La falsa casa natale di Andersen in Danimarca attira ogni anno migliaia di visitatori stranieri

La falsa casa natale di Andersen in Danimarca attira ogni anno migliaia di visitatori stranieri L'AUTORE DEL LIBRO PIÙ' VENDUTO DEL 3IONDO DOPO LA BIBBIA La falsa casa natale di Andersen in Danimarca attira ogni anno migliaia di visitatori stranieri La villetta è stata «scelta» ad iniziativa dei cittadini, ad Odense - E' piccola e graziosa, con il tetto rosso e le finestre bianche, piena di fotografìe, quadri e « souvenirs » - In realtà nessuno sa in quale angolo di Odense sia nato, da poveri popolani, il ragazzo dotato di tanta spontanea poesia - La «casa natale» è uno dei più abili espedienti pubblicitari della storia - Ma non importa, gli americani soprattutto accorrono, trasognati, a visitare il luogo che ricorda il creatore della Principessa sul pisello e del Brutto Anatroccolo (Dal nostro inviato speciale) Odense, aprile. La casa natale di Hans Christian Andersen, a Odense, è considerata una. delle maggiori attrattive turisticìie del mondo. Piccolissima, col tettuccio rosso e spiovente, le finestre dell'unico piano verniciate di bianco, da settant'annl a questa parte vede ininterrottamente arrivare comitive di ogni Paese che chiedono di visitare il luogo dove vide la luce l'autore de « La piccola fiammiferaia*. Tedeschi, francesi, italiani, giapponesi, inglesi, ma soprattutto americani. Gli americani sono i più fedeli ammiratori di Andersen, hanno contribuito più di ogni altro popolo alle colossali tirature de t Le fiabe* — il libro più penduto del mondo dopo la Bibbia — e perciò vengono quassù con l'animo del pellegrino. Sarebbero capacissimi di domandare dove si possono trovare i materassi della Principessa sul pisello. Di solito vanno incontro ad amare delusioni perche apprendono per la prima volta che la piccola fiammiferaia morì dl gelo, mentre nelle loro versioni, modificate dall'ottimismo di maniera, la povera bambina all'ultimo momento viene ospitata nella casa davanti a cui giaceva, riscaldata, invitata alla splendida mensa su cui troneggia il gran piatto con l'oca arrosto e la frutta cotta. Un brutto colpo per gli americani. Ma poi si riprendono e il pellegrinaggio continua. Tutti si chinano a guardare le preziose reliquie dello scrittore: i manoscritti, la collezione dei cappelli a cilindro, le pipe, le valigie che lo accompagnarono nei suoi viaggi per l'Europa, la corda che egli, timorosissimo degli incendi, portava sempre con sé per potersi cala¬ re dalla finestra, le figurine di carta colorata che ritagliava con le forbici — era il suo t hobby » — e soprattutto i ritratti. Centinaia di fotografie, di quadri, di disegni in cui il grande favolista, nonostante la cura di fotografi, e pittori, appare in tutta la sua eccezionale bruttezza. Altissimo, allampanato, legnoso e al tempo stesso ciondolante, quanto più cercava di apparire composto ed aggraziato tanto più finiva per assomigliare a imo spaventapasseri. E su quel corpo disarticolato, il gran viso scavato, equino, da vecchio cameriere di albergo. * Dio, com'era brutto! », sussurrano da settant'anni in trenta lingue diverse i pellegrini di mezzo mondo. Ma a loro consolazione il cicerone racconta che era tanto buono, figlio di un calzolaio e di una lavandaia, gente povera ma onesta; papà, mamma e figliolo vivevano in una unica stanzetta, d'amore e d'accordo nonostante la miseria, proprio come mostra un grande affresco agiografico sulla parete del brutto museo costruito accanto alla casa. Cosi i turisti escono commossi, comprano souvenirs, si allontanano soddisfatti sulle loro macchine verso Nyborg dove l'i aspetta il « ferry-boat * che in due ore di navigazione li riporterà in Seelandia, l'isola di Copenaghen. E non immaginano neppure lontanamente di essere stati graziosamente sedotti da uno dei più abili espedienti pubblicitari che la storia ricordi. Già. perché in effetti Andersen non nacque affatto nella Sen Straedc. La casetta dal tetto rosso è una < invenzione* dei cittadini di Odense i quali, verso la fine del secolo scorso, non sapendo che cosa rispondere ai turisti che pretendevano di visitare la casa dello scrit- tore — nessuno ricordava dove diavolo fosse nato il figlio del ciabattino — scelsero un'abitazione abbastanza modesta, linda, graziosa, da fiaba appunto, e la promossero al rango di € casa natale* ponendo cosi le basi per il futuro sviluppo turistico della loro città. Che ad Odense, alla fine dell'Ottocento, nessuno sapesse dove era nato Hans Christian Andersen è cosa che non deve destar sorpresa, date le origini della famiglia. Il nonno paterno dello scrittore era una macchietta, < nu pazzariello * che andava in giro con un gran cappello di cartone e paludamenti di frasche, perennemente seguito da un codazzo di ragazzi che gli davano la baia: la nonna era una povera donna che, per rifarsi delle, stramberie maritali, ossessionava il quartiere con interminabili racconti su presunti legami di parentela con la famiglia reale. Loro figlio, il ciabattino, padre di Hans Christian, era un buon uomo le cut stranezze si limitavano a una fanatica ammirazione per Napoleone sotto le cui bandiere partecipò a varie campagne buscandosi