Il prof. Gerolamo Ippolito con tono concitato dichiara di non avere mai avuto nn soldo di guadagno dal Cnen

Il prof. Gerolamo Ippolito con tono concitato dichiara di non avere mai avuto nn soldo di guadagno dal Cnen 11 Tribunale interroga il padre del segretario dell' ente nucleare Il prof. Gerolamo Ippolito con tono concitato dichiara di non avere mai avuto nn soldo di guadagno dal Cnen Ha 73 anni - E' accusato di concorso in peculato per due milioni - Docente all'Università di Napoli, è uno dei massimi studiosi di idraulica, specializzato nel campo delle acque di rifiuto (comprese quelle delle centrali atomiche) - Insieme con altri professori universitari aveva costituito lo studio « Sdd » che si occupava di alta consulenza - Fu interpellato dal Cnen, quando il figlio non era ancora segretario: « E per la mia opera mi feci dare il semplice rimborso spese» - L'«Archimedes» e le altre 8 società non ebbero mai lavori dall'ente nucleare - «Se avessimo ritenuto di fare alcunché di illecito, almeno avremmo cercato di mascherarci. Invece tutto fu fatto alla luce del sole» - Presidente: «Ma voi avete comperato due auto dal Cnen » - Ippolito: «Sì, una aveva sei anni d'uso, la frizione non funzionava...» - Un giudice: «Questi particolari non interessano» - Ippolito: «Interessano sì, perché l'accusa è che le abbiamo pagate troppo poco» (Nostro servizio particolare) Roma, 23 giugno. Dopo il figlio, tocca al padre. 11 prof. Gerolamo Ippolito, imputato (a piede libero) di concorso in peculato e concorso in interesse privato in atti d'ufficio, è salito quest'oggi alla peda-1 na e per quasi cinque ore1 ha intrattenuto il Tribunale sulla vicenda delle numerose società che facevano capo alla «Archimedes», di cui egli era fondatore e presidente. E' il punto più nero della vicenda nucleare: l'accusa giunge a ipotizzare un disegno criminoso maturato attraverso lunghi anni, per consentire a Felice Ippolito di avvalersi dei suoi poteri di segretario del Cnen per affidare lavori d'ingente importo alla « Archimedes », di cui era socio, e alle altre società collegate, cui sovrintendeva suo padre. Come andarono in realtà le cose? Il prof. Ippolito ha esposto la storia delle nove società incriminate, rifacendosi alla sua propria vita di studioso e di professionista. Gerolamo Ippolito ■— II Tribunale deve rendersi conto del mio stato d'animo. Sono un uomo di 73 anni, ho lavorato per mezzo secolo al servizio dell'Università di Napoli e della scienza, ed ora mi vedo catapultato in un'aula giudiziaria — ed è la prima volta che ci metto piede — sotto accuse infamanti. Non ho avuto la possibilità, iti istruttoria, di esibire alcuna prova a mio discarico, per dimostrare la mia innocenza. Presidente — Ma non è stato interrogato? Non ha avuto la possibilità di difendersi? Ippolito — Un interrogatorio pro-forma, e solo dopo essere già stato incriminato! Per scagionarsi, l'anziano professore deve ricondursi agli anni della giovinezza: laureato nel 1913 sale in cattedra nel 1934. Dal nulla, crea un grande istituto, che poi si scinde in tre diversi istituti: di idraulica, di geotecnica, di acquedotti e d'ingegneria sanitaria. Ippolito — Ho tredici allievi in cattedra, di cui sette professori ordinari e sei incaricati. Mi duole di dover parlare di me stesso, cosa che non ho mai fatto Ma oggi devo difendermi e, quindi, sono costretto a mettere in risalto i miei meriti. Ho dato sempre dimostrazione di grande disinteresse, come posso provare con i documenti che esibirò e con i testimoni. Per esempio, non ho mai preso la parte di compensi che pure mi sarebbe spettata sugli incassi che il mio istituto percepiva quando friceva ricerche per conto di terzi. Se in occasione di convegni e congressi mi venivano dati dagli enti organizzatori rimborsi spese, io giravo questi assegni ai miei assistenti, sema tener mai nulla per me. A quest'esordio, minuta mente dettato parola per parola al