La difesa invoca l'assoluzione di Renzo Ferrari Oggi chiederà ai giudici la perizia psichiatrica di Gigi Ghirotti

La difesa invoca l'assoluzione di Renzo Ferrari Oggi chiederà ai giudici la perizia psichiatrica DRAMMATICA BATTAGLIA ALLA VIGILIA DELLA SENTENZA La difesa invoca l'assoluzione di Renzo Ferrari Oggi chiederà ai giudici la perizia psichiatrica Se la Corte d'Assise dovesse accogliere questa nuova tesi della seminfermità di mente, il processo verrebbe sospeso e rinviato - Nell'udienza di ieri il secondo patrono (l'avvocato Franco Moreno) ha discusso i tre indizi principali: la striscia incollata sul "bitter"; la lettera inviata a Tino Allevi; la morte per veleno - Il legale ha posto in risalto tutti gli aspetti insoluti della vicenda - Ha detto: «Renzo Ferrari è vittima di una serie di errori e di circostanze avverse» - E ha concluso: «Manca la prova principale, il perché del dramma, la spiegazione certa del movente» - «Nel tremendo dubbio, di fronte a un cumulo di semplici indizi, d3vete prosciogliere l'accusato per insufficienza di prove» (Dal nostro inviato speciale) Imperia, 13 maggio. L'avvocato difensore Fran co Moreno che ieri aveva incominciato la sua arringa in favore di Renzo Ferrari, quest'oggi l'ha conclusa con la richiesta d'assoluzione per l'imputato, se non altro per l'incertezza delle prove o degli indizi. L'udienza s'è tenuta nel pomeriggio. All'aprirsi della seduta c'è stato un momento assai curioso in aula: il presidente comunica che gli è giunta una lettera firmata da certa Ma ria Dandi o Daddi o Doddi, genovese. La signora si dice sicura di poter dimostrare alla Corte che il colpevole del veneficio è Arnaldo Paini, il commerciante di formaggi che bevve un sorsetto di quell'in truglio e fu sollecito a rispu tarlo all'istante. Non si sa per quali miste riose vie la preziosa notizia sia giunta alla signora Dandi o Daddi o Doddi. Il presidente, nella giornata di ieri, l'ha fatta ricercare dai carabinieri ma senza risultato. All'indirizzo segnato nella missiva corrisponde un asilo infantile, con annesso convento di suore. Le brave monachelle, urgentemente richieste di chiarimenti, han dato ampie spiegazioni sui formaggi consumati nella loro pia comunità e sui relativi fornitori; ma si son dette all'oscuro delle responsabilità del signor Paini, né l'hanno mai visto, mai conosciuto, e mai vista o saputo chi sia questa signora Maria così al corrente dei fatti su cui s'indaga, a cura della giustizia di Stato, da oltre un anno e mezzo. Venuto per presentare il conto del suo spavento, il povero Paini ha rischiato per un attimo d'essere rilanciato nel centro del processo ma capovolto: non più vittima, ma avvelenatore. La lettera è stata subito allegata agli atti, e tosto s'è passati dal formaggiaio al veterinario. Renzo Ferrari, ieri, s'era sentito un po' sollevato ad ascoltar l'abile suo difensore alle prese con la «grande acousatrice» del processo, Renata Lualdi, da Moreno definita « la tigre ». Quest'oggi l'imputato ha atteso inutilmente una nuova sortita liberatrice: lo zoo del suo patrono era vuoto. C'erano, invece, le dure accuse a suo carico: la «prova della strisciolina> e la « protri della carta ». Vediamo la prima. L'Accusa sostiene che la strisciolina «Terme di San Pellegrino S.p.A. » apposta a tergo del pacchetto ignobile fu ritagliata dal Ferrari da una rivista, «Annali medici», che il veterinario riceveva da qualche anno al suo domicilio di Barengo. La rivista non si trovò in casa dell'accusato, lo stesso Ferrari ha negato 'd'averla mai veduta 1 testimoni si dicono certi e sicuri, e ne olirono la prova, che egli la riceveva. Come la mette l'avvocato Moreno? Ecco qui: di primo acchito il Ferrari negò, perché nega tutto, d'abitudine, in quanto teme tutto. In effetti non si sa se la ricevesse o non la ricevesse: in ogni caso non era un assiduo lettore e immaginiamo che la buttasse tra la carta straccia insieme con molte altre pubblicazioni pubblicitarie. La rivista ha cinquemila abbonati in tutta Italia. Medici, farmacisti e veterinari ma anche aziende di cura e di soggiorno. Queste aziende sono numerose in Liguria, soprattutto nella Riviera di Ponente. Chiunque può averla avuta, por mano e utilizzata, come si sospetta. I sanitari, poi, sono soliti esporre questo tipo di pubblicazioni sui tavoli dell'anticamera dei propri ambulatori. Non potrebbe un paziente qualsiasi essersene impossessato? La cosa, ovviamente, riguarda l'ambiente medico, non quello veterinario i cui pazienti com'è noto non hanno esigenze di lettura. < La " prova della strisciolina " — sostiene Moreno — può dare una sensazione di colpevolezza a carico del Ferrari. Ma non è che un indizio. Lo si doveva meglio valutare entro tutto il raggio di diffusione della rivista " Annali Medici " ». Seconda prova: la carta Hanshi-Koso che l'accusa ha dimostrato essere stata in dotazione al comune di Barengo e corrispondere perfettamente al foglio d'accompagnamento al «bitter». Qui l'esercizio per l'avvocato difensore si fa più difficile. Sostiene i! patrono che non è affatto vero che i testimoni di Barengo hanno voluto favorire il Ferrari. Macché favorito! Lo hanno danneggiato, dice il patrono: se lo avessero davvero voluto aiutare, non sarebbero venuti a raccontare tutto quel che sappiamo sulla carta e sulla macchina per scrìvere del Municipio. In particolare, perché il mes- so Francesco Donna ha raccontato che il Ferrari ricevette da lui un foglio di carta, e poi si ritirò a scrivere nell'ufficio del segretario? L'episodio, ricostruito dall'avvocato, andò in altro modo: Renzo Ferrari va in municipio e desidera scrivere qualcosa per conto suo. Che cosa? Non certo la lettera del « bitter », sostiene l'avvocato Moreno. Infatti, sappiamo dal Donna che egli aveva incominciato a scrivere su un foglio di carta protocollo, spezzato in due. Per stolto e principiante che sia, come avvelenatore, il Ferrari non poteva pensare che il destinatario non sarebbe stato messo in sospetto da una lettera commerciale siffatta: su carta dall'orlo malamente slabbrato, senza intestazione, senza firma. « L'Allevi era un ingenuo, ma certo non avrebbe mai abboccato se l'offerta di rappresentanza gli fosse giunta su un mezzo foglio di carta protocollo. Come si può attribuire al Ferrari una così grossolana immaginazione? ». Quindi l'episodio sarebbe andato così: il Ferrari scrisse una lettera privata sul foglio offertogli dal messo. Costui, più tardi, riferì d'aver avuto anche una seconda visita del vicesindaco, poche ore prima dell'arresto. In quest'occasione, il Ferrari si sarebbe portato via tutta la carta della risma incriminata. Ma :1 messo mente, o ricorda male. In realtà, nessun foglio t HanshiKoso » fu mai più potuto reperire in quel comune, malgrado le richieste della Corte, malgrado le indagini del capitano Teobaldi, malgrado lo zelo del maresciallo dei carabinieri di Momo, chiamato a invigilare sulle' operazioni di rovistamento generale di tutte le scartoffle comunali. Si trovò, invece, la ricevuta relativa all'acquisto di quella partita di carta. Ma che significa ciò? La ditta produttrice ne sforna, ogni mese, circa quattrocento quintali, che, squadrati in fogli, diventano ventisei milioni di fogli «Hansi-Koso », ventisei milioni di pezzi di carta mensilmente rovesciati sul mercato, ad uso degli aspiranti avvelenatori. Quanto alla deposizione del Donna, l'avvocato Moreno fa rilevare le sue contraddizioni: dice, poi amplia e colorisce il racconto, in udienza viene evocato due volte, e sempre l'episodio cambia. Qual foglio insomma, diede il Donna al vicesindaco, se mai ne diede uno? Bisogna attenersi, dice il difensore, alia prima versione del Donna: avrebbe consegnato una carta « quadrotta » con xina scritta cinesiforme in filigrana (casette, pagode e segni indecifrabili). La carta del bitter, invece, è modello «: japan », con altra dicitura in trasparenza: « Hansi-Koso ». Perciò, il Ferrari è fuori del gioco: scrisse la sua lettera privata su carta cinesiforme, quella nipponiforme la lasciò allo sconosciuto avvelenatore. Per dire la verità, l'arringa a questo punto si perde in questo mare nippo-cinese: non si riesce davvero a comprendere perché l'« équipe » dei barenghesi avrebbe macchinato una così tenebrosa congiura ai danni del vicesindaco. Di questa parte dell'arringa, l'aspetto più persuasivo è la assurdità dl questo veterinario che vorrebbe Intrappolare il marito dell'amante, scrivendogli un'offerta commerciale su un miserevole mezzo foglio di protocollo. Per un attimo, s'è creduto che l'avvocato Moreno stesse per adombrare una ipotesi di follia. In ogni caso, non si dirà almeno che que sto Ferrari, ipotizzato colpevole, sia quel serpente di malizia che l'Accusa ha presentato nella sua requisitoria. Proprio qui sembrava volesse parare il lungo discorso dell'avvocato Moreno: il Ferrari non sarà tipo da manicomio, ma stolto e degno di commiserazione, questo sì, senza dubbio Ed ora, ecco l'avvocato di fronte al match del perito e del controperito intorno alla macchina per scrivere del Comune di Barengo. La signora perito si dice sicura del fatto suo, ma questa dogmatica