gravi malanni che lo portarono a morte prematura nel ISIS, quando l'unico figliolo aveva soltanto undici anni. Anche più preoccupante l'ascendenza dal lato materno composto esclusivamente da donne, tutte fermamente decise a continuare la specie senza ricorrere al matrimonio. La nonna di Hans Christian ebbe diverse figlie naturali, una delle quali acquistò fama a Copenaghen come titolare di una casa di appuntamenti. Anche la madre dello scrittore seguì in un primo tempo le tradizioni di /amiglia perche, quando sposò il ciabattino, aveva già una figlia naturale piuttosto grandicella, avuta da un altro uomo, e portava in grembo da diversi mesi colui che doveva diventare Hans Christian Andersen. Il matrimonio la risollevò davanti all'opinione pubblica locale, ma la costrinse a guadagnare il pane per sé e per il figlio — il marito era sempre con Napoleone — lavando la biancheria sporca dei ricini nei gelidi canali di Odense. Da questa fatica durissima cercava di sollevarsi trangugiando numerosi bicchieri di acquavite, abitudine, questa, che mantenne ancora anche dopo le seconde nozze con un altro ciabattino più povero del precedente. Finì i suoi giorni completamente alcoolizzata in un ospizio di Odense. Figlio di simili genitori, nipote di tali nonni e di tali zie (<poverino — gli disse quella di Copenaghen cui si era rivolto per aiuto — se tu fossi una ragazza, forse potrei fare qualcosa per te, ma così!*) Hans Christian ebbe davvero una infanzia da ebrutto anatroccolo*. Non occorre essere psicanalisti per capire come tutta la sua vita sia stata soltanto una continua fuga dalla sua famiglia, dalla sua città e — impresa disperata — dal suo fisico disgraziatissimo. <Fuga> i suoi disperati tentativi per diventare attore al teatro reale di Copenaghen, cantante e perfino — con quella figura! — ballerino all'Accademia di danza; < Fuga * gli sforzi, gli inchini, le piaggerie per entrare nella buona società della capitale. « Fuga * la tenacia con cui, grazie a una borsa di stadio, si buttò sui libri e otti nne, a 2i anni, la licenza liceo e; « Fuga* infine la furia con cui subito dopo si buttò a scrivere. Scriveva di tutto, racconti, poesie, diari, romanzi, ma soprattutto teatro, il teatro, che dà fama immediata, il gusto fisico, quasi ubriacante dell'applauso. Di applausi in verità ne racimolò pochi; quelli che bastavano comunque per aprirgli le porte dei salotti scintillanti di luci, affollati di persone importanti e di belle donne. Si avvicinava alle ragazze della nobiltà e dell'alta borghesia con movenze goffe, cercando incrino di apparir disinvolto e aggraziato; ma tutte, anche le più educate, all'ultimo momento nascondevano il volto dietro il ventaglio per mascherare le risa. Doveva essere così per tutta la sua vita. I suoi grandi amori furono tre: a 25 anni, Rlborg Voigt, una bella fionese dagli occhi scuri; verso la trentina la figlia minore di un suo benefattore, Jonas Collins; a 38 Jenny Lìmi, la più famosa cantante danese del tempo. Tre domande di matrimonio, tre rifiuti. Scrivere e fuggire, non gli restava altro da fare. La sua colossale produzione letteraria, oltre 150 volumi, le sue continue scorribande in diligenza da un capo all'altro d'Europa, '.a sua stessa proverbiale vanità sono in gran parte un disperato tentativo di evasione, dai ricordi di infanzia c dalle delusioni amorose. La medicina migliore sarebbe stata la fama, l'aureola del genio. Da quale delle sue opere gli sarebbe arrivata.' Dai libri di viaggio? Dai romanzi? Dalle poesie.' Andersen era convinto che gli sarebbe venuta per i suoi drammi; a suo parere opere come L'improvvisatore, Agenore e il Tritone, Il mulatto «telano tutti i crismi necessari per passare alla posterità. Invece non piacquero ai suoi contemporanei e oggi sono completamente dimenticati. La /ama, anzi la gloria gli arrivò in punta di piedi dalla parte più inaspettata. Verso i trent'anni aveva scritto un libretto di fiabe poetiche e delicatissime. Silenziosamente, quasi di soppiatto quel libro aveva superato confini, varcato oceani, si era diffuso In tutto il mondo. Anziché gioirne, Andersen ne fu contrariato. Lui, lo scrittore, il drammaturgo, diventare famoso per quelle « bazzecole*? Solo più tardi, di fronte alte manifestazioni di omaggio che cominciarono a pervenirgli da ogni angolo della terra, finì per rassegnarsi. Ma anche da vecchio, quando ormai passava ti suo tempo alla finestra delta sua camera di Copenaghen guardando il passeggio e ritagliando figurine di carta, si aspettava sempre che da un giorno all'altro la critica rivedesse il suo giudizio dando la giusta precedenza ai suoi drammi e ai suoi romanzi. La revisione non arrivò mai. Hans Christian Andersen, lo scrittore che per tutta la vita aveva cercato di fuggire dalla sua infanzia, l'uomo che, se fosse vivo, apprezzerebbe più di ogni altro la trovata con cui i suoi concittadini, al posto della sua casa natale chissà quanto squalìda, gliene hanno inventata una dignitosa e pulitissima, è passato alla storia per le sue fiabe dedicate ai bambini, piene di paesaggi, di personaggi, di animali del tutto simili a quelli della sua Odense. Gaetano Tumiati

Luoghi citati: Copenaghen, Danimarca, Europa, Odense