cancelliere, i giù dici già incominciano a dar segni d'impazienza. « Bene veniamo al sodo », comincia a dire il presidente Semeraro. « Ora dovrebbe parlarci delle imputazioni specifiche », interrompe di lì a poco un giudice. « Sia più conciso », implora il terzo giudice in un altro momento dell'interrogatorio. Inutilmente: il prof. Gerolamo Ippolito non riesce a con densare il suo discorso in poche frasi: deve risalire molto indietro con gli anni e i decenni, per inquadrare « l'equivoco, il grosso ma linteso » cui deve d'essere tratto in giudizio a scolpar si delle gravi accuse. L'imputato è quasi completa niente calvo. Parla con ac cento fortemente napoletano, con una cadenza che lo rivela uomo di cattedra Presidente — Cerchi di riassumere. Ippolito — Non posso, si gnor presidente, si tratta d'una premessa molto im portante. Con lungo e tcna ce lavoro, ho introdotti in Italia tre nuovi insegnamenti universitari: il pri mo di tecnica delle fondazioni di ferro, il secondo di ingegneria sanitaria, e si tratta d'una disciplina cui ho dedicato J/0 anni della mia vita, signor presidente. All'estero è materia im< portantissima, un ramo dell'ingegneria civile. Presidente — Ma tutto ciò non è necessario. Ippolito — No, signor presidente, è essenziale. E' essenziale, infatti, che sia chiarito che il prof. Gerolamo Ippolito ha progettato e costruito impianti per l'acquedotto pugliese, istituito una stazione sperimentale per il trattamento delle acque di rifiuto a Foggia; è stato membro del Consiglio superiore della Sanità; ha conseguito borse di studio e riconoscimenti in tutto il mondo, e insomma è forse il più alto — e unico — esperto che l'Italia possa vantare nel campo del trattamento delle acque di rifiuto, comprese le acque radioattive, il cui smaltimento, come sappiamo costituisce una delle più gra vi preoccupazioni per tutti i costruttori di centrali e di laboratori nucleari. Presidente — Veniamo alle accuse. Ippolito — Debbo dire che nel 1956 ebbi la cattedra d'ingegneria sanitaria, e fui incaricato di corsi in lingua francese per conto dell'organizzazione mondiale della sanità. Il Politecnico di Milano chiese il mio consiglio, perché desiderava istituire un insegnamento anche presso la sua facoltà in questo campo. Presidente — E della « Archimedes » che ci deve dire, è dello « Studio Sdd ». Ippolito — Devo ancora dire che durante l'ultima guerra, mentre era in costruzione l'acquedotto in Cirenaica, fui chiamato in Africa per costruire un impianto per l'approvvigionamento idrico delle truppe. Tutto questo a titolo gratuito. Gerolamo Ippolito, insomma, vuol sottolineare con quest'ampia premessa che in Italia egli era il solo già da molti anni che potesse illuminare con il suo consiglio i numerosi tecnici che avevano che fare con problemi di alta ingegneria sanitaria. Egli si sforzò di collegare i vari studi tecnici che facevano capo alla sua esperienza. A Milano, nel 1926, sorse lo « Studio Sdd » formato dal rag. Sironi, dall'ing. De Santis e dal prof. De Martino ( la sigla Sdd corrisponde infatti alle iniziali dei tre cognomi), che poi si trasformò in società anonima, sotto la sua presidenza. Fin dalle origini lo « Studio Sdd » ebbe a suo socio il prof. Felice Ippolito, il protagonista del processo nucleare d'oggi. Ippolito — Gli intestai alcune azioni e, in occasione dei vari movimenti di quote, gliene cedetti una parte sempre maggiore. Speravo che un giorno o l'altro egli potesse riprendere la sua attività professionale. Presidente — Lei non ha altri figli? Ippolito — Solo figliole. Sulle prime, questo studio, che aveva forma quasi cooperativa, si riprometteva di corrispondere interessi del 7 per cento ai finanziatori. Poi si discese ai 5 per cento, e poi si ritornò a salire al 7 per cento, ma sempre sulla carta: i soci erano pregati di non incassare. Queste somme però non sono state inai distribuite e perciò credo che mio figlio sia l'unico