Alpinista fiorentino precipita e muore durante la discesa dalla Levanna centrale

Alpinista fiorentino precipita e muore durante la discesa dalla Levanna centrale Era venuto con un amico in Piemonte per te vacanze Alpinista fiorentino precipita e muore durante la discesa dalla Levanna centrale Aveva 34 anni ed era padre di due bimbi in tenera età - Il compagno di scalata, originario della Val di Susa, ha assistito impotente alla tragedia, poi ha tentato di rianimarlo soffiandogli in bocca - Terribile notte all'addiaccio del superstite in attesa dei soccorsi (presole Reale, 11 agosto. Un giovane di Firenze, padre «Il due bambini in tenera età, e morto ieri pomeriggio preci-l'>'ando dalla cima della Le- vanno Centrale. Il suo compa-(Dal nostro inviato speciale) gno di scalata, un giovane di origine piemontese anch'egliabitante nella, città toscana,ha assistito impotente alla sua straziante fine, e poi ha tra-scorso una notte all'addiaccio,li tremilaseicento metri, primadi potere scendere a valle araccontare la tragica uvvcn-tu ra. La vittima della disgrazia si chiama Giuliano Quincini, arerà trentaquattro anni, abitava in via delle Colonne 30 a Firenze; sposato con una si-gnora di nome Angela, aveva una bambina di nove mesi e un maschietto di tre anni. Faceva il rappresentante di va rie case editrici. Il suo omiro.quello che lo ha visto morirrsenza poter fare altro che sof-fiargli in bocca il proprio re-spiro fin quando lo ha sentitofreddo e immoto, è FrancoGeninatti, di ventisei anni, nato a Sant'Ambrogio di Suso e da. qualche anno trasferitosi a Firenze con i genitori; là si è impiegato presso la Casa editrice Vallecchi, là si è sposato ed ha avuto una bambina che ha ora tre anni. E' stato lui a raccontarci la tragedia dell'amico. I due erano partiti all'alba di ieri dal rifugio «Jervis» (a quota 22,70) che avevano raggiunto la sera di domenica, dopo aver compiuto il viaggio da Firenze (con tappa a Bussoleno, dove si trovano in villeggiatura i genitori del Geninatti) sulla € Volkswagen* del Quincini. L'ascensione alla Levanna Centrale si era svolta lungo lo sperone Nord, il più difficile cammino d'accesso alla vetta; i due alpinisti, che avevano compiuto molte scalate insieme, avevano eseguito l'arrampicata con relativa facilità; erano allenati, conoscevano bene la tecnica necessaria. Alle 12.30 erano in vetta, a quota 3610. «Avevamo in programma — ci ha raccontato il sopravvissuto — di percorrere la cresta della Levanna Centrale in direzione della Levannetta, che si trova più a occidente; e poi di scendere, lungo il canalone del Col Perdù, al rifugio Leonesi e di qui a Ceresole. Ci Siamo incrini mi mi ti lungo il versante francese, della montagna. Ma eravamo molto in-certi non conoscendo quella montagna. A un certo punto caccorgemmo che ci trovavamo davanti a un precipizio, oltreil quale, sulla strada verso la Levannetta, si ergeva un torrione di roccia che indovinavamo friabile. Perciò decidemmo di tornare indietro». Durante questo secondo tragitto per tornare sulla cima della Levanna avvenne la disgrazia. « Pi r guadagnare tempo — 7ia proseguito Franco Geninatti — pensammo che fosse meglio aggirare la punta, anziché risalirla ancora una volta. Non ci legammoperché la cosa non presentava difficoltà. Si trattava di strisciare, lungo la roccia, cercando di passare velocemente sugli appigli iicrché la roccia non teneva, si sgretolava facilmente. Fu tinello roccia a tradire Giuliano. Io andavo avanti, lul'cnira a pochi metri. Posai le mani, sema ufferrarmici, a una lastra di pietra, poi mi voltaa guardare il mio amico. Lo vidi guardare la lastra e mormorare, come fra se: «Lo voglio incora vedere, il mio bambino .. ». Si afferrò alla