Un'audace pellicola di Godard su una moderna «donna sposata»

Un'audace pellicola di Godard su una moderna «donna sposata» Alla Hostra cinematografica ili Venezia Un'audace pellicola di Godard su una moderna «donna sposata» « La femme mariée », realizzata in poche settimane, è un saggio di cinema libero - La protagonista si divide con equità di sentimenti fra l'amante attore e il marito sospettoso - Difficilmente quest'opera potrà passare integralmente nel circuito normale {Dal nostro inviato speciale) Venezia, 8 settembre. Secondo e ultimo film francese a Venezia, con Jean-Luc Godard che or sono due anni vi portò « Vivre sa vie », al quale la nuova opera, La femme mariée («La donna sposata»), cede nettamente nel rigore compositivo, ma non nella intelligenza. Realizzata in poche settimane, con sveltezza e puntualità, apposta per la Mostra del Lido, serba l'impeto e le oscillazioni della ruota spinta forte; è un saggio di quel cinema spezzato, di quel «cinemalibertà » che si vorrebbe vedere più di frequente. Nessun dubbio che Godard sia stato baciato in fronte dai classici francesi delle « pièces fugitives » e degli epigrammi; si vide già nel folgorante inizio « Fino all'ultimo respiro », si è visto via via allo stesso « Disprezzo », la cui fibra saldissima ebbe persino ragione del dente del produttore. Fatto è che egli sguazza nel cinema come un pesce nell'acqua, con superbe torsioni e squisite iridescenze create lì per lì, con una quantità di rincalzi eterogenei, fra i quali un'addirittura invereconda « letteratura che sono però rigorosamente ricondotti allo specifico mezzo cinematografico. E anche le sue scene di nudo più spinte (tante ce ne sono in questo film da meritare ampio posto in un'antologia del cinema ero tico), sono vigilate e purificate da un'ironia intellettuale, che si pone giusto agli antipodi della pornografia di bassa lega. La donna sposata ha per sottotitolo « Frammenti di un film girato nel '64 », e infatti tratta l'argomento in chiave archeologica. Accendendosi e spegnendosi come lanterna, la macchina da presa fruga nel caos terreno della «nouvelle vague », facendone uscire avanzi d'una civiltà remota, astrusa, lunare, che è poi la nostra in cu:. viviamo. E non traggano in inganno leggerezza e disper sione con cui è condotto lo scavo; perché in quello stile sono qualità rare. Anche qui Godard si guarda bene dal costruire e dal concludere (salvo forse questo che la donna sposata, rispetto all'altra, fa correre la chiusura-lampo una voi ta di più) ; ma sotto l'apparenza di un movimento casuale ed errabondo, la materia del film è tutta giudicata, e da una fine morale. Quest'operetta, che sarà difficile passi intera nel circuito normale, è anch'essa ritratto, radiografia e giornata d'una donna contemporanea: una Carlotta che si divide tra l'amante attore e il marito sospettoso con una equalità di toni e di sentimenti che potrà scandalizzare (molte spettatrici sono venute via stizzite, spallucciando), ma che ha il sapore del vero, In Carlotta il regista si è divertito, anche troppo e un po' troppo a lungo, sfiorando talvolta lo stucchevole a esemplificare la disponibilità e indifferenza morale di alcune figliuole d'Eva (per carità non generalizziamo) sulle quali bene o male continua a reggersi la macchina del mondo. Si badi che l'eroina non è una sciocca, questo è il| punto. Ha intelligenza, sen-| sibilità, fresche aperture di memoria e di sogno (come attesta il suo monologo in- 1mtsasfdapdzctenore), e anche ha fortis- sime curiosità didattiche: che cosa è un attore? che differenza c'è fra il teatro e l'amore? tra il piacere e l'amore? e così via. Su lei i! regista ha spesso spezzato e fermato il film in « capitoli » a parte, con titoli speciali: «Il presente», «La memoria», «Il paradosso », j « H compromesso » ; di tro-1 vate, aneddoti, epigrammi. I asterischi, fra i quali spe cialmente gustosi quello della misurazione del seno secondo il paradigma della Venere di Milo, il disco della risata, le confidenze ero tiche della fantesca a ore, e lo sfogliamento della ri vista « Elle », una fuga di bolle pubblicitarie. Che taccia o metta bocca, Carlotta|regge l'andatura: quel chei femminMmente le manca è' 1 organizzazione, la gerarchia dei valori. Prima la vediamo con l'amante nell'estrema intimità; poi con il marito nella stessa situazione ; quindi ancora coll'amante; e la simmetria psicologica è perfetta, con quel leggero mutatis mutandis che è il sale di tutto. Frammezzo, senza affatto spiccare, corre un pensiero grosso: Carlotta è incinta e non sa di quale dei due ; lo chiede alla scienza ma quella s'impappina in comiche reticenze. Questa donna che vive tutta nel caldo presente e si presenta tutta « a livello » ha trovato nella bella Macha Meril, al secolo Madia Gagarine, nata a Rabat da genitori russi, e già apparsa in alcuni film fra cui « Il riposo del guerriero », una interprete deliziosa che non ha fatto rimpiangere la Karina questa volta messa a riposo dal marito. Godard ha scovato in lei un'altra perfettissima cavia per le sue osservazioni in vitro del costume e della psicologia contemporanea. Anche il tono di Philippe Leroy, nella parte del marito è insolitamente alto ; mentre Bernard Noel (l'amante), attore di teatro e di televisione, ma non digiuno di cinema essendo entrato in « Fuoco fatuo » e « La ronde », rende bene i colori satirici del guitto messo negli impicci da domande troppo difficili. Come già in « Vivre sa Lzgseppciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii vie », i dialoghi passano dall'acutezza all'idiozia, ma sempre attraverso la mediazione del regista intelligente; la stessa che governa anche nella più gratuita immagine questo pamphlet la ana met senza fiele, contemplativo fino alla complicità, sulle care compagne dei nostri giorni. Ancora un film nel carniere: il russo Amleto; e poi la giuria tirerà le somme. Leo Pestelli La giovane attrice Madia Meril fotografata sulla spiaggia al Lieto. E' l'Interprete de «La donna sposata», il film francese presentato ieri a Venezia (Tel. Cameraphoto)

Persone citate: Bernard Noel, Fatto, Godard, Jean-luc Godard, Leo Pestelli, Macha, Philippe Leroy

Luoghi citati: Milo, Rabat, Venezia