Gli ultimi intrighi di Lavai per far rivivere la III Repubblica di Loris Mannucci

Gli ultimi intrighi di Lavai per far rivivere la III Repubblica Nei giorni che preeedette.ro la liberazione di Parigi Gli ultimi intrighi di Lavai per far rivivere la III Repubblica Allo scopo di attuare il suo audace piano gli occorreva l'appoggio di Herriot che riuscì a far liberare dalla prigionia a mezzo dell'ambasciatore tedesco Otto Abetz - Pétain in quei giorni agiva per conto suo - Un drammatico scontro in Prefettura - A un ufficiale tedesco Herriot grida in faccia «Siete dei porci, non avete parola» - La resistenza preparava intanto l'insurrezione che scoppiò il 19 agosto Dal nostro corrispondente Parigi, lunedì mattina. .Nei piorni che precedettero la liberazione di Parigi, li varie tendenze politiche francesi — Quelle della Resistenza come quelle di Vichi/ — tentarono, ognuna, di tirare l'acqua al proprio mulino, gli uni con la speranza di poter assumere il potere e comunque di parteciparvi, gli altri con la speranza di salvarsi giustificando il proprio atteggiamento durante In guerra e l'occupazione tedesca. La situazione dava a ciascuno, infatti, una certa possibilità, di manovra. Gli anglo-americani non avevano ancora riconosciuto la legittimità del governo gollista e anche il Consiglio Nazionale della Resistenza, presieduto da Georges Bidault. era ostile alle concezioni del generale De Gaulle. I primi osservavano che il generale non aveva ancora dimostrato di essere bene accetto dalla maggioranza dei francesi e avrebbero voluto occupare la Francia e dare il tempo necessario all'organizzazione di elezioni democratiche e alla costituzione d1 un governo regolare che rispecchiasse la volontà popolare liberamente espressa mediante un voto. Il Consiglio Nazionale della Resistenza, dal canto suo, si riteneva l'emanazione democratica del paese, data l'assenza di un Parlamento, e pur riconoscendo la posizione eccez naie del generale. De Gaulle per il quale professava gratitudine ed ammirazione, si proponeva di costituire un governo di cui egli sarebbe stato soltanto il ,,o> tavoce. I più ostili a De Grulle erano i comunisti i quali gli rimproveravano tra l'altro di aver fatto mancare di armi le formazioni partigiane di estrema sinistra per paura che il loro partito tentasse, di prendere il potere, con la forza al momento della liberazione. Le speranze di Vichy In queste condizioni i dirigenti dello < Stato Francese » di Vichy pensarono che tutto non era ancora perso per loro, tanto più che il maresciallo Pétain era sempre rimasto in contatto con Washington per tramite dell'addetto navale americano a Berna il quale gli aveva trasmesso, nel maggio del 19!,l,, il punto di vista del suo governo, che poteva riassumersi così: < Guadagnate tempo, fate dei discorsi a vuoto, evitate di favorire la resistenza al nostro sbarco prossimo e poi troveremo il modo di intenderci». Il governo di Vichy riteneva quindi di poter fare assegnamento sugli americani per realizzare un accordo col generale De Gaulle. Da parecchi mesi, del resto, i contatti segreti si erano moltiplicati tra Vichy ed Algeri, capitale provvisoria della Francia libera, e poiché V governo tedesco aveva fatto supere i Pétain che Parigi non sarebbe stata difesa, il vecchio maresciallo, sostenendo che la propria <legittimità » era indiscutibile, sperava di poter convocare l'Assemblea Nazionale nella capitale durante il breve spazio di tempo compreso tra la partenza dei tedeschi e l'arrivo degli americani. Lo « Stato Francese » avrebbe dimostrato in tal modo di funzionare regolarmente, il generale De Gaulle sarebbe stato costretto a constatarlo e, secondo Pétain, la riconciliazione tra Vichy e la Francia libera sarebbe, stata imposta dalle circostanze, permettendo il sopravvivere delti' € Stato Francese», da lui creato. Anche Lavai aveva un piano analogo: convocare le Camere, le quali avrebbero designato un nuovo governo, che avrebbe accolto il generale De Gaulle e fatto rivivere la III Repubblica. La differenza tra il piano di Pétain e quello di Lavai consisteva nel fatto che il primo voleva conservare al paese, un regime autoritario mentre il secondo mirava a restituirgli il regime, parlamentare. Perciò il 9 agosto 191,!, Pierre Lavai giunse improvvisamente a Parigi con l'intento di ottenere dai tedeschi l'assicurazione che, davvero, la città non avrebbe subito Ir. sorte di Stalingrado e di Varsavia, poi l'autorizzazione di convocare l'Assemblea Nazionale e, quindi, la liberazione di Edouard Herriot, Presidente della Camera, imprigionato in una clinica vicino a Nancy. Pierre Lavai sapeva che Herriot era molto stimato dagli americani e riteneva indispensabile il suo appoggio al progetto accarezzato, che egli espose ad alcune decine di parlamentari riuniti in un salone dell'Hotel de Ville. Quelli che appartenevano alla Resistenza — una trentina — rifiutarono sdegnosamente il loro sostegno, non perché fossero ostili al regime parlamentare ma perché l'operazione era fatta col consenso dei tedeschi. Altri dettero invece il loro consenso ritenendo indispensabile tornare al più presto al regime costituzionale. La cosa fu subito risaputa, e incominciarono persino a circolare per Parigi i nomi di alcuni futuri mini- stri: Camille Chautemps Celie era negli Stati Uniti), Frossard, Frot, Taittinger... Lo sviluppo della manovra tentata da Lavai sembrava promettente. Egli fece quindi dire al maresciallo Pétain che la