cittadino del Paese che abbia denunciato nella Vanoni soldi che non aveva ricevuto. I dividendi non hanno mai superato le 100 mila lire all'anno. Il nostro interesse azionario era praticamente nulla. Presidente — Veniamo ai lavori per l'ente nucleare. Narra l'imputato che i rapporti « Sdd » - Ente nucleare, sorsero fin dal 1954, allorché presidente era il prof. Giordani. Conoscendo la particolare competenza dello studio nei problemi di idraulica, lo scienziato affidò ad esso la progettazione di alcuni impianti: per l'allacciamento del Sincrotrone di Frascati con la strada statale, per gli impianti della « Casaccia », per il trattamento delle acque radioattive di Ispra... Giudice Testi — Quei conti-atti portano la firma di suo figlio. Ippolito — Non mi passò nemmeno per la mente che questo potesse costituire una qualche irregolarità. Il progetto per la centrale di Frascati fu elaborato gratuitamente dallo studio... gli altri furono discussi dai tecnici dell'Ente e portati in seguito alla firma del segretario generaleAvevo la convinzione di compiere un dovere civico nei confronti dell'ante nucleare: se avessi avuto la impressione di qualche cosa d'illecito, avrei potuto far firmare quei progetti dal prof. De Martino in proprio, o da altri miei collaboratori. Lo studio « Sdd » poteva benissimo rinunciare anche a questi incarichi, che per noi non avevano grande importanza. Preciso che mio figlio non s'è mai occupato dello studio tecnico. Giudice Testi — Ma aveva la maggioranza delle azioni. Maggioranza relativa, almeno. Ippolito — Gliel'avevodata io, sicuro. Ho 73 anni,dovevo pensare a mio figlio.Questa « pietas » paterna s'urta all'incredulità palese del Tribunale: e il distinto signore che sta davanti ai giudici, con voce accorata è costretto a scendere in polemica diretta con i periti. | « Non hanno capito nulla », grida l'imputato. Cifre alla mano dimostra che i periti hanno sommato là dove invece dovevano operare delle sottrazioni: dicono i periti che lo « Sdd » incassò 60 milioni dall'Ente nucleare. Ma, secondo il prof. Gerolamo Ippolito, dovrebbero dedursi i 27 milioni di spese sostenute, e così s'otterrebbe un utile lordo di appena 33 milioni, da cui si dovrebbero sottrarre altre « voci » di spesa fino a ridurre la cifra totale netta a poca cosa. Ippolito — Detratte le somme per ammortamento, tasse, ecc., a conti fatti, dallo « Sdd » io e mio figlio potemmo guadagnare in tutto un migliaio di lire l'anno. Insisto nell'affermare che tutta la mia attività in favore del Cnrn e del Cnen fu svolta gratuitamente e contro il mio interesse personale. Per incarico del Cnrn e poi del Cnen ho partecipato a corsi di aggiornamento ed a commissioni, offrendo la mia esperienza personale sempre gratuitamente; in occasione di viag- \gi effettuati per conto delgl'Ente nucleare non ho pre teso mai una lira. Giudice Testi — Veniamo all'« Archimedes». Ippolito — Nel 19!t9, noi del gruppo « Sdd », con la collaborazione di eminenti professori universitari, costituimmo la « Idro » pubblicando anche un fascìcolo da diffondersi all'estero. Nel 1957 cedemmo questa azienda all'Elettroconsult. Giudice Testi — E con la «.Archimedes» che c'entra tutto ciò? Ippolito — C'entra e come! Perché il fascicolo « Idro » è padre della « Archimedes ». Voglio dire che mi s'accusa d'avere premeditato fin d'allora d'aver costituito una società dì comodo, e questo è un assurdo. Giudice Testi — Ma venga ai fatti. Difensore Alfredo De Marsico — Non si possono riassumere circostanze cosi importanti. L'interrogatorio in istruttoria è stato più che sommario: non si può portare mi maestro del valore del prof. Gerolamo Ippolito sul banco degli accusati con un procedimento così sbrigativo. Ippolito — Nel febbraio del 1960 nasce la « Archi medes ». Presidente — Oh, ci siamo! Con un capitale di trenta milioni, in unione con il figlio e con l'ing. Rampolla del Tindaro ed altri collaboratori