L'economista punito perché aveva ragione di Alberto Ronchey

L'economista punito perché aveva ragione È morto Eugenio Varga, vittima di Stalin L'economista punito perché aveva ragione Eugenio Varga, il più celebre economista del mondo sovietico, è morto all'età di 8j anni. E' lecito considerare il suo nome al vertice delle celebrità dell'Urss in campo scientifico, sebbene l'Enciclopedia sovietica gli dedichi appena ventitré righe, poiché egli, dopo essere stato a lungo onorato nella Russia di Stalin, ebbe quasi una sorte galileiana, vittima del pensiero economico. Ora Varga è scomparso al tramonto di una epoca dell'inteUighenàja comunista: l'èra dogmatica del Buio a mezzogiorno. Ala la sua vicenda resta memorabile. Nel 1946, Varga aveva studiato, alla luce dell'esperienza, gli sviluppi rooseveltiani c keyncsiani dell'economia occidentale, i mutamenti prodotti dalla guerra e dalle ondate della rivoluzione tecnologica, concludendo che nel nuovo capitalismo non erano più inevitabili le grandi depressioni cicliche. Egli si atteneva ai fatti, segnalava che qualcosa nel mondo era cambiato, anche se tale conclusione imponeva di riesaminare le opinioni convenzionali ereditate da Marx, Hobson, Rosa Luxemburg, Lenin. Ma nasceva proprio in quegli anni una nuova teoria di Stalin,' secondo la quale non solo restava ferma la dogmatica tradizionale, bensì poteva giudicarsi imminente la crisi del capitalismo e persino l'esplosione delle « contraddizioni interne dell'imperialismo» sotto forma di guerre. Oggi sappiamo come sono andate le cose. Aveva ragione/ Varga: s'è avuta appena qualche « pausa » economica ad alto livello, l'America e l'Europa hanno prosperato attraverso le vicende del piano Marshall, del Mec, del boom californiano e di quello texano. Gli Stati Uniti hanno conosciuto il più lungo periodo d'espansione quasi ininterrotta della loro storia. Ma allora, fra il 1946 e il 1949, il Bohcevik e la Pravda accusarono Valga di « gravi errori di natura riformisra borghese »; egli fu destituito dalla direzione dell'aulico Istituto moscovita d'economia mondiale e in seguito venne obbligato alla « autocritica» rituale in quegli anni, ossia a proclamarsi in errore contro oghi persuasione. Non si può certo dire che tale episodio abbia avuto il peso della ritrattazione imposta a Galileo circa il sistema copernicano; ma nell'ambito minore e solo mondano che interessa il materialismo dialettico, l'interdetto che colpì le teorie di Varga segnò un ferreo momento inquisitorio della cultura sovietica. Eugenio Varga non era russo. Nato in Ungheria, era divenuto comunista nell'euforia dei primi giorni di Bela Kuit. Quella rivoluzione del '19 appariva libertaria e persino festosa, esponeva cartelloni cubisti per le vie di Budapest, veniva seguita con commozione dagl'intellettuali ribelli al feudalesimo agrario mitteleuropeo, al suono della « Marsigliese » più che dell'» Interna zionalc ». Varga fu commissario alle Finanze di Bela Kun mentre già i contadini, ancorché sot tratti ai « feudali », rifiutavano di scambiare i loro prodotti con tro carta moneta. Quando l'ani miraglio Horty salì al potere, col suo terrore e i suoi « po grom », Varga fuggì a Vienn; e di là a Mosca, dove prese la cittadinanza sovietica. Dopo essersi fatto cittadini elettivo del « comunismo di guerra ». della patria dei piani economici a tappe forzate e de culto di Stalin, allorché gli eserciti di Zhukov e Koniev ebbero spezzato nel '45 il cosiddetto « accerchiamento capitalistico », invocato già per anni a motivo della legge marziale, anche Varga dove pensare, come molti in Russia, che l'età dispotica era finita. Ma proprio allora, sopraggiunsero i più dispotici « ukaze » di Stalin e Zhdanov sulla cultura e la scienza. L'aspetto più amaro della vicenda di Varga è che non solo nel '49 egli dove pronunciare un'autocritica sui risultati più maturi dei suoi studi, ma che proprio alcune settimane or sono, prima di morire, col suo ultimo saggio ha dovuto pronunciare l'autocritica dell'autocritica: ossia condannarsi, questa volta, per aver subito l'imposizione del '49. Lina sola soddisfazione avrà avuto: quella di vedere che ormai lo sviluppo del pensiero nell'ambito della sua scienza economica e di nuovo in moto anche nel mondo comunista, con le teorie revisionistiche di Libcrman, Trapeznikov, Silk. E' stata già scritta in Russia qualche storia del despotismo sulla letteratura e le arti; ne testimonia fra gli altri llia Lhrcnburg nella sua autobiografia, concepita sul modello dei Mémoires francesi. Sappiamo come scomparvero Babel, Meierhold, Mandelstam, come si uccisero Ese- nin e Majakovskij, conosciamo sette versioni sull'oscura morte di Gorkij e le peripezie di chi non fu materialmente «schiacciato sotto le ruote » : da Eiscnstein, che vide interrotta dalla censura la lavorazione dei suoi film, agli infortuni di Pudovkin c Shostakovic e agl'incubi di Ehrcnhurg. Ma è mancato finora un « testimone del tempo » che rappresentasse il travaglio della scienza sotto la monarchia assoluta staliniana. Quando anche tale storia verrà scritta, un capitolo spetterà senza dubbio alle teorie imposte a biologi e genetisti, un altro ai patimenti dei filologi, un altro ancora alle sciagure degl'inventori sospetti, come Andrei T11polcv, il grande costruttore di ' 11 ' 11 i 111 n 1111 n t n n n i n n i n m 11 m 111 m i r aerei, padre del «TU-104» e del «TU-114», imprigionato innumerevoli volte e ogni volta rilasciato dietro l'omaggio d'un nuovo progetto di aereo a Stalin, così come nel Cinquecento il Gcllini poteva liberarsi da Castel Sant'Angelo dietro l'offerta ai potenti d'una saliera scolpita in argento. Ma il capitolo essenziale sarà, senza dubbio, quello su Varga, rappresentante della scienza medesima dalla quale e nato il marxismo: una scienza che assai più liberamente potè esprimersi con Carlo Marx sulla Rhcinische Zeitung della borghesia renana, di quanto ha potuto esprimersi fino a ieri su Voprosi Ekonomiki, a Mosca. Alberto Ronchey i u h 11111:11111 ti 111 n 1111 < 11 < m 11:1111 n 111 i ! 111:111 m 111 i