«Il Cnen non era la mangiatoia di Ippolito ma l'ente che operava per il bene del Paese» di IppolitoGigi Ghirotti

«Il Cnen non era la mangiatoia di Ippolito ma l'ente che operava per il bene del Paese» JPaWa II px*imo diliexisore , l'awocmto AUalio Gatti «Il Cnen non era la mangiatoia di Ippolito ma l'ente che operava per il bene del Paese» La difesa ricorda l'elogio fatto pubblicamente dai ministri al Cnen che in pochi anni portò l'Italia molto avanti nella ricerca nucleare « Si accusa Ippolito di avere sperperato? Nel '62-'63 l'ente ha speso 20 miliardi, la Germania Occidentale cinquanta, la Francia duecento, gli Stati Uniti 1200 miliardi » - L'imputato chiedeva 140 miliardi per i prossimi cinque anni: il nuovo piano ne prevede 162 - Appassionato esame dei fatti per provare che l'ex segretario non aveva esautorato nessuno e per sostenere che le perizie sul suo operato sono state compiute da persone che non avevano competenza specìfica - Conclusione: non si tratta di scandalo, ma di intrighi politici (Dal nostro inviato speciale) ' Roma, 5 ottobre. L'avvocato Adolfo Gatti si aggiusta la toga sulle spalle: una schìaritina di voce, e poi nel silenzio attento e curioso dell'aula, il difensore attacca la sua arringa. Si volta la pagina, si rovescia il ritratto che per molti mesi è stato esposto all'opinione pubblica: Felice Ippolito funzionario megalomane, peculatore senza scrupoli, arrivista senza moderazione. Oggi la difesa restituisce Felice Ippolito al novero degli uomini, che hanno lavorato febbrilmente, in questi anni, e non solo ad insaccare quattrini ingordamente. « L'accusa — esordisce Adolfo Gatti — non è riuscita a liberarsi dagli errori iniziali, malgrado le rivelazioni del dibattimento, che sono state gravi e spesso sconcertanti. L'accusa ha dimenticato quei fatti che costituiscono la spiegazione, la dimensione, l'effettiva sostanza del processo. L'unico modo per ricostruire la verità, è di ricordare le regole, i principi, i fatti che l'accusa ha dimenticato. « Ascoltate: il 3 marzo 1964, il ministro dell'Industria e Commercio, sen. Medici, rispose alle interpellanze che da ogni parte volevano conoscere la verità sul Cnen, rassicurando sulle realizzazioni di questo ente e deplorando che l'Italia non avesse saputo mettere a disposizione della ricerca scientifica le somme necessarie. In quel momento il ministro Me dici, presidente del Cnen, si accingeva a chiedere uno stanziamento di 162 miliardi per il prossimo quinquennio. Il mi nistro proseguì il suo intervento lodando l'opera svolta in dieci anni dal Cnrn e dal Cnen, nonché da coloro che di questi enti erano stati a capo E' il 3 marzo 1964. < Lo stesso giorno il procuratoro generale della Corte di Appello di Roma, dott. Luigi Giannantonio, ordinò la cattura di Felice Ippolito. Vi è, in questi due atti accaduti contemporaneamente, uno stridente contrasto. Da una parte un ministro che loda Ippolito, dall'altra tiri procuratore generale che lo arresta. Ma chi ha ragione? Interroghiamo il mi nistro Colombo, il quale per tre anni fu presidente del Cnen. Colombo ha detto che l'opera del Cnen è stata mot to importante per l'Italia e ha ricordato i riconoscimenti che anche dall'estero, anzi princi palmente dall'estero, sono venuti al nostro paese ». Adolfo Gatti ha delineato anzitutto, il campo di manovra: prima di tutto, ricostruire la scena qual era al momento dello « scandalo ». Il difensore ricorda le origini dell'attacco al prof. Ippolito: prima, fu una nota polemica dell'on. Saragat a muovere le acque; poi, immediatamente, fecero eco i giornali delle opposte tendenze. « Il segretario d'un partito che non nomino approfittò dell'occasione per contrapporre l'industria privata a quella pubblica, e per chiedere elezioni anticipate». Ippolito, negli anni passati, era stato uno dei protagonisti della lotta per la nazionalizzazione delle fonti d'energia. Quando il procuratore generale Giannantonio cominciò ad interessarsi del Cnen infuria va la polemica politica intorno alla persona di Felice lppoli to. Calunniatori e delatori lavoravano a ritmo pieno, i <nanazionalizzati* scaricavano tutti i loro veleni. A queste fonti s'abbeverò il magistrato, e l'al- tra fonte fu il rapporto redat-j co da quattro senatori democristiani, guidati dal sen. Spagnolli, che agirono all'insaputa dei loro colleghi, e che, comunque, non presentarono mai il loro rapporto al Parlamento. Perché? Perche era riservato, spiegarono i senatori in questione. Ma riservato a chi', si domanda l'avvocato Gatti. Riservato al ministro Colombo, no: il ministro non ne sapeva assolutamente nulla: « Noi non diciamo che si voleva colpire il ministro Colombo alle spalle, con quel rapporto. Ma chiediamo che questo documento sia estromesso dal processo. Esso