Il «poveruomo» Mussolini nella biografia d'un inglese di Paolo Monelli

Il «poveruomo» Mussolini nella biografia d'un inglese UN DISCUTIBILE LIBRO DEL DIPLOMATICO KIRKPATBICK Il «poveruomo» Mussolini nella biografia d'un inglese Una breve notizia di cronaca di alcune settimane fa annunciava la motte del diplomatico inglese sir Ivone Kirkpatrick, clic fu segretario d'ambasciata a Roma dal 1930 al '33, alto commissario in Germania, e dal '53 al '57 sottosegretario permanente al Foreigh Office. E proprio in quel giorno compariva nelle vetrine dei librai londinesi una sua ponderosa opera di quasi settecento pagine fitte, Mussolini, Study of a Demagogue (Odhams Books, 1964). Mussolini e il fascismo sono di moda da qualche anno nei paesi anglosassoni; ma, ad eccezione di F.W. Deakin clic per il suo studio The brinai Friendship potè attingere agli archivi tedeschi e italiani e lavorò su molto materiale inedito, anche se non sempre bene interpretato, generalmente gli altri biografi non han fatto che rielaborarc quanto era già stato detto da altri; ma soprattutto senza sottoporre ad alcun esame critico le fonti, cogliendo senza scelta da destra e da sinistra, apologie dei familiari, memorie di interessati e di protagonisti, dando lo stesso valore al pettegolezzo, all'invenzione ed al fatto accertato. Sir Ivonc Kirkpatrick, descrivendo le origini le azioni e le vicende drammatiche di Mussolini non si è comportato altrimenti; le fonti a cui ricorre più ciecamente sono opere di epigoni del fascismo, o le sospette memorie della moglie e della figlia di (Mussolini, o quella My Autobiography pubblicata a Londra nel 1928 col nome di Beniro .Mussolini, superficiale inesatta e apologetica, che il traduttore Richard \V. Child, ambasciatore a Roma dal 1921 al '24, dice di avere scritto lui stesso sotto dettatura di Mussolini. Cosi, fra altre fantasie, leggiamo nel libro del Kirkpatrick il romanzesco episodio del padre di Mussolini che la sera avanti al focolare della cucina legge ai ligli giovinetti il « Principe » di Machiavelli: trasportato però con maggiore inverosimiglianza al tempo in cui Mussolini soldato a Verona tornava a casa in brevi licenze. E si veggono attribuite al dittatore quelle parole, che avrebbe pronunciato subito dopo l'attentato della pazza irlandese Violet Gibson, «Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se muoio vendicatemi » che son vecchie di quasi due secoli, le avrebbe dette per primo il conte De La Roche Jaquclein, che fu capo dei vandeani insorti contro il governo rivoluzionario repubblicano (i795-"4)- E descrivendo minuziosamente la marcia su Roma dà tutto il merito dell'azione al dittatore, lodandolo per le disposizioni date e per la perfetta sincronizzazione dei movimenti; quando e provato in vari scritti che quell'anno 1922 il capo de! fascismo era irresoluto, tentennante, in certo, e fu indotto ad agire solo dalla spregiudicata risolutezza di Italo Balbo e di .Michele Bianchi. Nel vivace capitolo 70, ove l'autore si sforza di dare un ri tratto del personaggio « che non piacerà a chi vede il. lui soltan t'> un'incarnazione del male, né a coloro che mi hanno scritto insistendo che faccia noti i servigi che ha resi all'Italia », non appare una diversa visione dell'uomo da quella clic esce daliebiografie già note: in continua contraddizione con sé stesso, imprevedibile, superficiale nei giudizi, vanitoso, incapace di autocritica; « Piuttosto che Lisciarsi guidare dalla ragione, si fondava sulla fiducia in sé, sulla sua forza di volontà e sull'intuito ». Della sua incapacità di giudicare uomini ed eventi si dà prova citando una serie di sue previsioni sbagliate : « La Russia diverrà ben presto un paese borghese di piccoli proprietari. In Inghilterra il comunismo prenderà sempre più piede. I soldati inglesi non sono in condizioni di combattere nei paesi caldi appena si muovono, la dissenteria li stermina ». Un giudizio originale trovo là dove parla della campagna di Mussolini per l'intervento 111 guerra il novembre del 1914, e la rottura col partito socialista. « Quella rottura esercitò un'influenza su di Itti per tutto il resto della 'ita vita. Ne usci con un senso di colpa. Acquistò ia mentalità d'un rinnegato c si sentì costantemente indotto a far la pace con i socialisti. Qua sto complesso di colpa rafforzò più tardi la risoluzione di restar fedele all'alleanza con . tedeschi, e negli ultimi mesi di vita gli ispirò il meschino esperimento di far