Furono gli ultimi eredi dei combattenti del 1915 di Paolo Monelli

Furono gli ultimi eredi dei combattenti del 1915 IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE NEL 1944 Furono gli ultimi eredi dei combattenti del 1915 Il 19 dicembre dello scorso anno ho ricordato in queste colonne il coiiibiittinicnto di Montclungo, la prima battaglia contro i tedeschi di un minuscolo corpo militare italiano, « primo raggruppamento motorizzato » costituito in Puglia meno di tre settimane dopo l'annuncio dell'armistizio per affermare di fronte agli alleati la risoluta volontà del governo italiano di collaborare attivamente alla guerra. Volontà di azione clic si urtò subito contro i sospetti, i dubbi, il partito preso degli alleati, clic i soldati italiani li volevano docili scaricatori di porto, conducenti di muli, manovali c badilanti. « Gli alleati, all'inizio, — scrisse in un suo libro di memorie il generale Paolo Bcrardi, in quel tempo capo di stato maggiore dell'esercito — si preoccuparono di una cosa sola: avere della manovalanza, prelevandola comunque, a costo di rovinare qualsiasi organismo; per ottenerne non esitarono ad assorbire anche ottimi reggimenti di fanteria, come il 67° che aveva combattuto sulla strada di Montecassino. h'on altrimenti agirebbe chi, per sollevare l'acqua ad un pozzo, sottraesse il motore di ttna magnifica Alfa Romeo ». Il generale Bcrardi s'era illuso di poter allineare accanto agli alleati un piccolo esercito autonomo, una ventina di divisioni di cui dicci di pronto impiego; invece dopo molti contrasti gli concessero per il corpo motorizzato cinqucmilacinqucccnto uomini; c quando questo si trasformò nel Corpo italiano di Liberazione ne fissarono il limite a dodicimila uomini; c soltanto con vari stratagemmi lo stato maggiore riuscì a portarlo a quasi venticinquemila. Come ho narrato, il primo raggruppamento entrò in azione il g dicembre a Montclungo, sulla via di Cassino; con due battaglioni del 670 fanteria, il battaglione di allievi ufficiali bersaglieri e il 50 battaglione anticarro. Il comando americano impostò male l'azione, dimostrando fra l'altro d'ignorare del tutto quali poderose difese i tedeschi avevano costruito sul monte. 1 nostri furono mandati allo sbaraglio su una altura nuda e aspra, circondata da ogni parte da monti più alti occupati dai tedeschi, senza preparazione d'artiglieria c senza una concomitante azione americana sui fianchi. Se gli alleati volevano fare un esame al valore italiano, il valore italiano superò la prova. « Ma — scrisse il generale Bcrardi — avvenne ciò che doveva avvenire: i nostri avanzarono, furono presi di fianco dai fuochi tedeschi, ebbero notevoli perdite e tipiegarono scoraggiati. Scoraggiati i soldati per la loro virtù punita, scoraggiato il comando del taggruppamento per h fortuna che non aveva arriso — per cclpa non sua — agli sforzi generosi; ed assalito dal dubbio che il raggruppamento non fosse eia in vado di rimanere in linea ». Davvero mancò poco in quei giorni che il generoso progetto di partecipare alla guerra fosse strozzato sul nascere. Dallo scoramento i più si ripresero, confortati dall'affettuoso cameratismo del generale Clark, comandante la 5* armata americana. Disse loro il generale, riconoscendo lealmente l'errore commesso col primo tentativo, « Voi ripeterete l'azione meglio aiutati; dopo che avrete riconquistato Montelungo sarete ritirati e riordinati». Cosi avvenne. La battaglia fu ripresa il 16 di cembre, gli americani inquadra rono l'azione dei nostri con puntate offensive delle loro truppe da una oarte e dall'altra del monte; i fanti, sostenuti dal fuo co dei nostri pezzi da campagna piazzati allo scoperto, rag giunsero la vetta con impeto generoso, e dopo due ore di combattimenti da vicino il ne mico fu posto in fuga. Dopodiché il raggruppamento fu ritirato dalla prima linea per cs sere riordinato. In quelle lue battaglie, c