Al servizio della nazione di A. Galante Garrone

Al servizio della nazione Al servizio della nazione Dopo laboriose discussioni fra uomini di governo e segretari di partito per esaminare le candidature ad alcune tra le più alte cariche direttive della Rai-tv, il consiglio di amministrazione dell'ente radiotelevisivo ha proceduto ieri alla nomina del presidente e di due vicepresidenti. Già si conoscevano i designati, e nessuno intende giudicare qui i loro meriti. Al di là del valore delle personalità scelte, tuttavia, resta un problema che vale per la direzione di ogni ente pubblico, ma soprattutto della Rai-tv. Il dilemma è semplice, chiaro: o si vuole un organo che passivamente rifletta, con accorto dosaggio, la coesistenza e la rispettiva influenza di determinati partiti, o un organo che in modo autonomo assolva una funzione di « servizio pubblico ». O uomini disposti ad abdicare ai loro poteri, e confinati a compiti burocratici o di partito, quando non soltanto decorativi; oppure uomini di prestigio, energici, sinceramente democratici, che credano nella libertà per tutti, e abbiano il senso dello Stato. Quello Stato che, per la sua continuità, per la compresenza di tutte le correnti ideali, per il rispetto garantito delle minoranze, non può identificarsi con il potere governativo, ma lo trascende. Si parla spesso, e da opposte parti, in questi tempi d'infuocate polemiche sulla Rai-tv, dell'invidiato modello della B.B.C, britannica, del suo ben congegna* to statuto; ma non si dice abbastanza che ciò che conta, in quel paese, non è tanto la bontà di una legge in sé, quanto la sua quo tidiana applicazione, il vivo consenso che l'anima, l'in valicabile limite di certe norme di correttezza e di costume. In Inghilterra, l'ente radiotelevisivo non è al servizio dei conservatori o dei laburisti, ma al servizio della nazione. Il primo direttore, Lord Reith, ebbe a dire in anni ormai lontani: «La B.B.C, non è la voce del governo britannico, ma è la voce della Gran Bretagna ». E fu merito suo, e dei suoi successori, se queste parole divennero realtà. Cosi che l'attuale direttore generale ha potuto a buon diritto ripetere: «La B.B.C, non è una filiale del governo; è un servizio pubblico completamente indipendente ». E si noti che i nove governatori del consiglio superiore (noi diremmo: i membri del consiglio di amministrazione) sono nominati dalla Regina; cioè, di fatto, dal governo. Ma una volta nominati, essi sono, ed effettivamente si sentono, del tutto indipendenti. Un sipario di ferro li protegge dalle alte sfere. Si considerano responsabili solo di fronte alla nazione. Il governo ha, sì, determinati poteri di intervento e di divieto; ma quando se ne avvale — e accaae ben di rado —, tutti lo sanno. Non agisce nell'ombra discreta e col filo invisibile di un'istruzione ministeriale o di un suggerimento di partito; ma alla luce del sole. Abbiamo anche noi bisogno che i dirigenti dell'ente radio-televisivo si sentano — come Lord Reith — responsabili soltanto di fronte al paese. Questo può essere il momento buono; l'ambasciatore Quaroni è uno di quegli alti funzionari che si dicevano un tempo « grandi servitori dello Stato ». Occorre che si anteponga sempre lo Stato al partito, e la libertà aperta, senza restrizioni, al prudente equilibrio politico, al compromesso opportunistico. In Francia, dove il governo Pompidou ha presentato in questi giorni un progetto di riforma della radiotelevisione, dopo altri quindici presentati dal 1947 in poi, il ministro Peyrefitte ha detto di volere «.conciliare democraticamente le servitù necessarie e la libertà augurabile ». Non è una formula molto felice; anche perché l'accento sembra cadere più sulle servitù, che sarebbero una necessità, che sulla libertà, che sarebbe soltanto... un augurio. La via che i dirigenti nominati ieri vorranno battere sarà — lo speriamo e lo pensiamo — un'altra. Il loro compito non è facile: nonostante le più ferme intenzioni di « rompere col passato », sappiamo benissimo la forza e la convenienza della regola: quieta non movere. E' sempre arduo rifiutarsi di accampare a propria giustificazione le « servitù necessarie » ed intraprendere lo spinoso cammino dell' « augurabile libertà » ; ed in ogni caso la scelta di buoni dirigenti deve essere seguita, se si vuole un autentico progresso, da ben più larghi mutamenti. Il problema di una riforma della Rai-tv desta echi nell'opinione fino a ieri impensati. Tutto è stato messo sul tappeto. I pareri sono discordi; né certo chi scrive presume che i propri siano i migliori. Credo però che siamo in molti a concordare con quanto diceva l'altro giorno Jemolo, che l'attuale regime di monopolio possa e debba essere reso compatibile con i principi di libertà. Non è facile dire in qual modo; ma un modo deve essere a tutti i costi trovato. Per questo, si dovranno discutere a lungo, apertamente e seriamente, le necessarie riforme, proprio come si usa fare in Inghilterra. Intanto sarà forse opportuno che gli uomini nuovi scelti per le cariche direttive, attraverso l'opera quotidiana e promuovendo inchieste qualificate, spianino la via a un ente radiotelevisivo che sia veramente al servizio della nazione. A. Galante Garrone

Persone citate: Lord Reith, Peyrefitte, Pompidou, Quaroni

Luoghi citati: Francia, Gran Bretagna, Inghilterra