ALTO ADIGE e problema tedesco di Luigi Salvatorelli
ALTO ADIGE e problema tedesco ALTO ADIGE e problema tedesco Penso che l'impressione più diffusa in Italia circa l'esito dell'incontro SaragatKreisky sia stata: tutto resta come prima. Una impressione simile può essere giusta, salvo un punto : uno solo, ma politicamente e psicologicamente fondamentale. Si può ritenere ragionevolmente che ciascuna delle due parti abbia preso in quell'incontro piena conoscenza dei punti fondamentali di dissidio. Questi dissidi sono, a mio parere, due. Il primo è la trasformazione, o no, della provincia di Bolzano in regione autonoma, distaccata dal Trentino : trasformazione che potrebbe avvenire di fatto anche senza istituzione ufficiale quando il trasferimento di funzioni regionali alla provincia di Bolzano sorpassasse certi limiti quantitativi e soprattutto qualitativi. Non c'è dubbio — nonostante il segreto finora mantenuto — che a questo il governo austriaco seguiti tenacemente a mirare. Ebbene, la speranza nostra è che esso abbia, nel colloquio odierno, compreso che si tratta per il governo nostro — e per la nazione italiana — di una vera e propria pregiudiziale negativa: una di quelle pregiudiziali su cui non si ammettono transazioni. Transazione sarebbe, o emtiplictrcrtVqrvstcrtzmldBqgsbcsrnEnrgtgvmpiuttosto maggiorazione di|equesto primo obbiettivo | faustriaco, se si accettasse, formalmente o di fatto, l'altra esigenza austriaca, di un controllo circa il funzionamento delle misure in favore dell'elemento tedesco dell'Alto Adige. Qui ci sarebbe, né più né meno, l'istituzione di una duplice sovranità, di un condominio sull'Alto Adige. La prospettiva ragionevole, per la chiusura della questione, dovrebbe essere presso a poco questa. Conclusione imminente dei lavori degli organi etnicamente misti di studio e consultazione circa il nuovo statuto dell'elemento germanico. Decisioni del governo italiano in proposito, e comunicazione di queste al governo austriaco, che potrebbe fare le sue osservazioni su punti particolari. Finale decisione del nostro governo. Auspicabile presa di atto positiva da parte del governo austriaco, e conseguente dichiarazione comune di chiusura della questione, con riconoscimento della competenza obbligatoria della Corta dell'Aia, in caso di future questioni riguardanti l'accordo. Se invece l'assenso austriaco non ci fosse, promulgazione unilaterale dei provvedimenti da parte del governo italiano, e sua dichiarazione di chiusura della controversia italo-austriaca. Senza nessuna pretesa ultimativa di un termine fisso, sarebbe estremamente desiderabile che tale chiusura, in un modo o nell'altro, avvenisse entro l'anno. Intanto, sia ben chiaio che colloqui e accordi ulteriori saranno inutili, senza l'accettazione preventiva da parte austriaca di quelle due pregiudiziali italiane. * * Formalmente, la questione dell'Alto Adige non ha nulla che fare con il problema tedesco. Ciò è stato sempre riconosciuto dai due governi, nonché da quegli altri, tedeschi o no, interessati e competenti per la sistemazione germanica del j dopoguerra. Politicamente e moralmente, però, la faccenda è diversa. Non ci può essere dubbio che per molti tedeschi di Germania e d'Austria — compresi politici e uomini di governo della repubblica austriaca — l'offensiva diplomatica del governo di Vienna contro l'Italia per l'Alto Adige doveva ctdAstacbdzlplafscindtnccprKre essere il preludio o il primo atto di tutta una politica di revanscismo o reintegrazione germanica, o piuttosto pangermanica. Solo in tal modo si spiega che in Baviera si formasse una centrale dell'irredentismo altoatesino, spinto fino al terrorismo sistematico; e si comprende (senza giustificare) la tolleranza largamente usata dal governo di Vienna verso le gesta di queir irredentismo e terrorismo. Di questa connessione, invece, scarsa o nessuna coscienza hanno mostrato le tre potenze occidentali. Di ciò non dovremo troppo meravigliarci quando si rifletta all'accettazione incondizionata, da loro concessa e mantenuta a tutt'oggi, della esclusione pregiudiziale da parte del governo di Bonn, nel trattamento della questione di riunificazione germanica, di qualsiasi considerazione della « Repubblica democratica tedesca », che si seguita puramente e semplicemente a considerare come « zona di occupazione sovietica in Germania ». E ciò, mentre da una ventina di anni le stesse potenze riconoscono e trattano come governi di pieno diritto in ternazionale i regimi di- Praga, di Budapest, di Varsa via e così via, realizzatisi e mantenutisi in circostanze e secondo procedimenti per fettamente analoghi a quelli che hanno originato e mantengono in vita il governo di Pankow. Domandare a Mosca che si effettui una buona volta la riunificazione germanica, e al tempo stesso pretendere di continuare a ignorare, sul piano statale, la Repubblica di Pankow, e ad accettare la pretesa di Bonn che Berlino-Ovest sia territorio suo (ciò che significa rinunciare di fatto alla riunificazione berlinese, ben più urgente di quella germanica) ; tollerare che nella Germania di Bonn organizzazioni vastissime e partiti organizzati propugnino la reintegrazione dei territori al di là della linea Oder-Neisse, e addirittura di quelli sudetici: significa fare una politica insensata, perpetuante l'incertezza e i pericoli di guerra europei. Luigi Salvatorelli tii*. IO 20 30 40 T R 1 **** P.sod. BRENNERO \3-jr^V selva d.Moiim)) qcrjT» -.Leonardo i \ pSalrusio ^RiFianot V Narurno MERANO]) JAsarenrino ^BOLZANO K Perca= 'BRESSANONE lOrrisei
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