Uno spettacolo da luna park al festival musicale di Venezia

Uno spettacolo da luna park al festival musicale di Venezia Uno spettacolo da luna park al festival musicale di Venezia L'ultima novità : il «teatro dello spazio», programma di immagini proiettate su teloni con il commento di un nastro magnetico - Grande successo del balletto di Amburgo, con le coreografie di Balanchine (Nostro servizio particolare) Venezia, 12 settembre. Con il quartetto Novak di Praga, è giunta al Festival la voce musicale della Cecoslovacchia: una voce spregiudicata, moderna, indipendente, eppure legata, prigioniera quasi, agli svolgimenti della tecnica dodecafonica, il triste retaggio della musica occidentale. Quattro le composizioni cecoslovacche. Il quartetto per archi di Ilja Zeljenka in tre tempi, ci ha portato subito nel vivo del discorso festivalesco. L'unità espressiva, la costruzione logica, sono sostituite dalla frantumazione del suono, dall'uso innaturale degli strumenti. Dall'intrico polifonico della composizione salgono gemiti spettrali, scheletriche reminiscenze. Nel quartetto di Miloslav Istvan, in cinque parti, si avverte il tentativo di una organizzazione discorsiva. Fermenti etnofonici si traducono in liriche aspirazioni; alcune frasi arcaiche, danzanti, taluni effetti timbrici sottili, presentano un certo fascino, pur nella scoperta derivazione bartokiana, e nella pesante prolissità. Con « Contrasti > op. 27 di Zbynek Vostrak e < Clusterdynamika-glissando » di Ladislav Kupkovic, il breve spiraglio intrawisto con Istvan si è richiuso sopra un cielo plumbeo, in cui sono riapparsi le astrazioni più irritanti, i giuochi « informali > più noiosi con la serie di suoni strazianti, di lunghi accordi sterilmente aggressivi. La seconda parte del con-l certo comprendeva quattro la-i vori per clarinetto, con o sen-; za pianoforte, di autori ame-' ricani. La distanza da ogni, intento e risultato espressivo! è divenuta, con questo gruppo, incolmabile. Difficile descrive-, re, impossibile distinguere. As-j Bordanti, anzi laceranti funambolismi, lamenti ascendenti e discendenti, comatosi rantoli, osceni sberleffi, burleschi lazzi, si sono succeduti, con o senza l'aiuto del pianoforte. Il quartetto Novak (Antonin Novak, violino, Dusan Pandula, violino, Josef Podjuke viola, Jaroslav Chovanek violoncello) ha gareggiato in bravura con il clarinettista William O. Smith. Al pianoforte John Eaton, autore uni iiiiiu ululili i f i ■ n u min Ili Il con lui di due composizioni. AGunther Schuller e Larry Au- stin si devono le altre due. Tre novità, e la sinfonia In tre movimenti di Strawinsky, ha presentato Ettore Gracis in un concerto sinfonico, con l'orchestra della Fenice. Di Edgar Varese abbiamo ascoltato < Hyperprism >: a ottant'anni egli vorrebbe fare ancora « l'enfant terrible >. Riesce solo, qualche volta, a far più rumore degli altri. Hans Werner Henze ha presentato « Beino beauteous », un poema per soprano, quartetto di celli e arpa, su testo tratto da «Les illuminations » di Rimbaud. Particolare l'attesa, più forte la delusione. Vaghezze timbriche, arcaici atteggiamenti vocali, non alieni da ardui virtuosismi, signorilità dì atteggiamenti, in una desolante aridità inventiva. < Perpetuum mobile » di Arwo Part è un lungo accordo dal pianissimo al fortissimo, della durata, forse, di un minuto. Questo significa esser brevi. Infine, ma apriva il programma, « Nykteghersia » di Riccardo Malipiero. Diviso in quattro parti, il lavoro manifesta subito una staticità, una lentezza di movimento snervanti. Alcuni effetti timbrici, anche ben riusciti, non bastano a sostituire la mancanza assoluta di fantasia, come l'in- nilllllllMITIIIIinilTllllllHIllllllIMMIIMIIIIIIlllll Ai flusso di stilemi diversi non - copre la ononimia eterogenea del pezzo. n j Solisti ammirevoli in Henze, , llngeborg Hallstein, soprano; s n i a o , r Fritz Helmis, arpa; Eberhard Finke, Wolfgang Boettcher, Peter Steiner, Heinrich Majowski, celli. Esito — occorre ricordarlo? — favorevole. Un po' di applausi non si negano a nessuno. Dalla musica strumentalevocale allo spettacolo, anzi agli spettacoli: il teatro dello spazio (luce e colore) e i balletti della « Hamburgische Staatsoper >, coreografie di George Balanchine. « Un programma di immagini proiettate (da lastrine, film e superfici opache) suono amplificato e gesti umani, eseguiti entro uno spazio alterato e chiuso >. Così s'inizia la nota esplicativa del « teatro dello spazio ». Si entra in una sala buia con un rito da padiglione del terrore in un luna park. Numerosi teloni di forme e dimensioni varie, tutt'intorno, formano gli schermi — ma schermi sono pure le pareti, il soffitto — sui quali vengono proiettate le immagini, scomposte, ricomposte, sovrapposte, degli oggetti più diversi, mentre un nastro magnetico lacera i timpani creando un clima esoterico. Gli autori di questa bella trovata sono ame¬ l 11111111 ! 1111111 i 111111111111 ! 11 [ 11 ! I [ 11111M M1111111 ricani. Dopo la pop-art, il teatro dello spazio. E meglio avrebbero fatto a definirlo la fantascienza a fumetti. Alla sera i balletti. I titoli eseguiti: < Serenade > di Ciaicowsky, « Concerto barocco » di Bach, « Apollon Musagete > di Strawinsky, < Die vier Temperamente > di Hindemith. Orchestra del teatro La Fenice diretta da Theodore Bloomfleld. Di alto livello e rigorosa scuola, l'intero corpo di ballo; ricche di fantasia e di stile, le coreografie di Balanchine. Pubblico molto numeroso, successo schietto e meritato. Giuseppe Pugliese

Luoghi citati: Amburgo, Cecoslovacchia, Praga, Venezia