La furia di Reder di Arrigo Benedetti

La furia di Reder VENTANNI FA, A MARZABQTTO La furia di Reder A Marzabotto cominciano le riunioni per onorare i 1830 cittadini uccisi durante la rappresaglia effettuata dal maggiore Walter Reder vent'anni fa. Convengono nel comune della valle del Reno delegazioni del mondo intero. Ricordando le vittime, si cercherà ancora una volta di capire perché avvenne. E' esponendo i fatti obiettivamente che, in attesa delle cerimonie che culmineranno il 28 settembre, anche noi cercheremo di rispondere alle inquietudini della nostra coscienza. Marzabotto, settembre. Quel settembre di venti anni fa, a giorni quasi estivi, ne seguivano altri grigi, invernali. Gli anglo-americani erano di là dal crinale e sembravano rassegnati a passarci l'inverno; ma quando, verso k fine del mese, il ió° Battaglione della i6a S. S. Panzer Granadier Division Reichsftìhrer, al comando del maggiore Walter Reder, si mosse, la gente rifugiata sull'altopiano pensò che gli alleati finalmente avessero deciso l'offensiva per arrivare a Bologna prima della cattiva stagione. « I tedeschi si ritirano », dicevano tutti, « e le S.S. vogliono tenere sgombre le strade... ». Sul pianoro ormai c'erano soltanto dei vecchi, delle donne e dei bambini, gente per lo più sfollata da Marzabotto, però alcuni venivano da Grizzana e da Vado. La maggioranza degli uomini validi avevano raggiunto la brigata « Stella Rossa »; quelli che non se la sentivano di stare in una formazione così agguerrita, cercavano di sottrarsi ai rastrellamenti e alle sparatorie nascondendosi nelle zone impervie. La guerra avrebbe percorso il fondo valle; i borghi lungo il Reno forse sarebbero stati distrutti. Chi si era rifugiato sull'acrocoro sapeva di andare incontro alla fame e al freddo, ma almeno era sicuro d'avere salva la vita. .Marzabotto, grosso borgo oggi in parte industrializzato, (ha circa quattromila abitanti e prima della guerra ne aveva seimila), è socialista per tradizione. Dopo la guerra del 't5-'i8, il Comune, nel cui territorio dall'inizio del secolo c'erano state lotte sindacali, ebbe un sindaco, Amedeo Nerozzi, che, costretto a scappare dall'Italia, fece il minatore nel Belgio, il contadino nella Linguadoca. Andato in Spagna, si arruolò nel battagliane « Garibaldi » e il o settembre del 1938 mori sulla Sierra Ca bals. Si faceva chiamare Mi traglia. Subito dopo l'armistizio del '43, a Marzabotto diventò famoso « Lupo ». Mario Musolesi, l'avevano chiamato così fin da bambino. Era stato fra i primi a raccogliere le armi abbandonate dall'esercito dopo l'8 settembre. Forse bisognerà difenderci, di cevano « Lupo » e i suoi amici, molti dei quali, reduci dalla Grecia o superstiti della campa gna di Russia, si sentivano tormentati da un pensiero oscuro che, a poco a poco, si chiariva e li esaltava. La guerra non era finita. Antiche tradizioni libertarie ricordi fino ad allora obliati di conflitti sociali, riaffiorando, si mescolavano ai propositi vendicativi dei reduci. « Lupo » interpretò con semplicità quei motivi complessi e confusi. « E contro di lui che marciano le S.S. », pensarono gli inermi rifu giatisi sul pianoro. Trepidavano per la sorte di quello che era il loro eroe, però si sentivano più sicuri. Grandi falò cominciarono a fiammeggiare nella notte fra il 29 e il 30 settembre. « Chissà, avranno acceso i fuo chi dei bivacchi » pensava la gente rifugiata nelle cascine lon tane dagli incendi; ma i fuochi diventarono sempre più nume rosi, segnarono il corso d'una avanzata: tutti i casolari vennero raggiunti, uno dopo l'altro. Sopravveniva una pattuglia, falciava gli abitanti del posto, appiccava l'incendio e proseguiva. Cominciò la fuga. Molti si nascosero nei burroni, nell'intrico della selva, nei fossi, dove vennero massacrati. Il sangue arrossava