in ardite azioni di pattuglia aveva perduto ottanta morti, centonovanta feriti, centocinquantanovc dispersi. Da quell'azione cruenta, da quel sacrificio clic uomini politici c partiti giudicarono inu tile o peggio, contro il malvo lcre degli alleati, contro diftìcol ti logistiche d'ogni genere, nacque poche settimane dopo quel Corpo italiano di Liberazione (CIL.) di cui si sa ancora trop po poco in Italia, che avanzò combattendo da Cassino fino alla linea gotica, fino ad Urbi 110 ed oltre il Mctauro nella primavera c nell'estate del '44; che alla lista dei morti di Montclungo aggiunse centinaia di altri caduti, i più oscuri tutto 11. i più ignorati della guerra, della riscossa e della Resistenza. Bisogna pensare al particolare srato d'animo di quei combattenti per apprezzarne l'opera. Erano soldati di leva o richiamati fin dall'inizio della guerra perduta; reduci dalla Russia, dall'Albania, dalla Grecia, dall'Africa settentrionale; avevano quasi tutti la famiglia oltre la linea che aveva spezzato in due la penisola e non ne sapevano la sorte. Sapevano di essere rimasti essi soli a far la guerra: tutti gli altri erano a casa, o congc' itisi da sé all'annunzio dell'armistizio, o militari addetti a servizi di retrovia. Non erano, come si può dire degli appartenenti alle formazioni partigiane, « sorti cantando a chiedere la guerra »; ci si erano trovati dentro loro malgrado, perché il loro reparto non si era disciolto come tanti altri. I fanti del 67° e 68", brigata Legnano, proprio per non essersi sbandati il 9 settembre ebbero in premio questa bella giunta; gli alpini del battaglione Piemonte, colto dall'armistizio a Bari in procinto di partire per il Montenegro, rafforzati da alpini del Finestrelle sbarcati allora allora dalla Croazia e da altri tratti da un campo di sbandati, quando s'accorsero che gli avevano tolti alla vita di guarnigione o all'ozio del campo contumaciale per rifarne dei soldati gridarono sulla faccia del loro nuovo comandante « Nni la fuma pa pi la guera, boia fatisi, noi a guerra non la facciamo più »: 1 il maggiore, grinta e piglio altrettanto duri, li lasciò sfogare, disse che per la guerra si sarebbe veduto, intanto gli avrebbero distribuito indumenti freschi e razioni maggiori; c tre mesi dopo 1 battaglione conquistava l'arino Monte Marrone e lo teneva contro i rabbiosi contrattacchi dei tedeschi. Erano i più scalcinati soldati del mondo, con un'incredibile miseria di armi c di rifornimenti, a contatto con alleati ricchissimi di tutto. Pochissime armi automatiche, di carri armati nemmeno l'ombra, di servizi motorizzati poco o nulla; si portavano al seguito gli impedimenti su carri trainati da bovi lenti e riluttanti. Così entrò un giorno in un borgo conquistato poche ore prima dai suoi arditi il battaglione alpino Monte Granerò, e gli abitanti che accorrevano fuori dei rifugi c su dalle cantine per acclamarli, quando videro passare in coda al battaglione quindici carri con i sacchi c le casse di cottura tirati dai buoi scoppiarono a ridere, e dicevano « sono arrivate le truppe motocorazzate ». Ho avuto l'onore di essere con loro, quell'estate del '44, a Belvedere Ostrcnse, a Castclleone di Suasa, a Cagli, ad Acqualagna, fanti del 68" reggimento alpini, paracadutisti della Nembo, bersaglieri del 4", marinai, arditi del 9° reparto, ed avevo l'impressione di essere tornato alla guerra del 1915 quando questa era ancora di movimento, lo stesso avanzare con azioni di pattuglia e di piccoli elementi, sostenuti da artiglierie leggere. Forse i soli soldati che in qucla gigantesca fronte di battaglia, dalla Normandia all'Adriatico, dal Baltico ai Carpazi, combattessero ancora una guerra di fanteria con gli accorgimenti, le rinunce, la necessità della guerra di montagna. Sola paurosa novità, rispetto alla guerra del '15: quelle stramaledette mine che i tedeschi seminavano dappertutto, tra i solchi, sotto