sicuri e fedeli, il prof. Gerolamo fondò questo nuovo sodalizio, destinato ad offrire « una rosa qualificatissima di consulenze a livello internazionale » nei problemi d'alta ingegneria. Un « trust » di cervelli, insomma: il quale, però, nelle prime gare cui partecipò venne sopraffatto da organismi similari stranieri di ben altra potenza. Per cui la « Archimedes » dovette cercare appoggi, e si col'egò con un gruppo di consulenti americano forte di ben 20.000 celebrità. La necessità di collegare le forze indusse altri « studi » a raggrupparsi. Nacque un'altra delle società oggi sotto accusa, la « Co-Ge-Mi », formata di ingegneri minerari, e poi la « Athena », e quindi la « Arion », tutte più o meno formalmente alleate alla « Archimedes » ( e tutte sotto accusa). Nel maggio dell'anno scorso, la «Archimedes » dovendo partecipare ad una gara per lavori in Sud Africa predispose una vera e propria alleanza tra le varie società, in modo da presentare un compatto fronte di consulenze in ogni campo dello scibile ingegneresco. ..Giudice Bilardo — Ma siamo fuori tema. Ippolito — Perché? Tutto nasce da questo punto. In occasione di quella gara, stampammo un opuscolo che presentava la « Archimedes » come capo-gruppo d'una costellazione di varie società. Fu un'idea infelice: ora quell'opuscolo è nell'atto d'accusa come prova di una nostra presunta attività criminosa. E' un equivoco: non c'era tra le varie società il benché minimo rapporto di affari: solo un generico impegno alla collaborazione. Tutte le società s'impegnavano a mantenere la propria indipendenza. Stampammo quest'opuscolo in lingua inglese perché avevamo interesse a quel mercato. Tra i nomi dei consulenti, c'era quello di mio figlio, il prof. Felice Ippolito. Io ne vidi alcune copie nella sede del Cnen, ma non sapevo che era stato stampato dalla tipografia dell'Ente nucleare. Quando mi fu rinfacciato quest'addebito, pensai ad un errore. Nessuno ci aveva chiesto il pagamento della fattura. Noi chiedemmo subito di poter pagare: ci fu chiesta la somma di 206 mila lire per la stampa di quell'opuscolo, e noi provvedemmo subito a saldare il conto. Quest'opuscolo è due volte dannato per la sorte degli Ippolito. Il prof. Felice deve rispondere di peculato per averlo dato alle stampe a spese del Cnen. Quanto al prof. Gerolamo, deve, in base a quest'opuscolo propagandistico, allontanare il più grave sospetto d'aver formato e guidato una costellazione di società che, all'ombra delle eentrali nucleari di Stato, curavano i propri interessi. Ippolito — Se avessimo voluto fare cose irregolari, almeno avremmo dovuto cercare di mascherarci. No, tutto è stato fatto alla luce del sole! Chi ordinò la stampa di queir opuscolo? Non so, giuro che non lo so. Presidente — Due automobili del Cnen furono comperate dalla « Archimedes » e dallo « Studio Sdd ». Come spiega? Ippolito — Vennero comperate a prezzo di mercato. La « Campagnola » aveva sei anni d'uso, su strade sassose di montagna, la frizione innestava male e la terza e la quarta non funzionavano. Giudice Testi — Questi particolari non interessano. Ippolito — Interessano, sì, perché siamo stati accusati d'aver comprato queste due macchine, una «.Campagnola» e una «1800 Fiat», sottoprezzo... per la « 1800 » dovemmo spendere quasi trentamila lire per metterla in ordine. Presidente — Lei è ac¬ cusato di concorso in peculato per la somma dì due milioni di lire, ricevute in più del pattuito per lavori idrici alla « Casaccia ». L'anziano professore spiega: l'incarico ricevuto dallo « Studio Sdd » per questi lavori ingigantì cammin facendo, sino a raggiungere sei volte la spesa inizialmente prevista. Si preventivarono tre milioni, e alla fine lo « Studio Sdd » dovette invocare un'integrazione, che fu concessa, ma non nella misura che si sarebbe dovuta corrispondere — a detta dell'imputato — secondo le tariffe correnti. Giudice Testi — Sicché lo « Studio Sdd » avrebbe