La morte di Soffici di Sandro Volta

La morte di Soffici Un protagonista della cultura europea La morte di Soffici Ali è impossibile non associare la notizia della morte di Ardengo Soffici alla memoria di un ragazzo di 14 anni quale ero io nel 1914, quando .vivevo in una piccola città della provincia toscana. Quel ragazzo scoprì un giorno in una lihreria della sua città alcuni quaderni editi dalla Voce di Firenze ed ebbe la curiosità di comprarne qualcuno: non tutto quello che vi trovò scritto ura di facile comprensione per lui, ma ciò che potè capire bastò ad aprirgli una nuova visione del mondo, del tutto diversa da quella che aveva imparato ad averne a scuola. Diventò un lettore appassionato di La Voce, di Lacerba: quegli scrittori gli diventarono familiari. Uno più di tutti, di una chiarezza di cristallo, gli fece capire Je cose dell'arte e della letteratura sotto un aspetto nuovo: Ardengo Soffici, divulgatore in quegli anni della cultura europea contemporanea. Era stato il primo a pubblicare una monografìa di Scasso, allora pressoché sconosciuto anche in Francia, e quanti giovani impararono a conoscere attraverso la sua generosa mediazione il nome e le opere di Guillaume Apollinare, di Arthur Rimbaud, del doganiere Rousseau, di quanti vengono riconosciuti oggi all'origine di tutte le manifestazioni dello spirito moderno. Non si può parlare di Soffici senza ricordare in primo luogo questa sua azione culturale, che ha influenzato le generazioni successive, sottraendolo al provincialismo dell'Italia di allora. E' un'azione che non ha riscontro nell'attività critica dei maggiori scrittori di quel tempo, come Benedetto Croce, certamente più forti di lui in sede scientifica, ma non altrettanto sicuri nell'esemplificazione. Ciò è dovuto al fatto che Soffici non era un critico, ma un artista, un poeta, e, in lui, più che il rigore di un sistema agiva la felicità dell'intuizione Non è dovuto al caso se, arrivando a Parigi al principio del secolo, diventò subito amico e compagno di lavoro di alcuni giovani che, allora ignoti a tutti, dovevano poi diventare i maestri della prima metà del secolo. Fu così associato alle ricerche del cubismo e Fernand Léger riconosceva di dovere ai suoi Chimismi lirici le in venzioni tipografiche di cui si era valso in opere successive. Con Papini, Palazzeschi e Carrà, partecipò anche al movimento futurista, ma fu una partecipazione di breve durata perché la serietà del loro impc gno artistico contrastava con la gesticolazione di F. T. Mari netti, chiassoso e inconcludcn te. Si avvicinava d'altra parte la guerra che per Soffici, com battente e ferito, costituì un impegno morale molto più grave delle pure ricerche este tiche. Ritornata la pace, nel primo numero della sua rivista Rete mediterranea, scrisse: « Dalla guerra sono uscito un altro uomo ». A questa affermazione si è poi mantenuto coerente per tutta la vita, senza tener conto di compromettere così tutta la sua opera passata. Egli era infatti ormai uno dei maggiori protagonisti dell'avan guardia internazionale. Parigi lo aspettava di ritorno dopo l'interruzione dovuta agli eventi bellici. Lo aspettava Apollinaire che, pochi giorni prima di morire, gli aveva scritto esponendogli un programma di lavoro comune, lo aspettavano Picasso, Braque, tutti quelli che avevano lavorato insieme e che erano ansiosi di riprendere. Ardengo Soffici non ritornò. Rinunciò a tutto, andò a vivere con la famiglia a Poggio a Caia no, coerente alla persuasione di essere ormai un altro uomo. Autore di Principi di una este tica futurista, credette che la salvezza di un artista potesse trovarsi soltanto nell'ordine nella tradizione. E' forse ancora troppo presto per giudicare fino a che punto ciò fosse un errore, fino a che punto l'ideale di una perfezione classica sia in con traddizione con le esigenze del nostro tempo. Certo è però che Soffici, morto a 85 anni nel pie no vigore intellettuale, ha dedi cato con assoluta abnegazione a questo ideale gli ultimi cinquan tanni della sua esistenza, e, qualunque possa essere il bilancio della sua nuova attività, bisogna riconoscere che in opere come L'elegia dell'Ambra si ritrova sotto altre forme, lo stesso splendore di certe pagine del Giornale di bordo o del Diario na poletano. Si inserisce a questo punto l'avventura fascista, che per Sof rici non fu però un'avventura ma la conseguenza fatale della posizione ideologica assunta do po la prima guerra mondiale Con una ingenuità che può es¬ sere giustificata in un temperamento d'artista, credette di trovare nel fascismo la restaurazione dei valori tradizionali, influenzato forse in questo anche dall'amicizia che lo aveva legato a Mussolini fin dai tempi in cui le edizioni della Voce avevano pubblicato // Trentino visto da un socialista, e consolidato poi durante l'interventismo. Non fu, comunque, neanche allora un conformista e, se non si può fare a meno di ricordare la sua adesione al fascismo, bisogna nello stesso tempo non dimenticare alcuni suoi articoli apparsi nel Selvaggio intorno al 10:6, uno dei quali, intitolato Moralizzare l'Italia, fu la più coraggiosa critica del regime pubblicata da un giornale italiano in quegli anni. Dopo la seconda guerra mondiale, Ardengo Soffici riprese serenamente il suo lavoro di pittore e scrittore estraniandosi dalle polemiche: non rinnegava ma non rimpiangeva nulla. L'opera principale degli ultimi anni sono le memorie della sua vita, pubblicate in più volumi dall'editore Vallecchi, per il quale aveva riordinato anche le opere complete. E' il monumento di una attività ininterrotta che abbraccia quasi tre quarti di secolo. Su molte delle sue parti i giudizi potranno essere contrastanti, però nessun lettore di oggi, nessun uomo della giovane generazione, può sfogliarle senza avere la sorpresa di ritrovare fra quelle migliaia di pagine qualcuna delle idee che vengono credute nuove. E' il documento di uno spirito alacre e sensibilissimo, di uno spirito aperto, che qualche volta può avere fatto troppo affidamento sulla propria intuizione ed essere stato perciò soggetto anche a sbagliare, ma. quando ha sbagliato, è stato sempre con generosità, con nobili intenti. Sandro Volta

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