è fondato sulle dichiarazioni del prof. Ferretti, un uomo mosso da astio personale contro Ippolito, e su quelle del prof. Silvestri, consulente nucleare della Edison. « Noi siamo al centro d'una manovra politica che ha per cardine e per tramite Felice Ippolito: questa è l'essenza del processo. Il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Roma leggendo i termini di una manovra politica, non si è posto cautamente in guardia, ma li ha creduti integralmente verità obiettiva, ed ha alzato la spada della legge su Felice Ippolito. Certo egli era convinto di seguire le esigenze della giustizia e inconsapevole di essere caduto, per buona parte, in un inganno e probabilmente in un tranello. Nasce cosi contro Felice Ippolito una intransigente volontà punitiva che è frutto certamente di un sentimento più che rispettabile ma che è pesantemente condizionato dalla propria origine sorta sull'onda di uno scandalo politico ». Il difensore, contrattacca con vigore sul terreno dell'efficienza del Cnen, che come sapete è stata negata dal Pubblico Ministero: « Lei, signor Pub blico Ministero, si è occupato anche dell'attività del Cnen: sostenendo che questo ente ha fatto poco e male. Le ricordo che nel 1953 quando il Presi dente degli Stati Uniti disse che era necessario fornire gli altri Stati di energia nucleare noi non avevamo nulla. E ora? Ce lo dice il ministro Medici: " Abbiamo portato a termine importanti fondamentali programmi di ricerca; abbiamo a Bologna macchine elettroniche fra le più potenti d'Europa abbiamo le centrali nucleari del Garigliano, di Latina, di Trino Vercellese, alla realizzazione delle quali ha contribuito l'esperienza del Cnen ". < Il Pubblico Ministero — 7t<i aggiunto Gatti — ha parlato di sperpero del pubblico dena ro. dimenticando che gli altri paesi hanno speso per le ri cerche nucleari un minimo di tré volte e un massimo dì dieci, venti, cinquanta voi te più di noi. Nell'esercizio '62-'63 sono stati spesi 'n Italia 20 miliardi; in Germania ne sono stati spesi 50. in Francia 200. non parliamo degli Stati Uniti dove sono stati spesi 1200 miliardi. Ecco che cosa bisogna fare per rag giungere l'obiettivo che non i " la mangiatoia di Ippolito " come ha detto la Parte Civile, ma il benessere del paese » Confi alla mano: ciò che suscitò scalpore e scandalo fu la proposta di Felice Ippolito (l'assegnare al Cnen, per prossimi cinque unni, la som ma di l!i0 miliardi. Fu quella la mossa che perdette Ippo lito. Ma che si legge ora sui documenti ufficiali? Il nuovo presidente ilei Cnen chiede 'il Parlamento ir,2 miliardi. Il difensore rivendica agli uomini di scienza (che il Pubblico Ministero ha cercato di squalificare) il pieno diritto d'essere ascoltati e creduti, quando parlano della buona organizzazione dell'ente e della sua rispondenza ai fini che si proponeva; e quindi apre un'altra prospettiva sul tormentato campo di questa battaglia giudiziaria: la critica al l'istruttoria. Dice il patrono che le violazioni ai diritti del la difesa compiute in questa fase sono state tali e tante che persino l'opinione pubblica ne è stata scossa. L'avvocato Gatti ha portato l'attacco contro il cuore stesso dell'accusa, il cosiddetto predominio assoluto: poco resteebbe in piedi delle imputazioni elevate contro di lui, se si accettasse per dimostrato l'assunto del Pubblico Ministero, cioè che Felice Ippolito faceva e disfaceva a suo piacimento, dentro il Cnen, incurante dì leggi, di superiori e ili inferiori, e di controllori. Una delle deposizioni principali contro Ippolito è quella del dott. Aldo Alberto Berruti, della Commissione ministeriale che indagò per mandato del ministro Togni sull'operato del prof. Ippolito. Il dott. Berruti, vecchio funzionario piemontese, per dieci anni capo di gabinetto del ministero dei Trasponi, è legato a concezioni che risalgono allo Stato giolittiano. Allorché fu creato il Cnen, e posto sotto la guida del ministro Colombo, il legislatore voleva qualcosa di nuovo, di dinamico, di completamente svincolato dai vetusti principi contabili che regolano ogni altra branchia della pubblica amministrazione. Esiste una contrapposizione tra due mondi: quello di Berruti, che si riflette nel chiuso del passato, e quello del ministro Colombo, che si proietta nel futuro e s'addentra in un campo assolutamente nuovo, com'è la ricerca nucleare per i fini dell'evoluzione economica del Paese. Mutano i rapporti umani, mutano le regole della vita collettiva, mutano anche gli strumenti con cui lo Stato interviene nella realtà: il Cnen era uno di questi enti nuovi, tm-| pegnato a raggiungere obicttivi in un settore del tutto inesplorato. Al suo segretario generale doveva essere riconosciuta una certa autonomia, del tutto ignorata itegli enti