"Port Royal,,: un capolavoro di storia e di poesia religiosa di Francesco Bernardelli

"Port Royal,,: un capolavoro di storia e di poesia religiosa Dito dei più atti contributi alia cultura moderna "Port Royal,,: un capolavoro di storia e di poesia religiosa Sainte-Beuve si accostò da letterato ai protagonisti del giansenismo - Ricostruì, studiandoli, tutto il Seicento europeo - Ma il fascino mirabile dell'opera sta soprattutto nel turbamento dell'uomo di fronte ad una fede che non può accettare Nell'estate del 1837 Sainte-Beuve fa un viaggio in Svizzera. Ha il cuore malato, un tedio infinito lo accompagna, è fiaccato da quello che rimarrà il grande incontro della sua vita. La moglie di Victor Hugo, Adele, dopo deliri e affetti e sogni, non è più per lui che il passato irripetibile, ciò che si è avuto, e non si potrà avere mai più. SainteBeuve non era soltanto una intelligenza sovrana, era una sensibilità acutissima, sommessa e desolata. Le sue poesie crepuscolari esprimono più o meno bene questa intimità gelosa e patetica; il romanzo Volupté descrive in modo affascinante le incertezze di uno spirito fra le tentazioni della vita e le aspirazioni ideali. Sainte-Beuve era forse tendenzialmente religioso, ma non era un cristiano. Si era illuso di esserlo, l'ambiente e la coltura della Restaurazione, la frequentazione di Lamennais, il legame stesso con Adele che volentieri slittava in stravaganti e troppo profane ricerche del divino, lo. avevano sospinto a una specie di vago pietismo. Ora che il crollo amoroso coincide col suo allontanarsi dalle suggestioni romantiche, Sainte-Beuve si scopre qual è. In Svizzera visita Ferney, a Vevey rammemora Saint-Preux e Julie, pranza a Coppet, si incontra con l'amico Juste Olivier. Ragione e temperamento Fin dal '34 Sainte-Beuve si era occupato di Port Royal, di questa singolare avventura religiosa del Seicento francese. A opera compiuta scriverà che, all'inizio, aveva voluto soprattutto en pénétrant le mystère de ces àmes pieuses, de ces existences intérieures, y recueillir la poesie intime et profonde qui s'en exhalait. E la poesia è rimasta, lievito incomparabile del li bro famoso; ma in quanto a lui, personalmente, gli toccò invece una disfatta. Ca pi meglio, da vicino, le esigenze, i rigori della religio ne, valutò senza ipocrisia il Cristianesimo nella sua nu dita, nelle scelte che impone, e distinse bene, in se stesso, con il rifiuto l'azionale della fede, un'irresistibile avversione di temperamento. Cercando Pascal, gli avvenne di trovare anche più vivo e irresistibile Montaigne. Di ricerche e meditazioni che così intensamente lo impegnavano non potè non parlare con l'amico Olivier, il quale gli propose di trarne un corso di lezioni per l'Accademia di Losanna. Po co dopo, nell'autunno dello stesso anno, Sainte-Beuve giungeva nella città svizzera con un carico di 600 volumi, si chiudeva per mesi in una stanza d'albergo sempre elaborando e rielaborando i suoi materiali, il 6 novembre saliva sulla cat tedra, e in ottantun lezioni (il corso finì il 25 maggio 1838) tracciava la struttura fondamentale del suo capo lavoro. Port Royal doveva essere compiuto e pubblicato inte ramente soltanto vent'anni dopo. Ora, quest'opera mi rabile è stata tradotta in italiano e pubblicata in due foltissimi volumi, con introduzione di Antoine Adam dall'editore Sansoni. E' un contributo di alta coltura una splendida occasione di letture e di studi, che non può assolutamente essere ignorata. « Tutto il secolo » Con Port Royal SainteBeuve non intese soltanto di scrivere la storia religiosa e letteraria della riforma giansenista, di illustrare le lunghe polemiche teologiche di giansenisti e gesuiti, e quei difficili problemi sui quali brilla, immortale, il genio di Pascal e l'ironia splendente delle Provinciales; non solo egli si proponeva di descrivere e farci comprendere con insuperata erudizione e finezza le dispute sulla Grazia e la predestinazione, e le cinque proposizioni attribuite a Giansenio, e la resistenza ascetica e mistica dei Solitari e delle monache del chiostro famoso che era apparso ben presto alle autorità ecclesiastiche in una luce sospetta ; Sainte-Beuve volle attrarre nel suo discorso l'intero Seicento. Port Royal, egli diceva, è un grande argomento : « Ciò che esso ha di. singolare in apparenza e di limitato in realtà non gli impedisce di tener testa a tutto il secolo ». Nell'atmosfera della Controriforma cattolica, nel fermento ricco vario discorde e complesso di quei decenni, vedeva stagliarsi con spicco e rilievo il profilo di Saint-Cyran, e pensava di potere indicare e raccogliere in una così tipica crisi sociale e psicologica tutte le circostanze generali e il moto stesso e il corso di una civiltà che si trasforma. Di questo suo vasto proposito gli fu fatto anzi un