lavorato in perdita? Ippolito — Sissignore, è così. La lunga autodifesa è finita, ed ora il Pubblico Ministero, Romolo Pietroni, che ha ascoltato ogni cosa senza batter ciglio, è in piedi, pronto a muovere le sue contestazioni. Alza il dito sul vecchio professore, tenendo con la sinistra un mazzetto di fogli in cui ha annotato i punti da chiarire. Ma non è ancora il momento: il prof. Gerolamo, guizzando dalla sua sedia con inaspettata energia, si avvicina al banco dei difensori, e da una cartella di cuoio toglie un plico di documenti. Li reca al banco dei giudici. Sono i riconoscimenti internazionali, le copie di numerosi contratti, le lettere accademiche, i verbali delle riunioni delle sue società, e un grande numero di altre carte, il cui elenco l'imputato detta con meticoloso scrupolo al cancelliere. Finalmente, il Pubblico Ministero può prendere ia parola. P. M. — Sicché, suo figlio dalla « Archimedes » non percepì alcuna somma? Ippolito — Mio figlio, il prof. Felice Ippolito, ha già risposto in proposito. Non ha mai ricevuto somme dal la « Archimedes », eccetto che per le relazioni da lui fatte alla società. P. M. — Relazioni? Che relazioni? Ippolito — Data la sua grande conoscenza del mercato internazionale, mio figlio ci aiutava con il suo consiglio. Teneva i contatti ci informava sui mercati dei vari paesi stranieri. La sua collaborazione alla «Archimedes» si riduceva a questo. I suoi rapporti sono in atti, li può leggere quando vuole. P. M. — C'è una lettera dello « Studio Sdd » in cui si chiede al Cnen la liqui¬ dazione delle competenze per i progetti sul trattamento dei liquidi radioattivi della « Casaccia ». L'« Sdd » chiedeva otto milioni, e dagli atti risulta che aveva già incassato acconti per nove milioni. Come spiega? Ippolito — Non posso rispondere: queste cifre emergono dalla perizia, che è un ammasso confuso di assurdità. Chiedo scusa per questo giudizio, ma è così. Posso solo rispondere che se allo «Studio Sdd» è stata data una cifra superiore, ciò significa solo che sono stati svolti lavori molto più gravosi di quelli che agli inizi s'erano preventivati. P. M. — Ritorniamo alla « Archimedes »: lei ha detto che questa società era capogruppo di altre società. Ippolito — Ho detto che si stabilì, per affrontare il mercato, di presentare tutte le società cone se fossero collegate tra loro. Ciò fu deliberato dal Consiglio di amministrazione della « Archimedes ». P. M. — Quindi la « Archimedes » aveva le funzioni di società leader? Difensore Alfredo De Marsico — Soltanto come centro d'irradiamone del lavoro, signor 'ibblico Ministero. L'imputato l'ha già detto. P. M. — Quando fu tenuta la riunione in cui si decise questo? Ippolito — Il 2 maggio 1963. Il verbale è agli atti. P. M. — E questo verbale fu redatto all'istante, o qualche tempo dopo? Insorgono i difensori: la domanda, gridano, non è pertinente. Il pubblico accusatore risponde che invece è pertinentissima, e fa balenare il sospetto che questo collegamento « proforma » tra le varie società, senza connessioni specifiche nel campo degli affari, possa essere stato un espediente posteriore, messo in atto quando si profilò l'accusa di « concorso in interesse privato in atti d'ufficio ». Il prof. Ippolito comunque non è in grado di dare una risposta sicura circa l'epoca in cui venne steso il verbale che forma oggetto dell'episodio. « Le varie società conservarono la loro indipendenza », ripete l'imputato. Dal verbale che vien letto in aula, sembra proprio che le cose stessero così. Il processo continuerà dopodomani, con l'audizione degli altri coimputati. Gigi Ghirotti Gerolamo Ippolito, padre del prof. Felice e coimputato, mentre depone. A destra, al banco, l'imputato (Telef. Ansa) Il p.m. Pietroni, a sinistra, l'avv. Gatti, una delle figlie e la moglie di Ippolito ieri in aula (Telefoto A. P.) Un atteggiamento di Gerolamo Ippolito ieri durante la dapoe .->r (Telef. Ansa)