certezza non avrebbe ragion d'essere: come fa a dire che lo scritto incriminato corrisponde perfettamente allo scritto di comparazione ottenuto sulla macchina di Barengo? Ogni volta che si scrive a macchina, avvengono cambiamenti: ora dipende dalla carta, ora dal modo di picchiare sui tasti, ora dall'usura del nastro, e così via. La signora Viotti-Sturlese, viceversa, scopre un fenomeno mai visto: la perfetta e indiscutibile identità di due scritti. Si è chiesto al controperito, Aurelio Ghio, se avesse trovato in altre macchine usure e anomalie uguali a quelle riscontrate nella « Lexikon » di Barengo: ma questi esperimenti non tocca alla difesa farli. E' l'Accusa, sostiene l'avvocato Moreno, che deve dare l'assoluta certezza delle prove. E siamo di nuovo nell'armadio dei veleni. Fu la stricnina ad uccidere quell'uomo? Se si potesse dimostrare che stricnina non fu, il Ferrari sarebbe fuori di questa storia. L'accusa afferma che non v'è dubbio: la difesa sostiene che il dubbio c'è. Per esempio, quando l'Allevi fu portato all'ospedale, gli venne praticata la lavanda gastrica, cosa del tutto sconsigliabile per gli avvelenati da stricnina. Dunque, certezza non v'era, quella notte, sul tipo di veleno. In più: s'è detto che non potè trattarsi di parathion né di sistox perché entrambi questi potenti anticrittogamici esalano fetore. Ritorniamo sulla scena del delitto: dove avvenne la trista libagione? Nel magazzino dei formaggi, luogo quanto mai inadatto a delicate esperienze olfattive. Nessuno dei tre soci, né l'Allevi, né il Paini, né l'AUegranza, avvertirono cattivo odore, tal che li mettesse sull'avviso dell'insidia. Ma la cosa si spiega con l'insensibilità delle loro narici, alla fine di una giornata di calura, dentro il magazzino di prodotti caseari. Il difensore misura in lungo e in largo il terreno delle perizie e delle controperizie e quindi conclude con un'analisi giuridica della posizione dl Renzo Ferrari. La sentenza dei giudici dovrà fondarsi su un giudizio di certezza: contro il Ferrari vi sono indizi, anche gravi, ma non prove certe. Non tutti gli indizi si allineano e combaciano tra loro, è poi manca il principe degli indizi: 11 perché di questo dramma, la spiegazione certa del motivo che avrebbe spinto il Ferrari a spedire quel veleno. «Renzo Ferrari — dice il difensore — è un mescliino, è un uomo che agli occhi di tutti ha l'aria della vittima più che del colpevole. E' un enigma. Ma. non è il solo enigma di questa vicenda. Tutti i personaggi del dramma sono incredibili: rileggetevi, signori della Corte, la deposizione del¬ la signora Guerrieri per sapere qualcosa di più sul conto della Lualdi: la prima notte di vedovanza la signora Renata Lualdi la trascorse insieme con il Mattei! Noi non sappiamo che cosa ci sia in questi personaggi. Il nostro cervello si è sforzato di capire, ma confessiamo di non aver saputo trovare una spiegazione ai molti " perché " di tutta la vicenda. Siamo nel campo indiziario; e questi indizi, contro il Ferrari, possono essersi accumulati per una serie di errori e di circostanze avverse. In casi così dubbi, il legislatore porge una mano ai giudici, chiamati a decidere della vita d'un uomo: se non v'è la certezza della colpa, si assolve con la insufficienza di prove. Non sarebbe una manifestazio¬ ne di impotenza, signori Giu-\ dici. Una sentenza cos'i esalte- : rebbe la vostra coscienza, ali termine del vostro faticoso dovere, così scrupolosamente adempiuto! ». In conclusione, l'avv. More-i no chiede che il Ferrari sia| assolto con la formula del dubbio, pur annunciando, che domani il suo collega, Luca Ciurlo, ultimo oratore della difesa, t porterà Renzo Ferrari per mano ancora più ricino al vostro banco e alla vostra coscienza ». In effetti, l'arringa di Franco Moreno ha messo in evidenza aspetti ancora insoluti dell'imbroglio di cui fu vittima quel dabbenuomo di Tino Allevi, ma ha mostraI to soprattutto i punti deboli dell'Accusa. L'attribuzione al Ferrari di malizie raffinate, U paragonarlo ad un rettile appare incongruo. Il veterinario esce bocciato su tutta la linea come avvelenatore. E così il terreno appare ora preparato per un nuovo sforzo della difesa, verso un esito processuale diverso dalla condanna • diverso dall'assoluzione. Gigi Ghirotti Renzo Ferrari arriva in Tribunale ad Imperia salutato da alcune persone convinte della sua innocenza. Nella foto, a destra: l'imputato si felicita con il suo avvocato difensore Moreno al termine dell'udienza (Tel. Moisio)

Luoghi citati: Barengo, Comune Di Barengo, Imperia, Italia, Liguria, Momo