La funzione del Teatro Stabile dal primo dopoguerra ad oggi

La funzione del Teatro Stabile dal primo dopoguerra ad oggi La funzione del Teatro Stabile dal primo dopoguerra ad oggi Una conferenza di Gianfranco de Bosio -1 dieci anni di vita del complesso torinese, nato nel '55 Gianfranco de Bosio, direttore cor Fulvio Fo del Teatro Stabile di Torino, ha ripercorso ieri, in una conferenza al Gobetti, la storia di questa ancora giovane istituzione cit tadina. Dalla fondazione (1955) a oggi lo Stabile di Torino ha messo in scena 62 opere, di cui 39 italiane; nel '55 le presenze degli spettatori furono 26.500, in questo anno '63-'64 sono diventate 157 mila; gli incassi da 8 milioni di allora sono giunti a 157 milioni. Gli abbonati in città che all'inizio erano 147, sono ormai 9291. Cifre importanti che testimoniano un rapporto positivo con il pubblico. Ma se le statistiche possono interessare, v'è qualcosa che vale di più, ossia il carattere artistico dello Stabile, le sue intenzioni culturali, le mete raggiunte. L'inaugurazione av- venne nel '55 con Gli innamorati di Carlo Goldoni; e il nome, l'alta virtù comica del veneziano furono poi sempre presenti — sommo magistero — nell'attività dello Stabile. De Bosio ha ricordato Pamela nubile, La cameriera brillante, Il bugiardo qui rappresentati, ma ha soprattutto sottolineato che esempio ideale, vivo, fresco, fertile, e quasi santo patrono dello Stabile fu sempre, ed è, il grande commediografo. Il che non ha impedito, anzi ha forse favorito, reso più agile e mossa la ricerca di un nuovo mondo sce nico perfettamente moderno, e rispondente alle esigenze d'0ggL Lo Stabile ha quindi assunto spesso l'aspetto, la dimensione, il rilievo di un teatro popolare. Popolare nel senso di una particolare forma e rappresentmpegnata coloritura, di una lazione schietta e che porta al centro dello spet taccilo il popolo, la gente povera, l'acre crudezza della vita. Così Lxo'.u di Pirandello a la Moscheta del Ruzzante, la Giustizia di Dessi e il fortu nato, festoso Bertoldo a corte di Dursi, esprimono più o me no la stessa cosa: il sentimen to profondo, generoso, inge nuo, espertissimo e desolato della società italiana nei suoi strati più bassi, nel suo sottofondo segreto, inesplorato e così denso di sangue e di linfa. Gli spettacoli — ha detto De Bosio — furono tuttavia vari nel pittoresco, nel linguaggio, nello stile. Il ballo dei ladri, Qui non c'è guerra, Antonello oapobrìgante. La Celestina, La sua parte di storia. Ma non è il caso di riportare qui l'accurata cronaca del De Bosio. Piuttosto è bene indicare quello che De Bosio ha detto dei teatri stabili in genere, e della loro nascita e del loro accrescimento, dalla fine della guerra in poi. Il teatro dell'Ottocento, testi e spettacoli, non rispondeva più alla sensibilità, ai gusti, alle preoccupazioni delle generazioni nuove. Le compagnie di giro stentavano a riprendere flato, a rispecchiare la diversità di quel mondo uscito con strazio dalle grandi catastrofi. I teatri stabili, afferma De Bosio, sorsero naturalmente da quella situazione, cercarono con strutture diverse, con forme inedite, rifiutando ciò che del passato era ormai vecchio e inadeguato, cercarono di raccogliere le voci e le immagini di una società che si delineava ormai, nello sforzo e nel dolore, con energie nuove e nuovi tormenti e aneliti. I teatri stabili vanno guardati in una prospettiva societaria e culturale, ed a questo patto si può incominciare a farne la storia. Il De Bosio fu molto e cordialmente applaudito; e così si è conclusa la serie di conferenze sullo spettacolo in Piemonte, che lo Stabile stesso aveva organizzato. f. b.

Luoghi citati: Piemonte, Torino