i prati, i cespugli, le piante, le acque dei torrenti. Tanti si raccolsero nelle chiese delle parrocchie e aspettarono pregando; ma le pattuglie li raggiunsero, uccisero i preti, mitragliarono gli altari. Spinsero la gente nei cimiteri, la falciarono col mitra, ammucchiarono i corpi dei morti e dei feriti, vi accatastarono mucchi di fascine, vi sparsero la benzina, vi buttarono le bombe incendiarie. Raggiunto un santuario, dopo aver ucciso coloro che vi si erano nascosti, misero in fila sul sagrato le statue di legno dei Santi patroni e fucilarono anche loro. La brigata « Stella Rossa » reagì con disperazione, gran parte dei suoi effettivi caddero, morì anche « Lupo », lo stesso giorno, non molto lontano, morì la sua fidanzata, Livia. Oggi è possibile ricostruire gli avvenimenti d'allora, ma resta difficile capirne il senso. Due anni fa. Renato Giorgi, sindaco di Sasso Marconi — un insegnante che, lasciata la scuola media, ha aperto una bella libreria, e che vent'anni fa comandò un gruppo di brigate partigiane intorno a Monte'" :rino — raccolse testimonianze terribili in un bel volumetto, edito dalVAvanti!: «Marzabotto chiama». Il fatto che il documento sia stato pubblicato anche in Germania ha un senso preciso; 1 tedeschi vogliono capire. Non si trattò di operazioni militari per proteggere le spalle d'un esercito; la strage, troppo meticolosa, folta di trovate macabre, non ebbe niente di guerresco. Forse, Walter Reder odiava gli italiani perché, sconfitti, avevano domandato l'armistizio; forse, la sua ferocia ha una spiegazione, diciamo così, razziale; ma deve esserci stato qualcosa d'altro. Uomini come Reder, nella loro follia compiaciuta, avevano una visione eccitante perché eccezionale. La forza di cui disponevano doveva dargli un senso di potenza smisurata che gli permetteva di compiere ciò che, mentalmente, avevano sempre sogna¬ * fllilllllllllllllillllil 111111 ■ 1111 ■ 11111111 » 1 to: fatti assurdi, disumani, e appunto per questo considerati sublimi. L'assurdo sta nell'età di tante vittime Novantacinque morti sotto i sedici anni, centodieci sotto i dicci anni, ventiduc di due anni, otto di un anno. Morirono Giorgio Bcnassi di sei mesi, Renzo Bulgari di otto mesi, Teresa Daini di un mese, Anna Ferretti di trentasci giorni, Giovanni Lafiì di ventotto giorni, Massimo Laffi di tre mesi, Italo Laffi di cinque mesi, Lucia Lanzarini di otto mesi, Paolo Lava di otto mesi, Jole Marchi di tre mesi, Gabriella Nanni di otto mesi, Franco Paselli di ventotto giorni, Alberto Corti di sedici mesi, Walter Cardi di quattordici giorni, Tito Lalli di ventitré giorni. Gli alberi sanguinavano, uomini e donne impiccati, legati ai tronchi e un bambino di tre anni venne impalato. Alle donne legate ai tronchi sollevavano la sottana, gliela facevano tenere fra.i denti, le seviziavano con un 1111m1 c 1111111111 • 1 ■ 11 ■ 1 • ■ 11 • 111 ■ 1111 ■ 11 ■ 1111 ; r 11111 m bastone. Quelle incinte erano sventrate. Interrogato da Renato Giorgi, Guerrino Avoni raccontò : « ...Erano quarantasei, tutte donne, srese sul terreno, a fianco a fianco. Quattro di esse, in evidente stato di avanzata gravidanza, avevano il ventre aperto in senso verticale ». Non osiamo andare oltre nelle terribili documentazioni. Ci furono degli stupri, fatti che in quegli anni feroci avvennero di rado L'ufficiale monco violentò una donna. Durante il processo, quando glielo imputarono, il maggiore Walter Reder, in un primo momento, negò, poi, messo a confronto con la vittima, disse: «...Non ricordo, non posso escluderlo; la sera prima, io, più degli altri ufficiali, avevo bevuto... ». Questa sommariamente, come la si può rendere in un articolo, la storia dei 1830 italiani uccisi venti anni fa nel comune di Marzabotto. Arrigo Benedetti in imi Minimum 11 ■ 1111 ti m ( 1 ■ 111111