rivivere il socialismo nella sua repubblica di Salò ». La parte più originale e più interessante dell'opera del Kirkpatrick, frutto della sua esperienza diplomatica, di informa zioni dirette, c della conoscenza dei personaggi, sta nei capitoli ove esamina la politica cste- cocicicitaposcvem(apmbdnctarizsmpfidcinpccspuctv«gFmpAlbltilcleittCmtlctsmamPacdsira del dittatore, i suoi rapporti a e o i r o o , e o o i . e n é o n ea i a a rn nti ni i eo a 11 e a. nen ia si a a rdi . di eadi iù kea npie- con Hitler j con le potenze occidentali. Fra le righe, o esplicitamente, fa accusa alla Francia e soprattutto alla Gran Bretagna di non aver saputo opporsi, dal 1034 al 35, al fatale scivolare del dittatore italiano verso la Germania, attirato suo malgrado dal malsano fascino (altro che il suo, esercitato soprattutto sui visitatori, disarmante sorriso di buon uomo cui bastava a ingentilire un calore di adulazione), dal fatale fascino del dittatore tedesco. Per Hitler ebbe al primo incontro a Venezia (1934) soltanto disgusto e irritazione; derise le sue nebulose teorie razziali, ne vituperò l'antisemitismo, osò persino al primo comparire insieme all'ospite ad una finestra d'una villa di Stra far di soppiatto segno ai suoi gc circhi che l'ometto impacciato in impermeabile giallo e cap pcllo sul ventre che gli stava accanto era matto nella testa, toccandosi la fronte con l'indice. Ma con i successivi incontri sopravvennero altri sentimenti; prima la gelosia, poi la paura, una tremenda paura quande si convinse in quale pericolo mortale sarebbe incorso chiunque volesse opporsi al suo volere. « Avrebbe potuto resistere meglio se la Gran Bretagna e la Francia si fossero opposte con maggiore risolutezza alle sempre crescenti pretese di Hitler Ala Mussolini era convinto che le democrazie fossero inguaribilmente pacifiche; parlando con lui i governanti francesi e bri tannici accentuavano piuttosto il loro desiderio di pace che la loro forza militare. Hitler non commise questo errore. Mussolini s'interessava solo alla forza e con angoscia dal rapidissimo inquietante sviluppo della potenza militare della Germania trasse l'inevitabile conclusione Cadde sempre più sotto il dominio personale di Hitler. S'intendeva assai poco di arte della guerra, e Hitler stordendolo con un torrente di parole militaresche e di statistiche lo persuase che 'a Gei-mania era inincibile. E l'esitante duce cominciò a credere con certezza alla vittoria della causa comune ». E' . curioso che Franz v->n Papcn, vice cancelliere del Rcich, che gli fece visita nel '33, confrontando i nibelungici atteggiamenti di Hitler con il contegno « calmo e dignitoso » di Mussolini, previde che questi avrebbe avuto una buona influenza su Hitler. Un altro cattivo profeta. Ancora nel '35 la Francia e la Gran Bretagna avrebbero potuto trattenere Mussolini. Il quale il luglio dell'anno precedente, dopo l'assassinio di Dollfuss, aveva avuto il coraggio di mandare le sue truppe al Brennero e di ammonire severamente Hitler che l'Italia avrebbe difeso ad ogni costo l'indipendenza dell'Austria : « Ed era tuttora schiumante di furore contro la Germania ». Kirkpatrick ritiene che l'aprile di quell'anno '35, alla conferenza di Strcsa, la pace la si sarebbe ancora potuta salvare. « Si resa fu una svolta fatale nella carriera di Mussolini. Si illudeva di poter ottenere due cose: il sostegno attivo della Gran Bretagna e dalla Francia per tenere a freno Hitler, non sentendosela di assumersi da solo la responsabilità di difendere l'indipendenza dell'Austria; e la mano libera in Etiopia. Grandi da Londra gli aveva scritto che sul primo punto gli inglesi avrebbero aderito al suo desiderio, ma del secondo non volevano nemmeno sentir parlare. Tuttavia Mussolini ritenne che con un po' di diplomazia si sarebbe potino trovare un accordo. Se avessero accettato la sostanza delle sue richieste, sarebbe stato pronto a fare larghe concessioni sulla torma ». Perche convien dire che Mussolini in quella primavera del 1935 ebbe paura di essersi arrischiato troppo, pensando di invadere con un esercito quel misterioso impero africano che in quattromila anni nessuno aveva mai osato attaccare (come disse Churchill, ammirando nel 1936 la veloce conquista dell'Etiopia). Il convegno di Stresa fu un dialogo fra sordi; soprattutto per l'atteggiamento incerto e ti moroso del primo ministro in glesc iVlacDonnld, clic pur conoscendo i progetti di Mussolini non disse una parola