Carlo Nigrisoli: una vita tranquilla e mediocre sconvolta dalla passione per la bella amante

Carlo Nigrisoli: una vita tranquilla e mediocre sconvolta dalla passione per la bella amante Mereoledì «Ile Assisa di Bologna la sconcertante vicenda del curaro Carlo Nigrisoli: una vita tranquilla e mediocre sconvolta dalla passione per la bella amante Abituato all'ubbidienza da una famiglia ricca e illustre, si era ribellato per la prima volta a 25 anni sposando contro il volere dei genitori, una modesta ragazza di provincia: Ombretta Gaietti - Dal matrimonio nacquero tre figli - Dopo i primi anni felici, senti la noia della sua esistenza - Una serie di facili avventure; poi, nel 1961, l'incontro con Iris Azzali: ventiduenne, bionda, slanciata - Nel marzo 1963 la tragedia: la giovane vuol troncare la relazione - Il medico la supplica e le scrive di pazientare ancora due mesi: «Sei l'unica compagna della mia vita » - Secondo l'accusa l'imputato decise di uccidere la moglie con il veleno per non perdere l'amore dell'amica (Dal nostro inviato speciale} Bologna, 14 ottobre. La settimana ventura, mercoledì 21, comincia a Bologna un processo a sfondo demonia' co: non saprei come definirlo altrimenti dopo aver letto i fatti raccolti dai giudici in quirenti. L'imputato è il me dico Carlo Nigrisoli, che per amore di una giovane montanara avrebbe ucciso la mo glie Ombretta Galeffl con una iniezione di curaro. Fu una morte lenta e lucida. L'agonia durò una ventina di minuti, le sofferenze fisiche diventarono via via lancinanti, e per tutto quel tempo il cervello della donna restò lucido, lucidamente si rese conto che lei moriva, si distaccava per sempre dai tre figli. Moriva straziata nelle viscere e nel cervello, paralizzata dal cura ro al punto di non poter muo vero un muscolo o cacciare un grido, e intanto il marito, nell'attiguo stanzino da bagno, si lavava le mani, lavava la siringa. Nella camera accanto dormivano i tre figli, l'uscio era aperto, la morente ne udiva i respiri. Il processo è per gran parte in quei venti minuti dell'agonia. Per arrivare sin là la sentenza istruttoria si stende per oltre duecento pagine. Noi in questo e nei prossimi articoli, cercheremo di riassumere i fatti e di indicare i principali indizi a carico dell'im pittato, tenteremo di accostar ci all'intima personalità di Carlo Nigrisoli e della moglie Ombretta, diremo quali tesi sostiene l'imputato per scagionarsi dalle accuse, quali dubbi sussistono a suo favore. Ricordiamo per ora che egli deve rispondere di omicidio volontario e pluriaggravato: per il grado di parentela, per la premeditazione e per il mezzo impiegato, il veleno. K' un processo che ha per alternative l'ergastolo o la libertà. Carlo Nigrisoli appartiene a una famiglia ricca e illustre: suo. padre è uno dei primi chirui%hi della città, suo nonno era un ottimo oculista, il nome di un suo prozio, Bartolo Nigrisoli, dava lustro all'Università di Bologna: era un grande clinico, assisteva di preferenza i poveri. Quando il fascismo impose ai professori universitari il giuramento di fedeltà al regime, Bartolo Nigrisoli non esitò a lasciare la cattedra. Da ragazzo, Carlo Nigrisoli venne educato con molta severità. Studiò prima presso un istituto diretto dai padri Gesuiti e in seguito nelle scuole pubbliche: nonostante che in casa non mancassero persone di servizio, fu abituato a spazzolarsi ogni sera i vestiti e a riporli in un armadio, a lustrarsi le scarpe la mattina. Non aveva inclinazione per lo studio e dopo la licenza liceale avrebbe voluto iscriversi alla Facoltà di scienze agrarie per poi dedicarsi alla conduzione delle notevoli proprietà terriere della famiglia. Però, quando il padre gli chiese di iscriversi alla Facoltà di medicina, l'abitudine all'obbedienza prevalse ancora una volta. Nel 1946 un compagno di corso, Jacopo Galeffl, lo invitò ad accompagnarlo nel suo paese, Bagno di Romagna, per una festa. Lì conobbe quell'Ombretta Galeffl che quattro anni dopo sarebbe diventata sua moglie. Ombretta aveva la sua stessa età — erano tutt'e due del 1925 — e sebbene Carlo Nigrisoli