Sempre nuovi problemi anche per l'uomo comune

Sempre nuovi problemi anche per l'uomo comune Sempre nuovi problemi anche per l'uomo comune E' nella natura della scienza porsi continuamente delle domande E molte volte queste si ripercuotono nella nostra vita d'ogni giorno II termine « problema » ricorre oggi frequentissimo, forse perché viene usato con molta latitudine: giu-|sto è stato proposto all'at-jtenzione di noi tutti un « problema del topless ». In senso più austero, sono problemi gli interrogativi che di continuo la scienza propone e a cui essa stessa risponde. In realtà, assai più ne inventa di quanti ne risolva; essa viene dilatando insieme un vicino cerchio di luce e una ben più vasta circostante regione d'ombra. Oggi, per esempio, ci troviamo di fronte questo problema: qual è la natura delle forze che tengono uniti insieme nel nucleo atomico i protoni e i neutroni ? Un secolo fa non erano state neanche inventate le parole « nucleo atomico », « neutrone », « protone » ; un tal problema perciò non esisteva. Ma quesiti di tal genere, chi vuole può ignorarli; e difatti la grandissima maggioranza delle persone non se ne occupa. La scienza però ci sforza a considerare anche problemi di carattere non scientifico. Eccone uno, fin troppo famoso: la presenza di armi nucleari, le quali conferiscono alla guerra una nuova smisurata dimensione, quali cambiamenti comporta nella politica internazionale? Quali nella prassi diplomatica che noi abbiamo ereditato da un tempo, vicino negli anni ma diversissimo per la natura delle poste in gioco? Anche qui però la maggior parte dei cittadini (sia pure con giustificate apprensioni) può o deve affidarsi agli statisti, agli uomini politici. Di un certo numero di problemi, di natura scientifica, peraltro, col procedere delle scienze, più o meno può essere investito chiunque tra noi. Di uno troviamo menzione in uno studio del genetista G. W. Beadle, premio Nobel per la medicina (La Nuova Biologia c la Natura dell'Uomo, pubblicato nella Rassegna Medica c Culturale, 1964, N. 3). Nel tentativo di illustrare ai lettori come una certa molecola, quella dell'acido desossiribonucleico, sia portatrice, nelle cellule degli organismi viventi, della specificazione genetica di ciascuno di essi, e cioè delle caratteristiche che fanno dell'organismo stesso un batterio o una pianta di frumento o una trota o un uomo (un problema, questo, arduissimo di biologia: che né lo scienziato né il divulgatore hanno ancora ben trovato come spiegare in termini chiari), l'Autore si ferma un istante a considerare le malattie genetiche: cioè quelle che (e sono varie centinaia) vengono trasmesse dai genitori alla prole. Alcune di esse sono debellate dalla medicina moderna, nel senso che gli individui che ne sono affetti, curati a dovere, ne guariscono; i sintomi che danno disturbo ne sono eliminati; ma poiché la radice del male sta nella costituzione cellulare dell'infermo, egli — guarito come persona — sarà idoneo a trasmettere alla prole il suo proprio malan no, attraverso le cellule della riproduzione. Orbene, finché queste cose non si sapevano, non esisteva un problema esplicitamente posto, di responsabilità genetica verso la pt'ole. Oggi che queste cose si sanno e nella misura con cui si sanno, sorge un dovere, per gli individui riconosciuti affetti da malattie genetiche, di informarsi della natura della propria infermità e prendere i provvedimenti opportuni al line di non danneggiare la figliolanza. Il Beadle suggerisce di passaggio, senza fermarsi molto sul suggerimento, che «le persone affette da malat- tie genetiche dovrebbero esser persuase ad adottare bambini anziché procrearli». Abbiamo portato un esempio, tra i molti possibili, di problemi reali e gravi che il progresso delle scienze porta alla nostra responsabilità morale. E non ci possiamo esimere dall'osservare che, proprio di questi tempi, è venuto maturando nell'opinione pubblica, e imponendosi anche là dove prima era osteggiato, l'altro problema affine del controllo delle nascite. Anch'esso è un prodotto dell'avanzamento delle scienze, e in particolare della medicina; capace questa di salvare innumerevoli vite, di stroncare la mortalità infantile e le epidemie; ma non capace di assicurare il nutrimento,'il vestito, la casa, l'istruzione agli innumerevoli individui ch'essa ha sottratto alla morte. Talché più pressante che mai, più doverosa, l'attenzione che ciascuno di noi deve porre, gli piaccia o no, alla consistenza numerica della sua famiglia; e la ricerca dei modi per provvedere a una cosi delicata regolazione. Sono questi due esempi di problemi, tra i molti, con cui la scienza è penetrata fin nelle nostre case: e, come è chiaro, la sua presenza non è fatta per facilitare la vita (ma questa è storia vecchia: Qui addit scientiam addit et laborem; «Con la scienza crescono le tribolazioni»; Ecclesiaste, 1,18). Didimo

Persone citate: Beadle