«La fase cruciale arriverà in autunno» afferma sulla congiuntura il dr. Agnelli

«La fase cruciale arriverà in autunno» afferma sulla congiuntura il dr. Agnelli In un 'intervista, al settimanale " I*' Espresso,, «La fase cruciale arriverà in autunno» afferma sulla congiuntura il dr. Agnelli La fusione della Riv con la svedese Skf rientra nella necessità generale di portare la produttività italiana al livello europeo - Non esiste altra alternativa per le nostre industrie: aumentare la produzione con lo stesso numero di operai, o ridurre il personale e mantenere la stessa produzione (Nostro servizio particolare) Roma, 23 giugno. TI settimanale L'Espresso pubblicherà nel suo numero in vendita domani un'intervista con il dott. Giovanni Agnol li, presidente della Riv e vice-presidente della Fiat. ,a principale questione che ha posto il giornalista è stata la fusione, recentemente decisa, tra la Riv c la svedese Skf. « Non c'era altra strada >, ha risposto il dr. Agnelli. «In Italia la Riv può sembrare una grandissima azienda, abbiamo una tradizione, una clientela sicura, una maestranza ottima. Ma, orma1 con il Mercato Comune saremmo stritolati se non allargassimo le nostre dimensioni. La Skf è dieci volte più grande di noi e la produttività dei suoi stabilimenti supera la vostra di molte lunghezze ». «Stiamo facendo l'Europa ini anticipo sugli uomini politici i e sui trattati — ha aggiunto! il presidente della Riv —. D'altra parte è questo che aveva in mente Monnet, quando lanciò l'idea della Comunità Economica, pensando che così si sarebbe aperta una strada irreversibile verso Purità politica. Prenda il caso di cui stiamo parlando. Sinora la Riv era al riparo dalla concori mza estera per diverse ragioni. Anzitutto perché mio padre, quando io ero ancora bambino, aveva stipulato con la 1 -f un accordo di ripartizione di mercati. Poi c'era la protezione doganale a rinforzare gli accordi. Ed infine c'erano i bassi salari della mano d'opera italiana » «Ma tutto ciò — prosegue il dott. Agnelli — appartiene al passato: niente più dogane, denunciati gli accordi fra le imprese, allineato a quello europeo il costo del lavoro italiano. Ormai siamo pari in tutto, tranne che in un punto: la produttività. Lo scarto in media oscilla tra il 20 ed il 30 per cento a nostro svantaggio... Fino a quando la disianza non sarà colmata, c'è|cne poco da fare, non rimane che| allearsi coi più forti per non farsi divorare». Dopo aver ricordato il buon andamento delle esportazioni negli ultimi anni, segno della possibilità italiana di competere sui mercati internazionali, il presidente della Riv sottolinea due nuove circostanze, e precisamente l'aumento dei salari verificatosi soprattutto tra il 1962 ed il 1963 e l'abbattimento dei dazi di protezione. «Vendere all'estero a basso prezzo — afferma il dott. Agnelli — è relativamente, facile quando si vende in larga quantità all'interno, su un mercato protetto. Ma se la concorrenza estera ci porta la guerra in casa e le vendite sul mercato nazionale diminuiscono, allora anche le esportazioni diventano più difficili ». «Lei potrà domandarmi — continua il presidente della Riv — perché da noi la produttività è anmi-a cosi bassa, e potrà pensare che la colpa è nostra, degli industriali, che invece di investire soldi nelle aziende e rinnovare gli impianti ed automatizzarli, hanno magari portato a Zurigo ad 0 Vaduz i loro capitali o li hanno dispersi in iniziative disparate, per spirito di imperialismo aziendale. Può anche essere vero, almeno in alcuni casi. Ma non basta a spiegare il problema ». A questo punto il presidente della Riv afferma che i settori nei quali la produttività italiana è in situazione di particolare inferiorità rispetto ad altri paesi sono * zran parte, anzi forse tutta l'industria meccanica, i cantieri navali, l'industria chimica, la tessile > ed aggiunge di ritenere che «solo la siderurgia abbia una produttività comparabile con i concorrenti europei. Quanto alla Fiat, essa è probabilmente la sola azienda italiana con una produttività ed una