Rivalutata la figura di Giovanni Vailati incompreso precursore di molte teorie moderne

Rivalutata la figura di Giovanni Vailati incompreso precursore di molte teorie moderne Rivalutata la figura di Giovanni Vailati incompreso precursore di molte teorie moderne Nato a Crema nel 1866, insegnò matematica a Torino come assistente di Peano - Si dedicò alla filosofia della scienza, indagando le fonti, la natura e la struttura della conoscenza Sulla figura e l'opera del nobile cremasco Giovanni Vailati (1866-1909), si appunta oggi l'interesse degli studiosi di filosofia della scienza. E' riconoscimento generale, orinai, che Vailati non solo previde, ma diede certe prime impostazioni, da noi, a più d'una teoria epistemologica del secolo XX: come l'operazionalismo (secondo cui, in un'affermazione scientifica, bisogna sempre indicare l'esperienza o l'esperimento capaci di esemplificarla o di spiegarla); come il neopositivismo (che, oltre a indicare la vanità della metafisica, ha elaborato la preziosa distinzione tra scienze formali — quali semantica, matematica e logica — fondate su convenzioni, e scienze reali — naturali e sociali —, fondate sull'esperienza); come la filosofìa analitica (che si diverte a dar la caccia ai problemi che si reggono solo su equivoci di parole). Ma gli italiani non svilupparono quelle teorie da Vailati (su cui, dal primo anteguerra, era sceso il silenzio); es3Ì le Importarono dall'estero: l'operazionalismo dal premio Nobel per la fisica Bridgman, il neopositivismo dal Circolo di Vienna e dalla Scuola di Chicago, la filosofia analitica da Oxford. E anche (piando esse vennero importate, nessuno si ricordò di Vailati. A lui nocque soprattutto il clima culturale italiano intorno alla svolta del secolo. Il positivismo era in crisi, e Vailati ne era ben cosciente. Ma mentre molti viravano verso lo spiritualismo e la metafisica, quando non addirittura verso lo spiritismo e la metapsichica da salotto, Vailati continuò a proclamare il valore della scien za e a studiare I metodi di questa. Personalmente, però, egli non era un matematico, un fisico, un chimico, un biologo; e quindi gli scien¬ ziati, che in quel tempo soprattutto erano allergici all'epistemologia, lo ignorarono. Lo stesso Vailati, del resto, si considerava un filosofo. Ma poi scriveva: «Se vi è un carattere che distingua la scienza in genere dalla filosofia, mi pare che esso appunto consista in ciò, che compito di quest'ultima non è tanto di lare delle scoperte, quanto piuttosto di prepararle, di provocarle, di farle lare, contribuendo con l'analisi, la critica, la discussione, a sgomberare la via che ad esse conduce, e fornendo i mezzi o gli strumenti richiesti per superare gli ostacoli che rendono dillìcile progredire in essa. Il caso di Bacone, il cui valore come scienziato è pressoché nullo, e che paragonava se stesso al trombettiere che incita gli altri a impegnare battaglia, dandone il segnale senza parteciparvi, è caratteristico a questo riguardo; e, a scusa di lui e dei molti altri filosofi che si trovano nello sfosso caso, si potrebbe addurre quel noto proverbio contadinesco, secondo il quali' chi suona le campane non può nello stesso tempo seguire anche la processiono • I cattedratici e lo stesso gran pubblico erano abituati a immaginare la filosofìa come tutt'altra cosa. Per cui, quando venne alla ribalta il neohegelismo e tutti cominciarono a discutere di Spirito Assoluto, di Atto Puro, di dialettica degli opposti e dei distinti, Vailati, che parlava un'altra lingua, fu lasciato in disparte. Non gli mancò neppure una specie di « incidente culturale». A Firenze si mise con Papini e Prezzolini. «due ragazzi impertinenti, quasi patetici nel loro sprovveduto entusiasmo... » che « da poco avevan cominciato a civettare con l'umanesimo anglosassone» (come scrive Eugenio Garin nel grosso numero di luglio-settembre della Rivista critica di storia della filosofa, interamente dedicato a Vailati). Si sa che quei due si divertivano a gettare lazzi sui professori universitari; a farsi bella, in nome di un loro presunto « pragmatismo », di ogni profonda ricerca intellettuale; soprattutto a far frastuono nel mondo delle lettere. Come abbia potuto Vailati, serio, schivo, sempre rigoroso nel suo pensiero, già assistente di matematica, a Torino, prima di Peano e poi di Volterra (ma soprat¬ tutto si interessava egli di logica), mettersi con loro, scrivere sulla stessa rivista Leonardo, adottare in comune quella etichetta di < pragmatismo », è un mistero. Alcuni sostengono che Vailati volesse correggere i due giovani amici delle loro intemperanze e avviare, con la loro vitalità, un moto rinnovatore della cultura filosofica italiana. Certo è che il suo prestigio di studioso ne fu danneggiato. Oggi, in clima più propizio, intorno alla figura di lui rifiorisce un interesse riparatore da parte degli studiosi italiani. A. Maros Dell'Oro dell'Università di Milano «Per amor di Dio, non hai niente di meglio da fare?».

Luoghi citati: Chicago, Crema, Firenze, Milano, Oxford, Torino, Vienna, Volterra