Grosse aziende implicate nello «scandalo del caffè»

Grosse aziende implicate nello «scandalo del caffè» Dove Univa la merce di eontvahhando? Grosse aziende implicate nello «scandalo del caffè» il magistrato intende vederci chiaro nell'attività di alcune società produttrici che si sarebbero rifornite dall'organizzazione - Violazioni valutarie per 57 milioni - La parte avuta dai singoli imputati Il contrabbando di caffè sembra assumere le proporzioni di quello delle sigarette: come queste, è diventato una grossa tentazione per gli importatori improvvisati o di pochi scrupoli. E' la conseguenza del forte divario fra il prezzo d'acquisto sui mercati esteri e quello di vendita in Italia, gravato da un notevole carico fiscale: la prospettiva di guadagno è irresistibile. E diventa fonte di corruzione non solo per il contrabbandiere, ma talvolta anche per chi dovrebbe vigilare sugli illeciti traffici. La posizione dei due agenti doganali implicati nella vicenda non è ancora chiarita. Ma potrebbe risultare che non si tratta solo di negligenza, bensì di corruzione. Nel mondo del grosso contrabbando, basta a qualcuno chiudere un occhio per guadagnare milioni. I profitti dei trafficanti consentono loro di esercitare pressioni fortissime. Bisogna pre cisare che i casi di corruzione sono rari: una circostanza questa, ria ascrivere a merito degli oscuri custodi delle finanze dello Stato, che compiono inflessibilmente il loro dovere con un modesto stipendio. Dove finiscono le sigarette tutti lo vedono: lo smercio avviene quasi pubblicamente, agli angoli delle strade, sui mercati, nelle piazze. Dove sia finito il caffè contrabbandato è meno chiaro. € Appurarlo — ha detto il magistrato incaricato dell'istruttoria — sarà uno dei punti fondamentali dell'inchiesta*. Secondo l'indagine della Finanza, — che naturalmente ha tenuto conto solo delle cifre certe e dimostrabili — ne sono stati immessi clandestinamente al consumo almeno 1030 quintali: qualcosa come 2100 sacchi. Qualche rivolo si è certamente disperso: lo dimostrerebbe la presenza fra gli imputati minori di un paio di piccoli negozianti. « Ma — dice il magistrato — la maggior parte, può aver preso la strada di qualche grossa società di produzione, la. cui posizione nella vicenda, dovrà essere va gliela ». Per il momento, però, manca qualsiasi indizio in prò posito. L'accusa più grave a carico dei ventitré imputati resta però quella di violazione e contraffazione di sigilli: por ta la pena ipotetica al limite dei tre anni, che consente al magistrato di emettere — se lo ritenga opportuno — il man dato di cattura. Per uno degli accusati, 1* autotrasportatore Giuseppe Matta, è già stato spiccato: tua si riferisce al contrabbando della pillola di haschisch, due grammi. Una quantità minima, tuttavia il commercio di sostanze stupefacenti comporta l'arresto obbligatorio. 11 magistrato dovrà ora soppesare la posizione degli altri, soprattutto in relazione all'imputazione di associazione contrabbandiera. Presuppone la costituzione di una vera e propria società organizzata, con una gerarchia, divisione dei compiti, ripartizione dei profìtti. Sembra che si sia tentato di ridurre al minimo i contatti fra capi e gregari: infatti, il sequestro del primo carico da parte della Finanza, nello scorso febbraio, non permise di risalire ai principali responsabili. Spesso i camionisti che trasportavano la merce ignoravano per conto di chi lavoravano e non si conoscevano tra loro. La posizione e la responsabilità dei vari imputati è delineata sommariamente nel verbale della Guardia di Finanza. « Non tutti — vi si afferma — hanno contrabbandato l'intero quantitativo di 1030 quintali ». Anzi, questa cifra è posta a carico soltanto dei fratelli Aldo e Giorgio Barberis, che erano evidentemente i principali organizzatori dell'illecito traffico. Secondo il prezzo attribuito convenzionalmente dalle dogane a un chilo di caffè — 550 lire il chilo — essi sono accusati di trasgressioni valutarie per quasi 57 milioni. Seguono l'autotrasportatore Pier Carlo Grosso, che ha collaborato al contrabbando di 750 quintali (per un controvalore di oltre 41 milioni) sul totale l'autotrasportatore Bruno Zichele (720 quintali per 40 milioni) con ii figlio Gianfranco (517 quintali per 28 milioni e mezzo); Raimondo Rocci Ris (643 quintali per 35 milioni); l'autotrasportatore Fulvio Marchesiello (518 quintali, 28 milioni e mezzo); il negoziante di biancheria Oreste Gianinetti (490 quintali, 27 milioni); l'autotrasportatore Giuseppe Matta (352 quintali. 19 milioni); l'impiegato delle Ferrovie, Vittorio Cavaliere (290 quintali, 16 milioni). Tutti gli altri — gli autisti Bossoni, Bruno, La Gioia, Zuffo, Mozzi, Trani e Chiodo — si sono visti contestare quantitativi inferiori ai 150 quintali e ai 10 milioni. L'elenco può suggerire la parte che ciascuno dogli imputati — secondo gli accertamenti della Finanza — ha avuto negli illeciti traffici.

Persone citate: Bossoni, Bruno Zichele, Chiodo, Fulvio Marchesiello, Giorgio Barberis, Oreste Gianinetti, Pier Carlo Grosso, Raimondo Rocci Ris, Vittorio Cavaliere

Luoghi citati: Italia, Trani