dimensione a livello europeo. Abbiamo investito ano miliardi :n quattro anni per raggiungere questo risultato». «Certo — riconosce il dott. Agnelli —■ il problema è quello di investire di più nelle aziende, ma occorre stare attenti alle conseguenze. Per colmare 10 scarto di produttività fra l'industria italiana e quella straniera, bisogna investire di più, molto di più. Se ci si riuscirà e quando ci si riuscirà, 11 primo effetto sarà «niello di ridurre la mano d'opera impiegata nell'industria. Poi, se 1 mercati si allargano, se t consumi aumentano, la disoccupazione potrà essere riassorbita; ma in un primo momento questa conseguenza è inevitabile. Oppure bisogna accet- ; tare la situazione cosi com'è j e modificare i rapporti di cani- I bio della lira con le altre monete. L'economia è come la matematica, non ammette equazioni indeterminate ». < Naturalmente — aggiunge il dott. Agnelli — ci sono state 'in qmaznonesemad di mli aria, farecheparmasde bilel'indmi queAte menil mstrire, aumpenmac'è s'inuomzionopesegsce quepazlionnuoassliontatvelto, nosammale proha Maconadebiaduzdi ziondi ternital«— dotmolnovtorese salila d'apiù|La l'ausi suidelPsa,chedismaimAscliastdere30inpd20inchpatiAI6119SN527988(481NC27fepvsla12ptiF9EM2Olir8(wem(p i i ! |cne | , i o a . 'in questi anni alcune trasformazioni di fondo, dalle quali non si torna indietro. Per esempio, nessuno può pensare ad un ritorno nelle campagne di milioni di braccianti arrivali a Torino, a Milano, in Liguria, a Roma. Sono disposti a fare la rivoluzione piuttosto che tornare al paese. D'altra parte una disoccupazione di massa, se il governo non perde la testa, non è più pensabile in Italia. I prohlemi dell'industria italiana nei prossimi anni saranno diversi da quelli dello scorso decennio ». A questo punto il presidente della Riv sottolinea che. mentre fino ad oggi in Italia, il maggior orgoglio degli industriali era di poter annunciare, alla fine di ogni anno, un aumento nel numero dei dipendenti, in Francia, in Germania, in Scandinavia, dove c'è scarsità di mano d'opera s'investiva in impianti, non in uomini, aumentando la produzione con lo stesso numero di operai. «Noi non potevamo seguire altra strada — riconosce il dott. Agnelli —, ed è in questo modo che la disoccupazione si è ridotta da due milioni a mezzo milione, che le nuove leve di lavoro sono state assorbite e che due o tre milioni di contadini sono diventati operai dell'industria. Il livello dei consumi è aumenta to, oggi possiamo collocare i nostri prodotti su un mercato ampio e una produzione di massa, prima sconosciuta, con le economie e l'aumento di produttività che ne consegue ha potuto essere intrapresa Ma arrivati a questo punto con un livello salariale orinai adeguato a quello europeo, abbiamo due scelte: o più pro-I duzione con lo stesso numero! di uomini, o la stessa produzione con un minor numero di uomini. Queste le sole alternative perché l'industria! italiana sopravviva ». «La situazione economica — afferma a questo punto il dot.. Giovanni Agnelli — è mol'.? seria. Per ora, tranne a Torino, a Milano, a Genova e forse a Roma nel settore dell'edilizia, la gente non se ne accorge. I prezzi sono saliti, ma anche le paghe. Ma! la crisi c'è. Fino alle vacanze d'agosto tutto andrà avanti, i più o meno tranquillamente. |La fase cruciale arriverà con l'autunno. Per uscire dalla crisi c'è una sola strada: tasse sui consumi e allargamento del credito all'industria» Per quanto riguarda la Bolsa, il dott. Agnelli riconosce che molti titoli sono assai al disotto del loro valore reale, ma che oggi ben pochi hanno voglia e soldi per acquistare azioni. «Faccio un'ipotesi — conclude il presidente della Riv — che non è proprio fuori del campo delle possibilità: i sindacati operai accettano una tregua salariale purché, per uno o due anni, le aziende non distribuiscano dividendi agli azionisti. Una proposta di questo genere io l'appoggerei sicuramente, ma per quanto riguarda la Fiat non si dimentichi che ha 120 mila azionisti, cosi come ha 120 mila dipendenti ». r. s.