Svaniscono le accuse della scolaresca rivolte in istruttoria all'insegnante di Antonio Antonucci

Svaniscono le accuse della scolaresca rivolte in istruttoria all'insegnante Il processo per la morte del ragazzo schiaffeggiato in classe Svaniscono le accuse della scolaresca rivolte in istruttoria all'insegnante Favorevoli al maestro Pollini le testimonianze degli alunni - Avevano parlato di pugni e scapaccioni ma al dibattimento hanno ripiegato sui « buffettini » - Forse esagerarono i fatti nel primo interrogatorio, nel timore di non essere rimandati a casa - Si saprà domani dalle perizie se l'allievo percosso era « sanissimo » o di gracile costituzione ■DAL NOSTRO INVIATO Pavia, lunedì mattina. Il 15 ottobre dello scorso anno moriva per commozione cerebrale il ragazzo Giovanni Battista Dalera e la perizia medica d'ufficio concluse per un fatto traumatico, dovuto a colpi « ricevuti sulla testa », magari « (li lieve entità» ma diventati tragicamente determinanti per < preesistenti malformazioni vascolari » del soggetto. Si parlò di una caduta dalla bicicletta ma si scoprì facilmente che questa era una trovata occasionale tirata fuori da una nonna affettuosa, per scoraggiare un suo nipotino dall'andare in bicicletta. Bisognava dunque scoprire chi aveva picchiato il ragazzo e l'inchiesta giudiziaria finì per incolpare il maestro Angelo Pollini, 48 anni, finito quindi in Corte d'Assise dietro l'imputazione di omicidio preterintenzionale, cioè involontario ma aggravato. Non si tratta di discutere sul diritto o meno degli insegnanti ad usare la maniera forte per indurre gli alunni a prestare una maggiore attenzione ed a studiare di più; i nostri nonni lo ammettevano e il Belli racconta di un genitore che portando un suo bambinetto a scuola raccomanda al maestro di «menargli» (picchiarlo) come se fosse suo figlio. Oggi non è più ammesso. É il pernio del processo è questo: il Pollini lo fece? Egli ha sempre negato ciò dignitosamente, fermamente, portando a prova della verità un lungo passato, quasi vent'anni d'insegnamento, dove non affiorò mai neppure il più lontano sospetto, non diciamo di brutalità, tua nemmeno di un temperamento nervoso, tendente a scaricare i nervi con gesti maneschi, a danno altrui. Gli sta contro peraltro, la circostanza che il ragazzo si sentì male dopo essere stato interrogato e redarguito per la sua manifesta ignoranza. Il rimprovero fu accompagnato da colpi alla testa? Essendo corsa questa voce, non restava che un pubblico procedimento giudiziario per chiarirla. Va da sé che i testimoni decisivi in proposito sono gli altri allievi della classe che e la III elementare della scuola « Dante Alighieri » di Voghera. Sentiamone qualcuno. Per esempio, Giuseppe Balbo. Presidente — Tu sei un testimonio che non giura ma devi dire la verità. Lo sai che cosa significa « dire la verità? ». Bambino (con estrema sicurezza) — Si, signore. Devo dire soltanto quello che ho visto. Egli vide che il Dalera era interrogato e che non sapeva rispondere. Allora il maestro lo mandò in castigo die- | tro la lavagna. Dopo lo interrogò di nuovo, era come | prima e allora il maestro j «gli diede uno schiaffettino» Presidente — All'istruttoria hai detto due scappellotti. Bambino — Ho detto una bugia. Presidente — E tu ne hai mai avuti di «schiaffettini » dal maestro? Bambino — Sì. Presidente — Dove? Bombino — Non me ne ricordo più (ilarità). Presidente — Erano forti? Bambino (senza un minimo di esitazione) — Se non mi ricordo dove, è perché non mi hanno fatto male.. (altra ilarità). Vittorio Sforzini. Anche lui sa che cos'è la «verità», anche lui parla dell'interrogatorio negative, della lavagna e del nuovo interrogatorio quando il maestro «lo ha picchiato». Presidente — Dove? Bambino — Non mi ricordo più. Presidente — Erano colpi forti? Bambino — Si sentiva il rumore. Presidente — Tu lo hai sentito? Bambino — Io, no! E lui di « colpi » ne ha mai avuti? Sì. Forti? — Non me ne ricordo. Marco Germi, viceversa, esclude che il Delera sia stato colpito dal maestro. Lui, di sicuro, non è mai stato toccato. Complessivamente la testimonianza di una ventina di scolari è favorevole al maestro ma potrebbe essere impugnata da « impressionabilità» posteriore. I bambini son molto influenzabili dal «sentito dire» e possono allora mentire per non sembrare ignoranti, il che li affligge molto di più di quanto non avvenga con gli adulti. Ma c'è una loro testimonianza di peso* indubbio, e sulla quale passano a deporre i rispettivi genitori, ora il padre ora la madre. Che cosa raccontarono i bambini tor¬ nando a casa la sera del 14 , ottobre, giorno del dramma? La risposta è pressoché identica. Tutti quanti raccontarono che «uno si era sentito male, era uscito dalla classe e poi lo avevano portato all'ospedale ». Raccontarono che era stato interrogato, che non aveva saputo rispondere ma nessuno, assolutamente nessuno parlò di schiaffi o schiaffettini, meno ancora di scappellotti. Ma i bambini ne parlarono poi in sede di istruttoria, come mai? Il presidente ha detto all'allievo Claudio Passadore: — A quel signore che ti ha interrogato l'altra volta hai detto che il maestro aveva dato un pugno al tuo compagno di scuola. — Gliel'ho detto ma non era vero. — E perché lo hai detto allora? — Perché me lo hanno fatto dire loro. Così, con altri. Ricorre sempre il concetto di una pressione esercitata dal giudice istruttore per garantirsi che i bambini non mentissero e che viceversa li avevai o indotti a mentire. Di certo, i genitori che, non va dimenticato, depongono sotto giuramento, riferiscono che i loro tìgli tornando dall'istruttoria, tutti a sera assai tarda, avevano un che di « spaventato » e spiegarono che «gli avevano fatto dire quello che volevano», se no «non li mandavano a casa». Esagerazioni infantili evidentemente ma la cui insistenza agita un po' il Pubblico Ministero che dice: — Ma qui si sta facendo il processo al giudice istruttore! Altro punto fermo della situazione è la dichiarazione del padre del Dalera, secondo il quale suo figlio era « saniamo-», 11 che contrasta con le deposizioni di precedenti insegnanti che lo dipingono di malferma salute, confermata da continue assenze e dalla necessità di ripetere tutte le classi, tanto da frequentare la terza elementare a 11 anni. E di qui non si scappa; o il ragazzo era talmente malandato da essere alla mercé del più piccolo urto, oppure di costituzione normale. Nel secondo caso per arrivare alla commozione cerebrale, lo schiaffo o lo scapaccione dovevano essere « formidabili », tali cioè da destare uno scandalo immediato. E' ciò che vedremo in sede di confronti peritali domani, quando sarà ripreso il processo e, con ogni probabilità, concluso. Antonio Antonucci I piccoli testimoni nel tribunale di Pavia Compagni di scuola di Giovanni Dalera nel Tribunale di Pavia ove sono stati in merito all'episodio che ha portato sul banco degli imputati il loro maestro chiamati a testimoniare (foto Moisio)

Luoghi citati: Pavia, Voghera