fosse un bel ragazzo, notoriamente ricco, lei dapprima scoraggiò la sua corte: non era innamorata e vagheggiava d'incontrare un giorno un grande amore. Passarono molti mesi così, tra lui che insisteva e Ombretta che esitava. Infine, quando la ragazza — bruna e bella, modesta e intelligente — si decise per il sì, sorsero difficoltà dalla parte dei genitori di lui: avevano pensato a un grande matrimonio per il loro Carlo, con una signorina di casato analogo, elegante e brillante, persino ambiziosa e capace di modificare la tendenza di Carlo a una vita in ombra, appartata. Il matrimonio avvenne nel 1950 e nacquero tre figli: Guido nel 1951, Raffaella nel '54 e Anna nel '61. La giovane famiglia abitava in un appartamento annesso alla «Casa di cura Nigrisoli », dove Carlo svolgeva la sua attività di medico chirurgo sotto la direzione del padre, il professor Pietro. I primi anni trascorsero felici. Ombretta, abituata alla vita di un piccolo paese si era portata con sé a Bologna il suo mondo provinciale, e perciò accudiva alla casa con l'aiuto di una donna a mezzo servizio, spendeva con parsimonia, frequentava raramente riunioni mondane: per essere contenta le bastava sentirsi accanto il marito e i figli. Quanto a Carlo, appariva soddisfatto: nella moglie e nei figli trovava un compenso sicuro, tranquillo, alla sua mediocre carriera di medico. Poi, intorno al 1957 (Carlo aveva dunque 32 anni), cominciò a cercare altri compensi, fuori di casa. Due specialmente: l'unione con altre donne e corse spericolate in automobile. Nell'ottobre 1958, non bastandogli più gli incontri con donne occasionali, tras¬ se fuori da una casa equivoca una giovane e la mantenne per tre anni dandole un mensile di 100 mila lire: qualche volta andavano insieme a un cinema e anche insieme fecero viaggi di piacere. Si separarono nel settembre del '61, quando Carlo Nigrisoli passò a un altro amore, assai più sconvolgente. Alcuni mesi prima un amico in- dustriale gli aveva recato in clinica una sua impiegata pregandolo di visitarla per via di un inizio di esaurimento nervoso. L'impienata si chiamava Iris Azzali, aveva 22 anni, era bionda, molto bella, nata a Lizzano in Belvedere. (Più tardi i cronisti la battezzarono ». la Kim Novak di Casalecchio » dalla località dove la rapaxza viveva con i genitori: in una grande fotografia di allora, in costume da bagno, ci si mostra con lunghi capelli sciolti sulle spalle, un viso ovale e fossette sulle guance, occhi arguti, una dentatura splendida, e un corpo slanciato, ben tornito). Nel settembre '61 Nigrisoli e la Azzali divennero amanti. Fecero viaggi a Roma e a San Martino di Castrozza, e gite nei dintorni. Di colpo la ragazza scesa in città dall'Appennino tosco-emiliano si trovò trasportata in un altro mondo: un professionista ricco e di 14 anni più anziano di lei che l'amava alla follia, regali consistenti, locali notturni di lusso, ottimi alberghi in località famose, tanti fiori. Acquistò una utilitaria, a Casalecchio l'ammiravano non più per la sola bellezza, ma ora anche per l'eleganza. Un anno dopo i primi screzi. La ragazza si disse che, si, era tutto piacevole, ma quella storia con un uomo sposato non poteva durare per sempre: e perciò tanto valeva mettervi fine subito. Un giorno lo scrisse al Nigrisoli. Lui le diede appuntamento in una piazza della città e mostrandole una pistola le disse: < O tu o lei », volendo dire che era intenzionato a uccidere la ragazza o la moglie. Aggiunse: « Se tu mi lasci, io ti ammazzo ». Appariva fuori di sé, la Azzali, per paura o per pietà, acconsentì a riannodare la relazione. Poi tornò subito a pentirsi, a rifiutarsi. Più il medico sentiva la ragazza distaccarsi da lui, più diventava violento e ossessivo, un amante impossibile, un uomo al limite della pazzia. Nel febbraio del '63 Iris Azzalì telefonò al Nigri-|soli che era decisa a non in-|contrarsi mai più con lui. Neljcuore e nel cervello del me-i dico scoppiò allora una tem-iciiiiiriiiiiriiiiiti iFtiiiiiiiiiiiiitsiiiri iiti pesta rovinosa. Un giorno, era il 20 febbraio, deluso dai tentativi fatti per rivedere la