, sebbene nella camera da letto si trovasse tutto l'occorrente per l'endovenosa di calcio, prima di farle l'iniezione si era recato nel bagno e lì aveva armeggiato a lungo. Si può ben supporre quale fu il suo sgomento quando quella mattina, rovistando nell'armadietto del bagno trovò due flaconcini di sincurarina — un farmaco a base di curaro sintetico —, di cui uno sigillato e l'altro appena iniziato. Nel pomeriggio Ombretta Galeffi tornò dal dott. Frascaroli e raccontò minutamente ogni cosa. Poco dopo sopraggiunse Carlo Nigrisoli e il dott. Frascaroli gli proibì di praticare alla moglie altre endovenose di qualsiasi farmaco. Tuttavia non gli fece cenno dei flaconi di sincurarina scoperti dalla signora Nigrisoli. La sera successiva — era 11 20 febbraio — il Nigrisoli tanto pregò e minacciò che infine riusci a convincere la moglie a lasciarsi fare un'altra endovenosa. Tuttavia, questa volta, mentre stava armeggiando nella stanza da bagno, Ombretta lo raggiunse di sorpresa e vide che cercava di nascondere qualche cosa in una tasca, un flacone di sincurarina. Carlo Nigrisoli tentò diversi pretesti, infine disse che aveva preso la sincurarina perché voleva uccidersi Fu quella sera che le confessò il suo amore per Iris Azzali: la defini la sua < donna ideale », disse che la ragazza lo voleva abbandonare e che lui si sentiva un uomo finito. Fu una notte lunga, piena di dolore. A un certo punto Carlo Nigrisoli disse alla moglie: «Io non sento più niente né per te né per i bambini. Anzi, io non ti posso più vedere ». Queste cose Ombretta Galeffi le raccontò ai coniugi Frascaroli nei giorni successivi. Il 24 febbraio a quei suoi amici disse: « Io non ce la faccio più. E' un tormento continuo. La notte non mi fa più dormire, mi tormenta, mi ripete che così non possiamo andare avanti, che uno dei due deve sparire». La donna aggiunse: < Carlo ormai mi ha tolto tutto, anche la dignità. Mi ha fatto telefonare a quella sua Iris per pregarla di non lasciarlo, di stargli vicino». I tre amici usciruno in macchina. A un certo punto Ombretta disse: «Qualche volta ho l'impressione di smarrire la ragione». Era molto depressa, la signora Frascaroli temeva che potesse commettere qualche pazzia, e quando glielo disse, Ombretta le rispose: «Non temere, cara. Ho tre figli, e come vuoi che li lasci soli con quel delinquente? ». Intanto, Carlo Nigrisoli de¬ periva anche lui, andava di-cendo in giro che era molto preoccupato perché la moglie era seriamente malata di cuore, peggiorava di giorno in giorno. Il 1° marzo il dott. Frascaroli accertò attraverso l'elettrocardiogramma che il cuore di Ombretta era sano: riscontrò peraltro una tachicardia « di origine esclusivamente nervosa » e che si inquadrava «nello stato di ansia» determinato dalle frequenti scenate che il marito faceva. In seguito i coniugi Frascaroli cercarono di persuadere l'amica a uscire da quella situazione così carica di pericoli avvertendo i suoi familiari. Ombretta rispose che non lo avrebbe fatto mai: «Se c'è una possibilità sia pure minima per riprendermi Carlo, sta nel mio silenzio. Devo proteggerlo così. Se lo sanno tutti, è finita ». Il giorno dopo la povera donna disse alla signora Frascaroli: «Carlo mi fa paura. Specialmente la sera quando insiste per farmi le iniezioni endovenose. Quando Carlo si avvicina con la siringa in mano, mi prende un gran batticuore. Io di lui non mi fido più ». La vita per Ombretta Galeffi era diventata un incubo ininteiTotto. Qualche giorno dopo, l'il marzo — ricordiamo che morì tre giorni dopo — la signora Frascaroli, « pienamente convinta che il prolungarsi di quella situazione angosciosa nuocesse alle condizioni fisiche e psichiche di Ombretta », la consigliò di allontanarsi da casa e di rifugiarsi presso la madre. Ombretta rispose: «Non posso, Anna. Anche questo è diventato per me un problema di coscienza. Quando lui mi dice: "Se passi quella porta io mi ammazzo ", come posso io di fronte ai miei figli prendermi la responsabilità di essere la causa della morte di mio marito? ». Proprio in quei giorni Iris Azzali appariva più che mai risoluta a rompere definitivamente la relazione, e Carlo Nigrisoli le scriveva promettendole di trovare una soluzione entro un paio di mesi oppure la ricattava