sua presenza a Parigi era necessaria per cri- ' stallizzare intorno alla sua persona tutti gli elementi non comunismi ed operare il congiungimento col generale De Gaulle. Ritenne tuttavia opportuno di non chiarire tutto il suo pensiero sapendo l'ostilità del Capo dello Stato al regime parlamentare. Lavai, infine, ottenne per tramite dell'Ambasciatore tedesco Otto Abetz la liberazione di Edouard Herriot, e andò a prenderlo personalmente a Nancy. Sotto sorveglianza Il Presidente della Camera ascoltò in silenzio l'esposizione del progetto di convocazione del Parlamento per poter formare un nuovo governo, ma non promise nulla, ne contestò nulla. Tutto sommato l'idea di un rapido ritorno alla legalità repubblicana gli piaceva, e chiese quindi di poter riflettere bene, invitando al tempo stesso Lavai a far tornare a Parigi anche il presidente del Senato, Jeannenay. Accompagnati da Lavai, Edouard Herriot e la moglie arrivarono nella capitale il 13 agosto e andarono ad abitare alla Prefettura, sotto la sorveglianza di quattro gendarmi tedeschi che, secondo le promesse fatte, dovevano andar via la sera del 17. Le conversazioni tra Herriot e Lavai provocarono immediatamente vive preoccupazioni in seno alla Resistenza come tra i collaborazionisti e anche a Vichy. La prima temeva una combinazione intesa a riportare al potere gli uomini di prima, e l'organizzazione clandestina dei c Giovani Patrioti » . pubblicò un manifesto per dire che « li popolo di Parigi non avrebbe permesso ai sensali della politica di approfittare della Liberazione della Francia ». Dal canto loro, i collaborazionisti, sapendosi oramai definitivamente esclusi dalla comunità nazionale, volevano trascinare nel loro naufragio anche gli uomini di Vichy. Questi, infine, avevano paura di essere lasciati in disparte e di dover pagare le spese dell'operazione. Il maresciallo Pétain, intanto, agiva per conto suo, e aveva dato regolare delega scritta all'ammiraglio Auphan, avversario di Lavai, per rappresentarlo presso il comando anglo-americano e prender contatto col generale De Gaulle allo scopo di <trovare al problema politico francese una soluzione atta ad impedire la guerra civile ed a riconciliare tutti i francesi in buona fede ». Poi accettò l'idea di recarsi a Parigi, ponendo come condizione che sarebbe stato protetto dai soli francesi. Non voleva che il trasferimento sembrasse concordato coi tedeschi, ma questi respinsero la sua richiesta. Ardui ostacoli La manovra di Lavai, iniziata bene, incontrava i primi ostacoli, ma egli non si scoraggiava, e Adrien Dansette, nella sua Histoire de la libération de Paris (Fayard), scrive: « L'astuto aiverniate tratta coi tedeschi, tratta con Pétain, tratta coi parlamen\ tari, tratta persino con gli americani. Egli riceve, probabilmente il 15 o il 16 agosto, due dei loro tmissari ai quali esiione che ha due progetti, uno con Pétain e l'altro senza di lui... e chiede loro di informarne il generale Eisenhower». Era fare i conti senza la Resistenza, la quale avrebbe fat'o fallire i progetti di Lavai se non l'avessero fatto proprio t capi collaborazionisti. Furibondi all'idea che egli si poteva forse salvare e loro no andarono a protestare presso i militari tedeschi prima di fuggire verso l'Est per mettersi in salvo portando con sé il più possibile. Darnund, capo della Milizia, aveva « requisito » trecento milioni di franchi /moneta di alloia) alla Banca di Francia. 1 militari tedeschi, che l'ambasciatore Otto Abetz aveva informati imperfettamente su ciò che si stava preparando, si arrabbiarono quando lo seppero cai collaborazionisti e telefonarono a Berlino. I risultali non si fecero attendere. La sera del 16 agosto, pneo dopo le rentidue, una pattuglia della Ge- stapo si presentò aila Prefettura e un ufficiale chiese di parlare con Herriot. Coloro che stavano nella stanza attigua udirono il Presidente della Camera urlare con voce potente: «L'Ito sempre detto che siete dei porci... Non avete parola... Ma io non me n'andrò così ». Entrò allora il Prefetto al quale. Herriot disse: « Mi vogliono portar via seduta stante ». Lavai fu chiamato al telefono e, informato, protestò immediatamente presso l'ambasciatore Abetz che si recò subito alla Prefettura. Quando Herriot si trovò dinanzi al rappresentante diplomatico della Germania gli insulti i icominciarono: < Sono venuti a prendermi e mi dissero che ero libero, non ho tentato personalmente di incontrar nessuno, e constato di nuovo che la vostra parola non esiste. Credevo che la Germania fosse una grande nazione, ma una grande nazione non mentisce. Il popolo tedesco rimane quello che è sempre stato. Volete la Francia, volete l'Europa, avete deportato la nostra gioventù e volete far credere che non siete dei tiranni... Portateci pure via, me e mia moglie, dove volete, ma preferisco essere il prigioniero che sono che l'aguzzino che siete... ». Abetz si difese come potè, senza convinzione, e tentò di far annullare l'ordine di arresto ma riuscì a ritardarlo d'un solo giorno. L'indomani, 17 agosto, verso sera, Herriot fu di nuovo prigioniero dei tedeschi... Contemporaneamente <*ssi ordinavano il trasferimento del governo francese da Vichy a Belfort e Lavai, in segno di protesta, dette le dimissioni. Ma partì lo stesso, scortato dalle SS, insieme ad una quarantina di persone, abbandonando la capitale dove, silenziosamente, la Resistenza interna preparava l'insurrezione che scoppiò due giorni dopo. Loris Mannucci