amante, rivelò alla moglie che lui aveva trovato «la donna ideale », che l'amava perdutamente e che senza di lei non ce la faceva a vivere. Furono giorni d'inferno in casa dei Nigrisoli. Lui smaniava, diceva che c'era una unica soluzione, uccidersi. In¬ fine, quattro giorni dopo, persuase la moglie alla peggiore delle umiliazioni: la convinse a telefonare alla Azzali e a supplicarla di riunirsi con lui. Si conoscono le parole pressoiiitiiiiitiif iiciirtiiiitCTitiiiiiiiiiiiEiirtiiTiiiii che testuali di quella telefonata: < Signorina, conosco la sua relazione con mio marito... Carlo stanotte ha tentato di uccidersi per lei... non lo abbandoni, non voglio che muoia il padre dei miei figli... Continui, la prego, la relazione con mio marito... lo faccia per i miei tre figli ». Il marito era là. a controllare e a suggerire le parole, ma a un certo punto la moglie concluse la telefonata con una frase di sua iniziativa: «.Signorina, lei ha rovinato una famiglia-». Iris Azzali rimase stupita, poi chiamò al telefono Nigrisoli per sapere se la telefonata era autentica o uno scherzo di qualche amica. No, era autentica. Il medico aggiunse che la moglie era malata di cancro al petto e che entro due mesi si sarebbe saputo verso quale epoca sarebbe morta. Poi domandò: « Io ho tre figli, ma tu sei disposta a sposarmi lo stesso f ». Lei rispose di sì, tornarono a incontrarsi, il Nigrisoli le disse che aveva tentato di uccidersi « perché io non posso fare a meno di te e se tu mi abbandoni di nuovo, io mi ucciderò v. Per vieppiù convincerla, le mostrò due fiale dicendo che contenevano un ve |leno sicuro. Tuttavia, se la ragazza 'k per là si lasciava persuadere a continuare come prima, poi tornava sempre a pentirsi: non amava più quell'uomo, anzi le faceva paura, rivoleva la sua libertà. Il 10 marzo, dopo un mancato appuntamento, il Nigrisoli scrisse alla Azzali 1 una lettera colma di dispera zione: « l. ei l'unica mia compagna della vita e sarai l'unica. Voglio solo te... Ti prego, aiutami, aiutami, se no casco 'jn un baratro. Ti amo tanto lo ti prego di pazientare an¬ cora con me per un paio di mesi ». Lo stesso giorno il Nigrisoli mandò una lunga lettera anche alla madre dell'Azzali pregandola appassionatamente di convincere la figlia a tornare con lui. Anche in questa lettera c'è una frase compromettente per Nigrisoli: « Porse avrei fra qualche tempo potuto sposare la Iris e per questo l'avevo pregata di stare con me ancora un paio di mesi ». Il Nigrisoli chiedeva dunque un paio di mesi per potersi districare dalla situazione in cu: si macerava. Tuttavia, secondo l'accusa, per liberarsi della moglie e rendersi così disponibile al matrimonio con l'Azzali, al Nigrisoli bastarono solo quattro giorni: gli eventi precipitarono all'improvviso, egli si vide costretto ad anticipare a precipizio il delitto che aveva in mente e che s: proponeva di rendere perfetto. Cosi sostiene l'accusa. Le lettere surriferite sono del 10 marzo e un po' prima della mezzanotte del 14 marzo Ombretta Galeffl moriva fra atroci sofferenze. Ora a più di un anno e mezzo di distanza da quei fatti, è il ricordo di quel che Ombretta Galeflì fece e disse nei giorni e nelle ore precedenti la sua morte, che costituisce nelle mani .Ha Giustizia il più pesante materiale di ac cusa contro l'imputato Nigri soli. Attraverso gli atti giudiziari la donna morta accusa 11 marito con tanta insistenza a n e . a ed esattezza di particolari che è davvero difficile non credere a lei, e dare invece credito a Carlo Nigrisoli che si dice innocente, e continua a sostenere che fu la moglie stessa a togliersi la vita con un veleno. Nicola Adelfi Una rara foto di Carlo Nigrisoli, a sinistra, nel cortile del carcere a Bologna pesta rovinosa Un giorno era che testuali di quella telefoed esattezza di particolari che Una delle ultime fotografie, scattata in montagna, di Ombretta Galeffi la moglie del dott. Carlo Nigrisoli iiiiitiiiiiciiii fi iriititJiiTiiiiixiiitiiiitiii iiiiiiiiiiiiiriiiifiiii rtir rir iiiiiiitiii

Luoghi citati: Bagno Di Romagna, Bologna, Casalecchio, Lizzano In Belvedere, Roma