dicendole che si sarebbe ucciso e nel contempo l'avrebbe denunciata per un aborto che lui stesso le aveva procurato. Smaniava e si consumava anche fisicamente. Il giorno 12 i genitori lo convinsero a farsi visitare dal neurologo prof. Zanello. Il medico lo trovò « fisicamente disfatto» e si ebbe diverse confessioni. Il Nigrisoli gli disse « che da quasi un mese era in preda a uno stato di depressione ansiosa, insonnia, estrema faticabilità, soprattutto tormentato dall'idea ossessiva di una donna che da i Itre un mese lo aveva abbandonato ». Spiegò inoltre che a ciò « si aggiungeva uno stato di inaffettibilità e anche di repulsione verso la moglie e i figli ». Il prof. Zanello diagnosticò « uno stato nevrastenico a sfondo depressivo » e gli consigliò di farsi ricoverare in una clinica per un breve periodo di cura del sonno. Quella sera tornato a casa, Carlo Nigrisoli fu tutto diverso con la moglie: premuroso, affettuoso, 1'abhracciò intimamente. La mattina dopo, — era il 13, la vigilia della morte, — Ombretta telefonò all'amica Frascaroli i particolari di quel- l'improvviso cambiamento del marito e disse che ora più che mai aveva paura. Come non insospettirsi se fino al giorno prima Carlo non aveva fatto altro che ripeterle: «Perché non ti ammazzi? Lo sai che io non ti posso più vedere e che mi dà fastidio perfino guardarti ». Ombretta al tele¬ fono appariva spaurita, allarmata, in preda ai più paurosi presagi. Qualche ora dopo il marito volle accompagnarla in giro per la città a comperare stoffe per le tendine: e continuò a mostrarsi allegro, più che mai affettuoso. I sospetti spinsero il pomeriggio del giorno dopo, il fatale 14 marzo, Ombretta nello studio del prof. Zanello. Non lo aveva visto mai, ma subito gli aprì il cuore. Raccontò per filo e per segno la storia delle endovenose che il marito si ostinava a volerle fare, l'alternativa che Carlo le poneva continuamente: «Uno dei due deve scomparire ». Poi scoppiando in un pianto dirotto disse: «Professore, ho paura, ho paura, ho paura per me e per quello che sarà dei miei figli». Aggiunse che quella paura era diventata angoscia dopo il repentino cambiamento di umore del marito. Il prof. Zanello si rese conto del grave pericolo che incombeva sulla donna, si fece promettere che si sarebbe « allontanata immediatamente » dalla propria casa con o senza i figli, per qualsiasi località. Come anche, le proibì di farsi fare iniezioni dal marito. Un'ora dopo Ombretta incontrò l'amica Frascaroli, la ragguagliò, aggiunse: «Dite bene voi tutti — il professor Zanello, tu e tuo marito — che 10 non debbo farmi toccare Però, quando Carlo vuol farmi la puntura, io sono sola ». All'amica disse che sarebbe andata a Forlì, in casa di una zia, portando con sé la bambina più piccola. Poi Ombretta si recò nella abitazione dei suoceri e li informò della sua risoluzione di partire. Alle 19 lo disse anche al marito. Era l'ora di cena. Poi, verso le 20,45, dopo aver rimesso in ordine la cucina con l'aiuto della figlia Raffaella, salutò i suoceri dicendo che andava a letto perché era stanca e aveva mal di capo. Un'ora dopo la raggiunse 11 marito. Passò un'altra ora Verso le 23 il cadavere di Ombretta Galeffi veniva trasportato su una barella dalla sua camera da letto alla stanza n. 20 della clinica attigua, Dice la sentenza istruttoria che Carlo Nigrisoli si decise a uccidere la moglie con una iniezione di curaro perché non poteva rassegnarsi all'idea di vederla partire chi lo sa per quanto tempo, forse per un mese, forse di più: egli capiva che l'impaziente, già disaffezionata Iris Azzali non lo avrebbe atteso per tutto quel tempo. Ma qui sorge un grosso interrogativo: come mai 1 ■ 1111 1111111111111111111 i 11 i 111111111111111 i r I f 1111 ■ 111 Ombretta Gaietti, sapendo che il marito intendeva usare la siringa come un'arma omicida, gli porse docilmente il braccio per l'endovenosa? Si possono formulare due ipotesi. La donna aveva una paura mortale del marito, una paura senza più resistenze. Oppure, forse, al punto in cui era, non le importava più niente di vivere o di morire. Nicola Adelfi illuminili ninni illiiiiiiiiiiiiiiiiiii Ombretta Galeffi, moglie del dott. Carlo Nigrisoli. Quando mori aveva 38 anni

Luoghi citati: Bologna, Forlì, Ombretta