Delude i critici teatrali di Londra il «musical» che entusiasmò Kennedy

Delude i critici teatrali di Londra il «musical» che entusiasmò Kennedy Delude i critici teatrali di Londra il «musical» che entusiasmò Kennedy «Camelot», scritto dagli stessi autori di «My fair lady», è stato presentato sulle scene inglesi in una nuova edizione, con dialoghi e scene cambiati Malgrado i giudizi della stampa, il teatro è già prenotato per tutto il 1965 (Nostro servizio particolare) | Londra, 8 settembre, Mettete insieme il palio di Siena, l'incoronazione della regina Elisabetta, il matrimonio della principessa Margaret, una pantomima in un teatro di provincia, con tutti i loro colori, rumori, costumi, squilli di tromba. Ne ricaverete «Camelot», la commedia musicale più stroncata dai critici inglesi negli ultimi dieci anni, duecento minuti di scarsa azione, di banali canzoni e dialoghi, di tediosa attesa che qualcosa avvenga. Soltanto alle dieci meno cinque, dopo due ore e mezzo di compatta monotonia in technicolor, viene cantata l'unica canzone decente dello spettacolo, <If ever I ivould leave you>, da Barry Kent, nei panni di Lancillotto. Sono trascorse due settimane dalla «prima» di «Carnelot » a Londra. Molte previsioni sono cambiate da allora, ma non il giudizio dei critici, rimasto duro e negativo come la prima sera. Una cosa è ormai certa: gli impresari riprenderanno facilmente i loro quattrini e migliaia di persone, sia pure dal palato facile, riempiranno tutte le sere la sala del «Drury Lane Theatre ». Il teatro è ormai prenotato per tutto il 1965 e si prevede che il « musical » possa reggere per almeno cinque anni. Tutto ciò è accaduto in due settimane. Camelot è il nome del castello di re Artù, tra la Cornovaglia e il Galles. Per tutta la prima parte dello spettacolo re Artù è impegnato nel corteggiare platonicamente Ginevra. Quando la incontra su una collina inondata di luna, non trova di meglio che decantare gli splendori meteorologie! della località («non piove mai prima del tramonto — e alle otto del mattino la nebbia si dirada >). Non sorprende quindi se, purtroppo soltanto verso la fine dello spettacolo, la re gina Ginevra si lascia sedur re dal romantico e certamente più pratico Lancillotto. Il «musical» abbandonando la comica semplicità del primo atto, sì sforza di diventare drammatico nella seconda parte. Ma i drammi personali rimangono schiacciati dalle costose mura medievali di cartapesta. La trama è tutta qui. Delle vicende di re Artù e dei cava- lieri della Tavola Rotonda c'è rimasto poco o, meglio ancora, niente. I personaggi e le avventure che si trovano nel libro di T. White « The once and future king», dal quale è stato tratto questo «musical», sono stati completamente dimenticati o falsati. Gli autori del libretto e delle liriche, Alan Lerner e Frederick Loewe, gli stessi dello strepitoso «My fair lady », sembrano avere fatto questa volta cilecca. I balletti del coreografo e direttore Robert Helpmann mancano di finezza e di azione. Una cosa veramente grandiosa sono i cinquecento costumi e gli scenari dell'australiano John Truscott, costati oltre 122 milioni di lire. E poiché questo è il tipico spettacolo che va misurato a peso, aggiungiamo che l'intera produzione è costata 194 milioni di lire; che vi pren dono parte 60 attori e ballerini, accompagnati da un'orchestra composta da 31 elementi; che il protagonista Laurence Harvey nelle vesti di re Artù indossa 14 costumi diversi nel corso della serata e che deve cambiare un'armatura in sessanta secondi. Questi sono gli elementi che faranno da ri chiamo per il pubblico: oltre alla presenza di un giovane attore quale Laurence Harvey, che si esibisce per la prima volta come cantante; della di ciannovenne Elizabeth Larner, nelle vesti della regina Ginevra; di Barry Kent, Lancillotto ardente e temerario. «Camelot» è stato un grande successo di Broadway per due anni. Come mai ha così deluso a Londra? La ragione principale è che questo è un Camelot « made in England » come hanno tenuto a specificare i due autori. Non c'è neanche uno degli artisti americani; le scene sono state cambiate o aggiunte o tagliate; il dialogo è scialbo. Gli americani danno tutta la colpa agli inglesi. « No, questo non è il Camelot che ha entusiasmato perfino lo stesso presidente Kennedy. Non è il Camelot che rimarrà memorabile a Broadway come una delle migliori commedie musicali moderne. E' uno spettacolo che non rico¬ nosco », è stato il commento amaro del compositore Frederick Loewe, prima di far ritorno in fretta nella sua villa sulla riviera francese. f. d

Luoghi citati: Galles, Ginevra, Londra, Siena