Una cordata di alpinisti torinesi colpita dal fulmine sulla Lavaredo

Una cordata di alpinisti torinesi colpita dal fulmine sulla Lavaredo Lungo In «via Cassili > della V.itna Occidentale Una cordata di alpinisti torinesi colpita dal fulmine sulla Lavaredo Per alcuni minuti sono rimasti svenuti e penzolanti sull'orrido abisso - Erano incrodati alla parete - Uno di essi (Andrea Niellano) seriamente ustionato: la folgore ha fuso la catenella d'oro che aveva al collo e gli ha strappato uno scarpone - Raggiunta la vetta nonostante la paurosa avventura (Nostro servizio particolare) Cortina d'Ampev./.o, 8 giugno. Una cordata composta da due noti alpinisti torinesi — Andrea Mellano di 29 anni e Giovanni Brignolo di 25 — e dal monzese Romano Perego di 29 anni è stata protagonista di un drammatico, eccezionale episodio durante la scalata della parete nord della Cima occidentale di Lavaredo. I tre giovani, mentre si trovavano poco oltre la metà della difficile * via » di sesto grado (aperta anni or sono da Cassin) sono stati colpiti da una folgore. Tutti e tre sono svenuti, ma per un caso che può ben dirsi prodigioso si sono salvati perché in quel momento erano fermi su una piccola cengia, assicurati ai moschettoni, in attesa che si placasse un furioso temporale. Andrea Mellano ha però ripor¬ tato serie ustioni e varie contusioni. L'episodio ìi avvenuto Ieri l'altro, tuttavia si è conosciuto solo ora in quanto i protagonisti — riusciti nonostante tutto a portare a compimento l'impresa — hanno voluto tacere l'accaduto sino a quando non sono stati in grado di comunicare con i familiari per placare ogni apprensione. Perego, Mellano e Brignolo (ben noti per il loro « curriculum » alpinistico, che comprende la nord del Cervino e, per i primi due, la terribile nord dell'Eiger) erano partiti dal rifugio «Auronzo» di buon mattino, con cielo sereno, in condizioni meteorologiche apparentemente favorevoli nonostante le Cime di Lavaredo ancora fossero incappucciate di neve. A mezzogiorno essi avevano già superato per oltre metà la dura ascensione lungo la parete nord della. « torre » occidentale, quando il tempo si guastava e in breve si scatenava un apocalittico temporale, accompagnato da violentissime scariche elettriche. Decidevano perciò di ancorarsi alla parete in un punto relativamente « accogliente ». A questa misura di sicurezza debbono la vita. Infatti una delle folgori, strisciando sulla parete, investiva ad un tratto gli scalatori che perdevano i sensi e restavano quindi penzolanti sull'orrido abisso per alcuni minuti. •-Nessuno di noi — racconta Mellano — può dire esattamente che cosa sia accaduto. 10 meno degli altri perché la folgore, come ho più tardi ricostruito, si è letteralmente scaricata su di me, raggiungendo la catenella d'oro che portavo al collo. Ho trovato frammenti della catenella e la medaglietta dentro la mia camicia. Il fulmine è guizzato sul mio corpo, mi ha ustionato 11 petto, una gamba e mi ha portato via lo scarpone sinistro. « Quando ho ripreso i sensi, sono stato aiutato dai miei due compagni che già si erano riavuti da qualche istante: non mi rendevo conto di quello che fosse accaduto, attorno a noi la tempesta ancora mugghiava spaventosa. Abbiamo atteso in quelle drammatiche circostanze per un po', quindi abbiamo decìso di proseguire, anche perché ormai ci restava da compiere poco più d'un terzo della scalata ». Benché con un piede scalzo e benché ustionato, Mellano è stato in grado di salire sino in cima insieme ai suoi tre compagni, quando già stava scendendo la notte. Fradici dalla pioggia e soprattutto dalle scariche d'acque provenienti dai nevai in disgelo che li avevano investiti nella parte Anale dell'ascensione, i tre giovani hanno bivaccato con una temperatura molto rigida sulla sommità della ' Cima occidentale che raggiunge i tremila metri di altitudine. Non è stata certo una notte allegra, ma all'alba essi sono potuti scendere senza ulteriori complicazioni lungo la facile via normale sino al rifugio «Auronzo» dove già si nutrivano angosciose apprensione sulla loro sorte. r. g.