addebito, si osservò che, malgrado Pascal, « Port Royal non si trova sulla grande via regia che va da San ' Francesco di Sales a San Vincenzo de' Paoli, da San Vincenzo de' Paoli a Bossuet e Fénelon ». Ma, a sua volta, nell'ottima introduzione all'edizione italiana, Antoine Adam rimette le cose a posto, ribatte che se mai si dovesse parlare di una via regia, ossia di una via privilegiata del progresso umano in quei tempi, essa non andrebbe, pur nella gloria del trionfante cattolicesimo, da Francesco di Sales a Fénelon, ma piuttosto da Galileo a Newton. Così, come Sainte-Beuve l'ha composto attraverso infinite correzioni (ogni ritocco è tratto spirituale, fremito di improvvisa confessione). Port Rovai è davvero un'enciclopedia del secolo XVII, libro incomparabile, folto di digressioni letterarie, di ritratti perfetti. L'arte di Sainte-Beuve ritrattista è duttile, morbida; i suoi personaggi non sono tracciati a grandi linee, non cercano mai di fare tipo, di impressionare, ma a poco a poco si scoprono sempre meglio, sempre più a fondo, come avviene nella vita: ogni ritratto di Sainte-Beuve è una lenta, graduale rivelazione umana. La «santità» cristiana Galleria indimenticabile : Saint-Cyran, gli Arnauld, Nicole, Corneille e Racine, Montaigne Molière Malbranche Boileau; o, per toccare subito il vertice, Pascal, del quale è descritta la morte con tocchi di suprema bellezza : « Morì così, in una estasi di gioia, colui che ci figuriamo pieno di tristezza. Vi è in questa fine di Pascal come negli ultimi capitoli delle sue Pensées, un ardente languore, una compiacenza nel dolore che è la caratteristica della passione stessa. Egli è tenero e inebriato ». E' il momento più sensibile della compren sione e della pietà dello scettico Sainte-Beuve. Qui egli ha espresso tutto se stesso in una suprema no stalgia e sull'orlo di una suprema indigenza: un che di straziante, di dolce e fra1 terno, un affetto ineffabile che sa di adorazione e di rimpianto. Perché in Port Royal Sainte-Beuve fu soprattutto poeta; e la poesia gli fa va licare l'abisso delle diversità, gli suggerisce un meraviglioso caduco equilibrio, gelido e pur celeste, tra la fede e il rifiuto. Come la stu penda variazione sulla Santità, quella santità naturale che soltanto i greci conob bero in un'epoca felice ed eroica, santità ignara di peccato, armonia senza vizi che rifiorì come un ramo d'oro nelle mani del divino Platone. Ma dopo secoli di corruzione e disfacimento venne il Cristianesimo ? restaurare l'uomo e la sua esistenza, e la santità non fu più quella. Il Cristianesimo portò con sé un'idea più profonda e contrita, la malattia e la sofferenza divennero condi zione del cristiano e prezzo del riscatto. E Sainte-Beuve si domanda quasi spaurito : « Davvero ci troviamo davanti all'ultima forma di santità per il mondo t ». Una fantasia si sa, una fantasia per l'appunto poetica, ma nel trascolorare della poesia senti una remota aspirazione di purezza e una repugnanza ultima e totale: l'autore di Port Royal ti appare intero. No, Sainte-Beuve non aveva misconosciuto il Cristo, e anzi dal vagheggiamento cristiano si era mosso a interpretare il destino di Pascal. Povera creatura Pascal, che tremava nel silenzio degli spazi eterni, che temeva le attrazioni dell'infinito, e ricorreva a Gesù come all'Unico che potesse fermarlo, farlo consistere nella rinuncia, in una perfetta unità. Anche SainteBeuve si sentiva turbato, circondato da sensazioni tentatrici, troppo sottili e snervanti, anche SainteBeuve era fluttuante, incerto, deluso, inquieto. V'era nel suo fondo un che di dilettantesco? di gratuito? Certo non si toccano gli altari impunemente, egli!riconobbe poi; da quella ri cerca di cose sacre, dalla forzatura pietistica egli non trasse nulla di bene. Nella frequentazione delle anime dal <Juale s! irraggiarono, sante gli si rivelò intera 'a sua inadeguatezza, la sua impossibilità. Dal confronto con Port Royal, SainteBeuve uscì definito per sempre, desolato e acre per sempre, il Sainte-Beuve ormai del tutto filosofo naturale come Montaigne, come d'Alembert, come Diderot. Una disfatta senza dubbio, ma implicita, già scontata nel suo originario, fatale carattere di uomo. Forse Sainte-Beuve, che non misconobbe la vita cristiana, per lungo tempo non volle conoscere veramente, sinceramente se stesso. C'era in lui un vizio, un istinto primitivo che era anche delizioso dono dello spirito, il compiacimento nella iridata, irriversibile fuggevolezza del mondo. Ne venne a lui la poeticità vibrante, sfumata, contraddetta e lieve che tanto contribuì alla formazione della psicologia moderna. Fu il fascino di Port Royal con la grazia suprema di Renan, gli splendori e i crepuscoli delle Origines du Christianisme. Francesco Bernardelli

Luoghi citati: Bossuet, Fénelon, Svizzera, Vevey