Omaggio a Piero Jahier

Omaggio a Piero Jahier NELL'OTTANTESIMO COMPLEANNO Omaggio a Piero Jahier Silenzioso dagli anni lontani della Voce, clic lo videro collaboratore pugnace di quella e di altre riviste, e poi al fronte, ufficiale degli alpini, c compilatore di un giornale di trincea (L'Astico), Piero Jahier ha tuttavia, in questo lungo arco di tempo, seguitato a « parlare », specie alle nuove generazioni letterarie, come pochi altri scrittori a lui coetanei. I suoi libri. Ragazzo, una scric di racconti scritti fra il 1911 c il '14, c Con me e con gli alpini, un diario della guerra 1915-18, pubblicati entrambi, la prima volta, nel 1919, sono infatti di quelle rare operette clic hanno sempre qualcosa da dire a chi si faccia a leggerle o rileggerle, conservando intatte le loro doti di verità, artistica c morale. Scrittore autobiografico per eccellenza, secondo il gusto vociano, ma soprattutto secondo il proprio temperamento, Jahier in quel libro si è consegnato intiero: che l'autobiografìa per lui non è soltanto memoria, ma esame di coscienza, giudizio di sé, condotto con una spietata sincerità, in cui senti tutto il rigore della sua educazione cai vinista e della sua ascendenza piemontese, anzi valdostana (propriamente egli è nato a Genova, l'i 1 aprile 1884). Lo stesso rigore che lo porterà in seguito ad avversare il. fascismo, e a rimanere nell'ombra dignitosa del suo impiego ferroviario. « Dietro le sue spalle », dice Jahier di quel Ragazzo, che nel libro omonimo è un po' la raffigurazione di lui stesso, « ci sono le nonne calviniste coi capelli lisci spartiti intorno al viso austero; ci sono t Pastori che s'alzavano sul pulpito rigidi nella toga nera e lasciavan cadere sull'assemblea genuflessa l'invocazione sicura: Notre ai.le est au noni de Dien ». E questa moralità, fra religiosa e laica, è appunto il lievito della sua memoria-confessione: lievito lirico c drammatico ad un tempo, in quanto il suo ricordare non sa star pago alle forme tradizionali del racconto, ma alterna o mescola alla narrazione indiretta e distaccata, evocazioni, interro gazioni, esortazioni, e a quella diretta, dialogica, cadenze di preghiera o di sermone. In un chiaroscuro assai forte, a volte violento, che però conosce an che sfumature e trasparenze .-di una delicatezza estrema: come nell'esempio citato, il particolare dei capelli delle nonne calviniste, che illumina di domestica grazia un quadro biblica niente severo. Diversi sono però, nei due li bri, i gradi e gli effetti di quelle alternanze o mescolanze. In Con me e con gli alpini la guerra è veduta nella realtà umana d'ogni giorno e d'ogni pena, cui Jahier va incontro austeramente come a un dovere, con spirito di interventista democratico, che prova fraterna simpatia per gli umili, per i soldati più semplici. Di alcuni dei quali sbozza, con rapidi tócchi, il ritratto (famoso quello del soldato Somacal Luigi), studiandosi anche di riprodurne il linguaggio rozzo e sgrammaticato le parlate o cantate montanare Che in lui sono stati sempre vivi l'interesse per i dialetti, i gerghi, ed il gusto per gli im pasti linguistici: e ne è singolare testimonianza un altro suo libro, minore, ma ricco di anticipazioni: Resultarne in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi (1915), che riflette le sue prime esperienze di impiegato, e che già dal titolo si annuncia come una satira della burocrazia. Ala in Con me e con gli alpini, quell'atteggiamento di Jahier verso la guerra induce spesso il suo sentimento morale in un moralismo pedagogico, parenctico o polcmico-umorcsco, che sente di maniera, e sottolinea quel certo compiacimento sensuale che pur c'è nelle sue sperimentazioni linguistiche. In Ragazzo, invece, gli episodi o aspetti della sua travagliata adolescenza — il suicidio del padre, pastore valdese, caduto in peccato di adulterio; la vita stenta degli orfani c della madre; gli anni e compagni di scuola; il paese delle vacanze e la casa che non è più sua — Jahier li ripercorre con animo commosso, di una commozione mista ad un senso di ribellione, e di fiera condanna: non per la tristezza della propria esistenza che, adombrata dall'errore, dal male, egli accetta come condizione e mezzo di ri scatto; ma verso l'egoismo al trui, verso la società inerte, indifferente perché priva di una legge e di una giustificazione interiori. Donde quell'amaro sorriso, quasi un sarcasmo, che si accompagna, da un lato, al crudo realismo di certe nota zioni, dall'altro a certo piglio corrusco e profetico. Ma qui ogni intenzione polemica o pa rcuctica. se pur fu all'origine del suo bisogni) di confessione Ivvbdiodsmsgpstqccsrsretn(dpnBtsi scioglie nella pagina al ca- Iorc di un fuoco lirico che investe, e fonde in unità, quei vari modi e motivi. In un seguito di pagine assai belle, appena turbate qua e là da qualche iterazione troppo insistente, da qualche turgore o tono troppo acuto, quasi gridato, il linguaggio di Jahier, scabro, scheggiato, apparentemente antilcttcrario per le sue sprczzaturc, i suoi anacoluti, e gli innesti o impasti che sappiamo, ma in realtà lcttcratissimo, trascende spesso ogni artificiosità per farsi stile, li quella sua scrittura ribelle alla colmine sintassi e perfino alla comune punteggiatura, ora si spezza in rapidi c pur ampi ritmi da versetto biblico, ora si distende in un cursus oratorio, ma con pause cosi scandite e pregnanti, che la prosa risulta numerosa quanto il verso. Una prosa per la quale venne fatto di pensare a Claudel (Jahier tradusse il suo l'artage du midi) e a Péguy; ma i cui paralleli vanno piuttosto cercati nei «moralisti» della Voce: in.Boinc, Slatapcr, Sbarbaro, e in 1qualcuno dei futuristi. Quel tanto di vero che era nelle teorie di costoro circa le « parole in dell'ottantesimo compleanno, si libertà » e il dinamismo espressivo, Jahier lo attua infatti per suo conto, c da par suo. Allo stesso modo che, in una stagione come quella in cui egli si formò, cosi impegnata a realizzare una lirica in prosa, e insieme a far rinascere da questa un nuovo verso e una nuova poesia, tutta essenzialità di accenti c di significati (è la stagione del primo Ungaretti), Jahier ci ha dato un esempio singolarissimo di risoluzione dell'una nell'altra. (Versi sono spesso intercalati nella sua prosa, anche come poesie a sé). E infine, se tale prosa è irripetibile, da essa hanno però tratto la loro lezione alcuni dei nuovi narratori, primo Pavese: specie per ciò che riguarda le libertà sintattiche, i modi popolari c dialettali del parlato, e l'intima convergenza di liricità ed eticità. Insomma, più la prospettiva della prima metà del Novecento viene precisandosi, più sicuro risulta il valore di Jahier; e il constatarlo costituisce, credo, il migliore omaggio che, in occasione possa rendere alla sua nobile figura di scrittore. Arnaldo Bocelli

Luoghi citati: Genova, Péguy