dell'Etiopia; e sulla faccenda austriaca non volle prendere alcun impegno preciso. Si finì con una dichiarazione comune, un impegno a collaborare per il mantenimento della pace in Europa. La minuta dell'accordo parlava soltanto di pace; ma Mussolini chiese un emendamento, non pa ce semplicemente, ma " pace in Europa ". « L'importante correzione passò inosservata, o almeno non sollevò alcuna contestazione da parte britannica ». Mussolini si illuse, con quella ladiafcotaMamstntr« hsppcohctadnspm16vme taGnadnmddflttccucadsarcdbmsmlmprnndnlolcmepltMpprsasGndltcsLrti | sua machiavellica, di aver preso a , r d la mano ai cautelosi britanni, e di poter risolvere il problema africano da sé. Terminato il convegno — come raccontò più tardi Grandi al Kirkpatrick — Mussolini accompagnato dal suo ambasciatore a Londra andò alla stazione a salutare la delegazione britannica. Appena partito il treno si volse irritato a Grandi: « Bell'ambasciatore che sci. Mi hai detto che per l'Austria la risposta inglese sarebbe stata sì e per l'Etiopia no. Vedi invece cos'è successo. Per l'Austria hanno risposto no e per l'Africa sì ». Due mesi dopo la Gran Bretagna commise un altro « imperdonabile errore », come lo definisce il Kirkpatrick, clic finì di spingere l'Italia nella fossa germanica. Bisogna ricordare che il 16 marzo 1935 la Germania aveva stabilito di riarmarsi, di rimettere in vigore la coscrizione e di creare un esercito di trentasei divisioni. « Il 18 giugno la Gran Bretagna, senza consultare né Francia né Italia, perdonava a Hitler la flagrante violazione dai trattati firmando un accordo navale anglo-tedesco che limitava la futura forza navale dalla Germania al 35 per cento di quella britannica. Dal primo fatto, il riarmo tedesco, Mussolini dedusse che doveva affrettarsi a portare a fi . la progettata impresa in Etiopia prima che Hitler fossa pronto. Dal secondo, che la Gran Bretagna era un alleato debole e da farci poco conto; e sa aveva con tanta amabilità perdonata la rottura dei patti ad una Germania che stava diventando una minaccia alla sua sicurezza, a più forte ragiona non sa la sarebbe presa con un'Italia armata, par difandare l'integrità di un paasa bar baro in cui non aveva interessi materiali. Quest'ultima conclusione sembra abbastanza logica; ma il duca ignorava che la politica britannica è spesso alla mercé di improvvisi impeti di passione popolare, emotiva e irrazionale ». Il Kirkpatrick inclina a riconoscere alcune virtù a Mussolini, specialmente nel confronto di Hitler 1 he giudica assai meno originale c interessante; celebrandone, anche lui, lo straordinario potere di affascinare la gente. « Proprio negli cui che Mussolini, abolito il Parlamento, astinte le libertà civili, eliminato ogni tuo avversario politico con la prigione o l'esilio, governava a suo arbitrio, tutto il mondo era persuaso che Mussolini tacesse grandi cosa per l'Italia. Nessun altro uomo politico in Europa godeva allora di così alto prestigio ». Kirkpatrick racconta come Ramsay MacDonald tornò dal suo viaggio 1 Roma, l'anno 1933. addirittura « stregato » da Mussolini, e durante le sedute del Gabinetto attaccava bottoni clic non finivano più sulle sue grandi qualità. Lo stesso avvenne a DurT Cooper, entusiasta anche lui dopo aver fatto visita al dittatore. Sembra che il solo torto che facessero gli inglesi al fascismo in quegli anni dal 1930 al '3i fosse il latto di tener (er¬ rlKpCulcnubsClmdcddfecmpddg rata in una angusta gabbia la lupa capitolina: cosa, dice il Kirkpatrick, che suscitò vivaci proteste dagli zoofili britannici. Churchill ancora nel 1940, in un suo messaggio radio agli italiani, disse « non posso negare che l'uomo che vi ha gettati nella guerra sia un grande uomo ». E anche il Kirkpatrick, attribuendo a parzialità politica il severo giudizio di Benedetto Croce (uomo di limitata intelligenza, senza alcuna sensibilità morale, ignorante di quella fondamentale ignoranza che non comprende le qualità elementari delle relazioni umane, incapace di scrupoli, sempre oscillante fra l'arroganza e il servilismo etc.) confessa che, pur non chiudendo gli occhi davanti al male che fece, considera con più tolleranza questo episodio della storia italiana. « lo personalmente sono — scrive nella prefazione - incline a trovarmi d'accordo con Grandi, che un giorno conversando con me conclusa un lungo discorso sulle vicenda dalla vita di Mussolini con un sospiro e due parola : " Vover'uomo " ». Paolo Monelli