«Non porto rancore verso nessuno» dice sereno il maestro di Voghera di Antonio Antonucci

«Non porto rancore verso nessuno» dice sereno il maestro di Voghera «Non porto rancore verso nessuno» dice sereno il maestro di Voghera A colloquio con l'insegnante assolto dalla terribile accusa - «Tornerò a scuola, ma non so ancora né quando né dove» - In carcere, gli è stata di grande conforto la solidarietà dei colleghi e dei concittadini (Dal nostro inviato speciale) Vocliera, 26 marzo. Siamo andati a trovare Angelo Pollini, « il maestro di Voghera» — chiamato oramai così per voce di popolo come se Voghera non avesse altri maestri — non già per rivangare un fatto giudiziario di spiacevole memoria, ma, quasi, per porgergli un'espressione di rammarico della società umana, assai sconcertata che un episodio simile sia potuto accadere. Non occorre ricordare che il Pollini fu imputato di omicidio preterintenzionale aggravato, per la morte del suo allievo, Gianbattista Dalera e che fu assolto « per non aver commesso il fatto ». Ciò an- sdrebbe a lode della giustizia se non ci fossero di mezzo 75 gtor-lni di carcere preventivo toc-1 cati ad un innocente. Lo troviamo nel quieto ambiente familiare di via Verde 14, strotto accanto ai suoi due figlioli Anna Maria. 20 anni, e Daniele, 17, e sua moglie, signora Lidia. E' lei che fino a oggi ha tenuto lontano i giornalisti da suo marito, dicendo che era partito per la Riviera, precisamente Pegli, per ritrovare la serenità e la quiete. In verità, egli non aveva perduto mai né l'ima né l'altra, specialmente la serenità, procuratagli dalla certezza di essere innocente. Gli domandiamo: — Che impressione si prova nel sentirsi accusi ' ingiustamente? — Non saprei dire — egli risponde. — Dev'essere, press'a poco, come subire un investimento automobilistico od essere travolto da una valanga in piena estate. Io fui interrogato una sola volta, il giorno successivo alla morte del Dalera. Dissi: «Dichiaro nel modo più assoluto che non l'ho toccato neppure con un dito». Ciò il 16 ottobre dello scorso anno Poi, più nulla. Il 9 gennaio fui invitato a recarmi alle carceri, dove sapevo che mi avrebbero trattenuto come fu difatti. — Quale sensazione ne ebbe? — Di freddo. Fuori eravamo a meno 15 gradi, e la cella era senza riscaldamento Fu l'unica notte che non riuscii a chiudere occhio, o che per lo meno dormii malissimo. Veramente, anche alla vigilia dell'ultima udienza il sonno non voleva arrivare ma era per l'emozione All'indomani mi passarono in una cella comune. Riscaldata a legna ma piena dì fumo. 1 compagni di carcere lo chiamavano regolarmente «signor maestro », o maestro. Quando giocavano a football, dsi scusavano se il pallone an-| dava a finire tra le sue gambe. I Era una specie di reato contro | Rla sua meditazione. Ma egli non meditava. Egli! aspettava soltanto tranquillamente che la verità venisse alla luce. Non ne dubitava. E; c'era in lui, ci dice, una gran j pace per quanto concerneva lai propria persona. Se però pen-ldsava alla famiglia in pena per alui, lo coglieva un'angoscia prò- ^fonda. I giorni più tristi erano |gmdquelli delle visite. Allora piangeva. — È' vero — conferma la signora Lidia — si commuoveva Iter ogni nonnulla. Anche adesso, del resto. Il dncvitto «per uno abituato:h al ristorante», non era grani ache- Ma " e °-ul 11 Pollini sor-jst >'làe c°» al'ia soddisfatta - era uentrato in carcere con disturbi „.„_i_,„! . „. • ,;„..,„ ngastricie ne e uscito risanato. |sDel resto, m fatto di mangiare, isgli bastava ricordare, per con-1 usolarsi, i due anni di prigionia |Atrascorsi in Germani — E adesso? Come si sente, di nuovo libero? — Come sperduto. Se esco solo mi par come di soffocare. E poi, la strana, penosa im- gpfpgbdgressione di sentirsi un perso-1gnaggio per essere stato in car-ì cere. Vado al bar, dal bar-1Bbiere, dal salumaio o che so io, e non sono più il cittadino privato, sono « un fatto di cronaca », sono « il maestro di Voghera ». — E le manette? — Davano un senso di freddo ma puramente fisico. Io mi sentivo innocente e quindi libero. Si può privare una persona della sua libertà esterna, ma quella interiore è sua ed inalienabile. Le manette fanno pensare al mondo cattivo ma 10 pensavo soltanto a quello buono, all'infinita generosità degli amici che mi hanno sempre sostenuto. Furono i suoi amici, maestri o no, taluni anche sconosciuti che sotto la coordinazione del maestro Milanesi, raccolsero il necessario (tre milioni) per evitare la costituzione della parte civile che avrebbe appesantito 11 processo Furono loro ad aggiungere un secondo avvocato alla difesa, sempre a proprie spese. Gli domandiamo se riprenderà la scuola. — Certamente, ma non so nè dove nè quando. D'Altronde che altro potrei fare! — Sia ben chiaro - conclude il maestro Pollini prima di congedarci — che io non nu tra, non dico odio del quale sono incapace, ma nemmeno rancore contro nessuno. Antonio Antonucci ccdllucpnlPsMadbd(uudAuv

Persone citate: Angelo Pollini, Anna Maria, Dalera, Germani, Gianbattista Dalera, Milanesi, Pollini

Luoghi citati: Voghera