Grida e proteste del pubblico a Spoleto per una canzone popolare contro la guerra

Grida e proteste del pubblico a Spoleto per una canzone popolare contro la guerra ALLA PRIMA DELLO SPETTACOLO FOLCLORISTICO «BELLA CIAOn Grida e proteste del pubblico a Spoleto per una canzone popolare contro la guerra Si è discusso se denunciare il cantore di una strofa su Gorizia - Anche il canto degli anarchici ha provocato un tumulto: divisi gli spettatori in due fazioni Nostro servizio particolare Spoleto, lunedì mattina. Dodici sedie impagliate sul palcoscenico, un fondale di iuta, poi sette donne e cinque uomini vestiti usualmente che cantano: «Alla mattina - Appena alzata - O bella ciao, bella ciao, bella ciao - Ed in risaia mi tocca andar - E tra gl'insetti e le zanzare - O bella ciao, bella ciao a lavorar...». Incomincia a questo modo lo spettacolo di « Canti e cantastorie italiani » che è andato in scena per la prima volta ieri al teatrino Caio Melisso. Le sedie di paglia, la juta, le ragazze che cantano pettinate e vestite il più ruvidamente possibile subito fanno provare diffidenza: si teme lo snobismo in queste canzoni popolari vendute ad un pubblico che paga cinquemila lire il higlietto. «Il problema delia comunicazione di questa musica non è stato ancora risolto », ammette onestamente Roberto Leydi, che è l'ordinatore dello spettacolo (il regista è Filippo j Crivelli) ed uno studioso del folclore musicale italiano. Un teatro come il Caio Melisso, un pubblico come questo del Festival dei due mondi — almeno il pubblico delle « prime » — certamente accrescono il pericolo di ridurre «.Canti e cantastorie italiani » a un fatto snobistico; lo spettacolo, che si intitola 4 Bella ciao», avrà tuttavia molte repliche a prezzi minimi — anche 400 lire il biglietto •— e forse una esecuzione corale, collettiva, in cui i cantanti di Leydi e Crivelli si mescoleranno al pubblico nella piazza del Duomo. Le donne e gli uomini del « Nuovo Canzoniere Italiano » — è il nome del gruppo — hanno cantato e cantano abitualmente nelle cooperative agricole ed operaie, nelle piazze e nei cinema di periferia. I dischi che incidono, e che si vendono nella misura costante di almeno tremila copie al mese — un record per questo tipo di musica — sono distribuiti solo per un terzo nei comuni negozi; per i due terzi si vendono nelle cooperative, nei circoli culturali, nelle biblioteche popolari, raggiungono quindi abbastanza profondamente un pubblico non borghese. Roberto Leydi ed i suoi collaboratori per raccogliere questi canti girano nelle province padane, emiliane, abruzzesi, romagnole, piemontesi, e li registrano su nastro. Nel gruppo che ha cantato ieri al Caio Melisso, tutto di giovani, c'è una mondina di 55 anni: ha i capelli bianchi tagliati corti, fermati con le mollette eli ferro dietro le orecchie, un piglio franco, una straordinaria voce agra che lei sa piegare ai toni di falsetto. Si chiama Giovanna Dafflni, è nata a Villa Saviola (Mantova), vive a Guarnieri in provincia di Reggio Emilia e dopo aver fatto la mondina per vent'anni ha cominciato, nei tempi del dopoguerra, a guadagnarsi da vivere girando per le campagne, insieme al marito che suona il violino e cantando alle feste di matri¬ monio, di battesimo, ai funerali, ai balli all'aperto sulle aie, nei giorni della mietitura. Poi ci sono due operai metallurgici ed un muratore: si chiamano Delio Tito, Amedeo Merli e Bruno Fontanella, e formano con il bibliotecario Sergio Lodi, il Gruppo Padano di Piadena (Cremona). Gli altri, salvo Michele Straniero che fa parte del gruppo torinese di « Cantacronache », sono tutte ragazze: Giovanna Marini di Roma, Maria Teresa Bulciolu, sarda, Sandra Mantovani, Silvia Malagugini e Caty Mattea, tutte milanesi, e Caterina Bueno, figlia di un pittore spagnolo ma che vive a Firenze e canta in lingua toscana. I temi dello spettacolo di Leydi e Crivelli sono: la fatica, la domenica, l'amore, il carcere, la politica, la guerra. Raccoglitrici di ulive, di pomodori, cavatori di marmo nelle Alpi Apuane, t fllandere » e « scariolanti »: le loro canzoni, pur sul palcoscenico del Caio Melisso, riescono a conservarsi genuine, a comunicare emozioni. Ma quando si è giunti alle canzoni contro la retorica della guerra e le canzoni anarchiche, lo snobismo del pubblico del Caio Melisso, che pure aveva già, per più di un'ora, applaudito e chiesto bis e gridato «Bravi! », *Excitìng», non ha retto: quando Sandra Mantovani ha intonato, con le compagne, la canzone degli scioperi agrari di Parma (1908) una signora è uscita dal teatro gridando: «Io ho trecento contadini e nes- suno ha mai dormito nelle stalle ». Anche alle strofe della canzone su Gorizia — «... E voi ufficiali che ve ne state Con la moglie su materassi di lana - E mandate gli altri a morir» — si sono avute grida e proteste. La canzone degli anarchici, « Addio a Lugano» (1849) ha diviso infine il pubblico in due opposte fazioni: applausi da una parte e urla dall'altra. Più tardi c'è stata una riunione alla Procura della Repubblica di Spoleto dove s'è discusso se denunciare o no il cantante Michele Straniero per la sua esecuzione di «Gorizia tu sia maledetta ». La denuncia sarebbe stata per vilipendio all'esercito. Adele Cambria Tomas Miliari e Barbara Steele a Spoleto, dove reciteranno insieme in «L'isola di Mauri» (Telefoto)