Ciò che si può migliorare nella giustizia italiana di A. Galante Garrone

Ciò che si può migliorare nella giustizia italiana in margine ai convegno di Saint Vincent Ciò che si può migliorare nella giustizia italiana Spregiudicato riesame critico dell'assetto organizzativo - « Il giudice è egli stesso un pezzo della società» - Necessità di adeguare la certezza del diritto alla realtà d'un mondo in rapida evoluzione « Il giudice non è una macchina che produce giustizia, ma è egli stesso un pezzo della società » : in questa realistica frase del tedesco Franz Exner si compendia il senso del recente convegno di SaintVincent, su 1' amministrazione della, giustizia e la società italiana in trasformazione. La singolarità del convegno era data dall'incontro, piuttosto raro, di giuristi con sociologi, economisti, tecnici industriali, e dal palese intento di elaborare una serie di concetti che fossero da tutti accettati, e diremmo anche un linguaggio comune. Certamente, in questo accostamento di discipline eterogenee ci è parso di cogliere a volte qualche eccessiva baldanza, qualche ingenuità: come nel ncorso fatto a certi calcoli probabilistici per accertare la « bontà », l'esattezza delle decisioni giudiziarie (un ricorso peraltro risalente a illustri e lontani precedenti, che muovono da un Condorcet o da un Laplace) o nel considerare l'analisi quantitativa del comportamento dei giudici addirittura come una « nuova scienza », la cosiddetta jurimetries. Ma sarà bene che i giuristi, dal canto loro, dimettano una certa altera — e a volte perfino boriosa — sufficienza, e imparino a guardarsi attorno, a sentirsi, come diceva quel tedesco, frammenti della società. Da questo attivo ricambio di concetti e di esperienze, c'è tutto da guadagnare. Si pensi al problema della organizzazione della giustizia. Come esso possa e debba essere modernamente concepito, ce lo ha detto un tecnico di valore, l'ing. Gino Martinoli. Si tratta di vedere l'assetto organizzativo della giusti zia non nei suoi aspetti formali, ma nella sua realtà effettiva, e sottoporlo a uno spregiudicato riesame critico, secondo i criteri di prò duttività e di economia propri delle imprese industriali: naturalmente, non in senso monetario, ma in termini di efficienza, di ra zionale commisurazione dei mezzi ai fini, come si fa, appunto, per ogni azienda industriale. Con l'adozione di questi nuovi parametri, razionali e quantizzabili, non si misconosce certo il valore fonda mentale del potere decisorio, della scelta responsabile, che è funzione insosti' tuibile dell'uomo, e del gin dice in particolare; ma si allarga la visuale tradizio naie. Martinoli ha additato i molti mezzi offerti dalla tecnica, dei quali l'amministrazione della giustizia po tra opportunamente valer si. Non si tratta tanto del corredo strumentale di cui pure in pratica oggi si lamenta, da tutti, l'assenza: duplicatori e riproduttori di copie, registratori magnetici, macchine per stenografare, archivi per microfilm tutte cose che sembrano utopistiche solo per la spaventosa penuria finanziaria dell'amministrazione, ma che sono intrinsecamente ovvie e scontate. Di ben altro si tratta: per esempio, di un impiego più ampio e scientifico della statistica, concepita come rappresentazione viva e sintetica di una grande massa di dati, di disposizioni, di informazioni da raffrontare con i casi nuovi che via via si presentano. E perché non avvalersi anche — per tutto ciò che ha carattere di elementare manualità, di attività preparatoria — di calcolatori elettronici ? In realtà, e non solo in questi suoi aspetti organizzativi, tutta la macchina del la giustizia appare arruggi nita e arcaica. L'economia e la società si trasformano con un ritmo assai più rapido e impetuoso degli ordinamenti e delle strutture giuridiche. Un tempo, e massimamente nell'età feudale, questo divario tra la statica del diritto e la dinamica della società in costruzione non era quasi avvertibile. Ma nell'età moderna, e specialmente dopo la rivoluzione francese, col sempre più accentuato e agitato ripartirsi del potere tra gruppi e classi distinte, e con lo smisurato espandersi di nuove forze eco¬ nlqtdcctptcitgltdsqgnpdtpcfcafitmèstsltc nomiche messe in moto dalla rivoluzione industriale, quel divario si è fatto sentire, e ha posto il problema di creare strumenti giuridici adeguati alla realtà sociale. Altrove, e specialmente nei paesi anglosassoni (si pensi alla legislazione antitrust e alle sentenze delle corti nordamericane contro i monopoli e gli oligopoli) si tende a fare dell'opera della giustizia un fattore stimolante '— anziché paralizzante com'è spesso da noi — dell'economia e del progresso sociale. C'è ancora chi insiste, a questo riguardo, su una rigida contrapposizione tra il nostro sistema, fondato sul principio della « certezza del diritto », e il sistema evolutivo della common lavo nei paesi anglosassoni. Ma anche qui l'analisi dei rapporti fra giustizia e società induce a temperare e sfumare alquanto la nettezza e la definitività dell'antitesi. Intanto, c'è da chiedersi (come al convegno qualcuno si è chiesto) se il carattere assai più intensamente evolutivo della giustizia anglosassone non sia da porsi in relazione col ben più avanzato sviluppo economico e sociale di quei paesi, e se per¬ tanto non sia da ritenere che la rapida trasformazione della società italiana dovrà comportare delle riforme nell'apparato della giustizia, senza di che si produrrebbero tensioni e fratture troppo gravi tra il potere giudiziario e il paese. Ma a parte questi prevedibili sviluppi, anche nel nostro sistema fondato sulla certezza del diritto, sussiste pur sempre (e lo ha visto bene il prof. Castellano) un inevitabile margine di incertezza. Anche le nostre statuizioni giuridiche sono — per usare la bella espressione del Cardozo — delle « verità provvisorie, nate nel dubbio e nel tormento ». Di qui la possibilità, e anzi la necessità, per noi, di adattare l'esigenza della stabilità e della certezza del diritto al principio di evoluzione della società. Anche in un sistema rigidamente normativo come il nostro, è dunque ravvisabile un margine di discrezionalità. Per questo è legittimo parlare di una « ideologia della magistratura », per l'appunto operante in questo margine: uno dei temi più affascinanti affrontati dal convegno. Altro tema: la crisi della giustizia in Italia, e i suoi fattori: l'incertezza dei giù dicati, la lentezza dei giù dizi, il loro alto costo. Sono cose risapute: ma occorre studiare a fondo, statisticamente, la dimensione di questi fenomeni, e la loro incidenza economica. Certi fatti come la cosiddetta « fuga dalla giustizia » ( il ricorso ad arbitrati rituali e irritila li, l'intervento sostitutivo di partiti, sindacati, parroc chie, ordini professionali, ganghe varie), l'alta percen tuale di cause transatte o abbandonate, il sacrificio delle parti economicamente più deboli a tutto vantaggio di quelle più forti, l'enorme dispersione o pa ralisi della ricchezza mobiliare e immobiliare a causa del protrarsi delle cause civili (che per almeno due terzi hanno contenuto eco nomico) hanno cominciato ad assumere, per merito de gli studiosi convenuti i Saint-Vincent, una fisiono mia precisa. Uno di loro ha detto : « Bisogna avere il co raggio di guardare a viso aperto la realtà delle cose » Le deduzioni conclusive e le proposte di riforma verranno dopo, alla luce dei dati raccolti ed elaborati. A. Galante Garrone

Persone citate: Cardozo, Castellano, Franz Exner, Gino Martinoli, Martinoli

Luoghi citati: Italia, Saint-vincent