pietra e scorsi sul suo viso un dolo Fu un attimo. Giuliano cadile riverso, a testa bassa, con il '"«'rone addosso. Batté su uno scalino dì roccia, un dieci metri P«* basso, c il lastrone cne cadeva su di lui si ruppe. roso stupore. La pietra cedeva. '"' enorme frammento lo schiacciò in basso, lo trascinò lontano, trenta, quaranta me tri. Scesi pia velocemente che potei, arrivai accanto a Giulia respirava ancora a rantoU'»' 1,0,1 aveva più conoscenza, Aveva delle ferite al capo, non m> Parve che ne avesse altre Mi chinai su di lui. gli soffiai nella bocca aperta per tenerlo in vita. Ma capii che non c'era nulla da fare ». Il giovane tornò sulla cima 'lcl!'1 montagna, si affacciò sul versante italiano, die incombe sul rifugio Jervis, e cominciò a sventolare il maglione nero e. a gridare aiuto. Sperava che 'o vedessero. Tuttavia non sì Hludeva; era pomeriggio inoltrato, prima che fosse dato U'allarme in basso e che le squadre di soccorso arrivasserr. al rifugio sarebbero passa- te alcune ore, sarebbe scesa la notte. Ripetè per una decina di minuti i .segnali, poi scese di nuovo accanto all'amico morente. Gli restò accanto fin quando non lo vide spirare. Franco Geninatti risalì quindi per la terza, volta sulla cima della Levanna. Vide scendere la sera, accendersi la luce al «Jervis», calare la notte. Lassù a tremilaseicento metri, senza più una goccia d'acqua da. bere, sottozero, cercò di dormire qualche ora. Intanto un gruppo di uomini era partito per portargli aiuto. Dal rifugio avevano visto i richiami del giovane e avevano avvertito il centro di soccorso alpino di Ceresole. Reale. Di qui erano partiti la guida Gildo Bianchetti, il portatore Franco Rolando, l'operaio dell'Acm di Torino Mario Bianchetti, la guardia di finanza Ricciardiello, più alcuni soci del Cai di Cuorgnè che tra¬ scorrono le vacanze in un cam-ipeggio a Ccrcsole. La squadraldi soccorso arrivò al «Jervis » che era ormai notte e rinun-iciò a salire sulla Levanna, eraiimpossibile. Gli uomini torna-irono a valle e risalirono imauto al lago del Serrù. iDi qui, all'alba di slamane si sono portali alla Levanna attraverso il ghiacciaio del Corto; sono giunti sul luogo in cui giaceva il povero Quincini verso le undici. Del Geninat- a nessuna traccia. Egli aveva in/affi deciso di scendere da solo, lungo la medesima via segulta per salire sulla montagna. Gildo Bianchetti e Franeo Rolando hanno raggiunto la cima della Levanna e di qui, con la radio, hanno av- ■ ertito del ritrovamento del cadavere dell'alpinista caduto. Poi sono rientrati al rifugio del Carro dopo avere invano cercato con lo sguardo, lungo la parete, il compagno del morto. Il Geninatti è arrivato nel pomeriggio di oggi al «Jervis»; nell'ultimo tratto gli erano andati incontro alcuni alpinisti che lo avevano visto dal rifugio. Dopo averlo rifocillato lo hanno fatto scendere a Ceresole su un carrello della funivia scavata nella montagna, che serve ai tecnici de.ll'Aem per i collegamenti con la pompa di sollevamento dell'acqua, impiantata a poche decine di metri dal «Jervis», Domani all'alba gli uomini della squadra di soccorso, che stanotte rimarranno al rifugio del Carro, torneranno sulla Levanna per recuperare il corpo del <?«Ì7iei»ii. Per aiutarli sono saliti sulla montagna altri cinque uomini, Onorino Giovannini, Eugenio Oberto, Piero Bianchetti, Giacomo Natale Rolando e il finanziere Giacomo Fiandrino. Giuseppe Del Colle Franco Geninatti che era con l'alpinista precipitato acconta come è avvenuta la sciagura (Foto Moisio) 1111111 111111 ■ 11111 ! 1111111 ! 11111111M11 ! I ) 111111 111 r 11F1111M1111 r 11111 1111111111111111 • 11 f 111111

Luoghi citati: Bussoleno, Cuorgnè, Firenze, Piemonte, Suso, Torino