tradizionali. In questi Jimtii si detono identificare i poteri del segretario generale Felice Ippolito, il quale — sostiene il difensore — ha voluto raggiungere < un solo obiettivo, il bene ed il prestigio dell'ente, cioè il be ne e il prestigio del nostro popolo e non quello personale » Ed eccoci alla tesi del « predominio assoluto » che Felice Ippolito avrebbe conseguito nel Cnen: il ministro Colombo, il fisico Arnaldi, il chimico Caglioti, il direttore dell'Enel, Angelini, il prof. Solvetti e altri componenti della commissione direttila negano d'essere stati degli irresponsabili, quasi dei fantocci nelle mani del prof. Ippolito: ma perché dovrebbero mentire, questi testimoni? La verità, secondo l'oratore, è un'altra: l'accusa * deve » sostenere che Ippolito esautorò tutti, perché diversamente dovrebbe portare in giudizio almeno altre venti persone. * Questo, dell'esautoramento degli organi di controllo è una " trovata " contro la quale noi insorgiamo con forza! I sessantacinque addebiti mossi a Felice Ippolito ruotano tutti intorno all'accusa di aver sof¬ fvrrbstce focato la commissione diretti va, d'avere imposto la sua ti rannia all'Ente. Tutti gli er rori, tutti gli arbitrii che sareb bero stati commessi al Cnen, secondo l'accusa, sono da at tribuire ad Ippolito. Noi prò clamiamo che Ippolito non ha eliminato alcuna autorità e* * alcun potere degli organi del Cnen e non ha esercitato alcuna tirannia; per cui o gli arbitrii, gli abusi, gli errori non sono tali perchè rappresentarono l'espressione di una volontà degli organi direttivi, o sono opera di chi li ha fatti e non del segretario generale». E' in discussione il famoso decreto che autorizzava Ippolito a contrarre impegni fino a 100 milioni: Ippolito, organo esecutivo del Cnen, doveva attenersi a questo decreto. Il decreto era firmato dal suo presidente, il ministro Colombo: come poteva pensare che un giorno quella delega sarebbe stata ritenuta un atto illegittimo? La commissione direttiva si riunì solo otto volte in tre anni: e Ippolito che c'entra? Erano i continui impegni del ministro a impedire una più intensa attività dell'organo direttivo dell'Ente. Quanto ai revisori dei conti, il torto di Ippolito, secondo il difensore, fu di applicare la legge nella sua interpretazione pi'i autentica: il ministro gli diceva che i revisori non do vevano essere presenti alle se ditte della commissione direi tiva. Ippolito si adeguò: l'ope ra dei revisori non fu mai ostacolata: i verbali stesi da questi controllori sono ben quarantasei. Nei confronti del rappresentante della Corte dei Conti, l'attuale giudice costituzionale Benedetti, il difensore ricorda che Ippolito si com portò sempre < come un perfetto gentiluomo », secondo la deposizione dello stesso Benedetti. In quanto ai rapporti con il ministro, l'avv. Gatti ricorda che lo stesso on. Colombo, in aula, dichiarò che Felice Ippolito non aveva mai tradito la sua fiducia. Il Pubblico Ministero ha parlato di tirannia, inganno, frode di Ippolito ai danni dell'on. Colombo. < Ma questo argomento è stato appena sfiorato dall'accusatore nella sua corsa travolgente». «Il ministro Colombo — dice l'avv. Gatti — è un uomo di prim'ordine, eccezionalmente capace e volitivo. Non è né un fantoccio nelle mani d'Ippolito né la vittima delle sue male arti ». Il ministro afferma che il prof. Ippolito non superò mai i limiti delle sue attribuzioni: nella volontà del legislatore il segretario generale doveva essere una figura nuova di funzionario, equiparabile al dirigente di una grande azienda industriale, ad un consigliere d'amministrazione, come hanno precisalo autorevoli testimoni. Questo funzionario ha realizzato i fini che l'Ente si preponeva, « e perciò Felice Ippolito è stato privato della libertà personale, gli sono state messe le manette, è stato imputato in questo processo », conclude amarissimamente il difensore. L'avv. Gatti ricorda che per due mesi l'imputato odierno cercò d'incontrarsi con il suo nuovo ministro, l'on. Togni, senza riuscirvi: di qui è sorta una pesante accusa, d'avere stipulato di sua iniziativa un accordo sindacale con il personale del Cnen, che importò un onere di trecento milioni. E siamo alle perizie: insinuazioni deplorevoli, giudizi incompetenti viziano l'opera dei contabili incaricati di rivedere le carte del Cnen. Ma su questo punto, l'avv. Gatti ha chiuso per oggi la sua fatica. Domani, e forse anche dopodomani, l'arringa continuerà esplorando altri filoni di questo colossale « caso ». Gigi Ghirotti L'intervento dell'avvocato difensore Gatti ieri al processo Ippolito. A sinistra iprof. Girolamo Ippolito, padre del principale imputato (Tel. ((Associateci Press»tra fonte fu il rapporto redatj uomini di scienza (che il Pubfocato la commissione dirett