i pagliai, fra le macerie dall'aria più innocua; di cui quelli del Corpo italiano di Liberazione erano le vittime più frequenti perché era loro compito anche questo, di nettare le strade e i varchi, e quando si doveva procedere in fretta da arditi e da esploratori non c'era il tempo di cercarle tutte. Sulle prime quei signoroni dei soldati alleati li guardavano con diffidenza, così poveri, così mate in gamba, con le scarpe della sussistenza e quell'uniforme coloniale clic, almeno finché non venne la primavera, dava i brividi al solo guardarli Ma poi vennero le imprese ben riuscite, la conquista e la difesa del Monte Marrone, il colpo di mano degli arditi in Valle di Mezzo, quello dei bersaglieri sul Monte Mare (un sottufficiale e quattordici uomini usciti di loro testa dalle linee balzarono ad occupare il monte e l'osservatorio tedesco sulla vet ta, episodio che fu giudicato frutto della intemperanza di eie menti troppo ardenti, ma clic rivelò presso i soldati del Cil uno spirito ardito e battagliero di cui molti ancora dubitavano), le battaglie dei paracaduti sti sul Monte Cavallo e degli arditi a Picinisco; e s'acquistarono la stima e la simpatia degli alleati per la pazienza, per il coraggio, per la dignità del contegno. Un giorno di luglio, che il Ci' era stato trasferito all'ottava armata nel settore Adriatico, in un paese delle Marche un ufficiale inglese a cavallo per farsi largo tra un gruppo di paracadutisti ne scostò uno col frustino; questi non stette a pensarci tanto, spalleggiato dai compagni sfilò il piede dell'ufficiale dalla starla e spinse in su la gamba e lo ribaltò dal cavallo. Il giorno dopo giungevano al comando della Nembo le scuse del comando inglese per l'accaduto. Verso la metà dell'agosto, con un'avanzata metodica per una regione tutta forre e gioghi e boschi, per un terreno rotto e scosceso, con rari accessi obbligati su cui si accaniva il fuoco delle artiglierie avversarie (contro un nemico che cedeva solo se costretto, scacciato da una quota cercava di riprenderla con un contrattacco c, respinto, la tempestava con cannoni c mortai, c si barricava a difesa sul poggio vicino, e lasciava dietro pattuglie insidiose, clementi disperati che combattevano fino all'estremo), in sette giorni il Cil si portò all'avanguardia della guerra su tutto il fronte orientale dall'alto corso del Tevere all'Adriatico. Entrò in Urbino e in Urbania c qui, raggiunto il margine interiore delle posizioni difensive della linea dei Goti, lo arrestarono: dopo sci mesi di paziente cammino, sempre pestando neve e terra e fango e sasso, senza altri riposi che quelli conquistati vincendo. Il 30 agosto il generale Browning, parlando a nome del generale Alexander, ringraziò tanto 1 soldati del Cil che avevano combattuto bene c subito dolorose perdite: « Ma siete stati sempre vestiti male, equipaggiati peggio; e debbo rimandarvi in retrovia dove vi consegneremo delle armi belle e nuove e vi rivestiremo da capo a piedi. Avete reso un gran servizio all'Italia. Se non aveste combattuto così bene, il generale Alexander non avrebbe mai chiesto ai generali alleati dì costituire per il prossimo anno una forza combattente italiana più numerosa più potente ». Queste parole furono la sola ricompensa che ebbero i soldati del Cil. Il Corpo fu disciolto. I suoi uomini tornarono in linea i primi mesi dell'anno seguente in divisioni nuove chiamate « gruppi di combattimento », con una diversa uniforme ed una non mai sognata ricchezza di carri c di armi. E solo allora, come scrissi appena congedato, ci accorgemmo, noi del Cil, che cos'erano stati quei pochi mesi del '44 per noi. Contenti di essere in pochi, ed in pace con la coscienza, non ci eravamo accorti clic vivevamo le ultime settimane di una tradizione di ottant'anni, di una uniforme, di una gerarchia, di un esercito. Paolo Monelli

Persone citate: Browning, Goti, Mezzo, Paolo Bcrardi