«Miseria e nobiltà» di Jacopo Napoli diretta da Sanzogno alla Piccola Scala

«Miseria e nobiltà» di Jacopo Napoli diretta da Sanzogno alla Piccola Scala L'opera tratta dai celebre soggetto di Edoardo Seurpetta «Miseria e nobiltà» di Jacopo Napoli diretta da Sanzogno alla Piccola Scala Una piacevole commedia musicale, che non ha alcun impegno sociologico - Successo dell'esecuzione, con la regìa di Vittorio Viviani, autore del libretto - Applauditi gli interpret (Dal nostro inviato speciale) Milano, 26 marzo. Il soggetto di Miseria e nobiltà, la commedia, circa ottantenne, di Edoardo Scarpetta, è noto agli amatori del teatro per le rievocazioni di Raffaele Viviani e di Eduardo De Filippo, e agli studiosi anche per i saggi e le lodi di parecchi critici. All'autore ed attore esilarantissimo Benedetto Croce riconobbe il merito d'aver fra l'altro innovata la scena napoletana, impigrita nella tradizione pulcinellesca. A chi ha ascoltato le recenti rappresentazioni non occorre il sunto dell'azione, e neanche l'annotazione che nel copione scarpettiano « miseria > e « nobiltà > non implicano concetti amaramente antitetici, furono bensì pretesti a divertenti contrasti e imbrogli. Ad un pover nomo, misero ed esasperato tanto che la moglie e il figliuoletto l'abbandonano, capita l'occasione di fingersi nobile, rimpannucciarsi, e favorire certe nozze contrastate. Travestimenti, equivoci, colpi di scena, lieto fine, due matrimoni; tutto ciò in ambienti pittoreschi, popolareschi o aristocratici, con dialoghi sollazzevoli, in brioso e vivo dialetto napoletano della fine dell'800; tutto da ridere; anche le fugaci malinconie spassano. Niente di « sociolo* gico ». S'intende che, per l'osservata logica delle parole, « miseria » e « nobiltà » indicano diverse condizioni di vita, e che, per l'essenza dell'arte, la comicità non esclude sentimenti d'umanità. La morale, per così dire, della favola è conchiusa in questa considerazione del protagonista scarpettiano. «Il mondo dovrebbe essere popolato di tutti nobili... Tutti signori, tutti ricchi! Pezziente non nce n'averriano da sta'! Eh! E se non ce starrieno pezziente, io e Pascale sarriamo muorte... Nce ha da sta' la miseria e la ricchezza! ». L'avvertimento che non si tratta di tema sociologico, oggi alla moda, è utile a chi si disponga a conoscere la commedia musicale Miseria e nobiltà, composta circa vent'anni or sono, e presentata stasera nella Piccola Scala, dal maestro Jacopo Napoli, su libretto, variatissimo dall'originale stesura, di Vittorio Viviani. Non si vuole analizzare il cangiamento di alcuni episodi, ia soppressione di personaggi, l'inserzione di elementi estranei e divaganti, né il modo della traduzione, la quale, priva delle proprietà del dialetto, linguaggio espressivo di determinate genti, di personaggi, di stati d'animo, in determinati tempi, eccetera, non si rifa a quell'involgarito italiano dei Napoletani che non sanno la lingua, ma reca più volte locuzioni artificiose e senza sapore. Ma non si vuol discutere di ciò: importa osservare e apprezzare solamente l'opera del melodrammaturgo. Poiché nell'ormai annosa « nobile miseria » della vita ■t lirica » torinese nessuna delle molte opere del maestro Napoli ò stata inscenata, sembra opportuna qualche notizia biografica di lui. Nato a Napoli nel 1911. studiò col padre, Gennaro, autorevole docente di composizione, nel Conservatorio di San Pietro a Majella. Dopo breve insegnamento a Cagliari fu nominato direttore del Conservatorio di Napoli e nel '62 di quello di Milano. Ha composto oratori e sinfonie e una decina di melodrammi, tragici o giocosi fra i quali sono stati pregiati Il malato immaginario, Miseria e nobiltà. Un curioso accidente. Masaniello. I Pescatori. Il Rosario. Il risultato teatrale di Miseria e nobiltà, quello che assomma tutti gli elementi, musicali verbali scenici, è piacevole; il tono, in generale, gioviale, arguto. Ciò che dell'antica commedia è passato nel libretto serba nel primo e in parte nel secondo atto una funzione primaria; accompagnato da una adeguata composizione musicale, incuriosisce, diverte. Tentativi di tipeggiamento: pompose « entrate » di Nobili: qualche affettuoso «siciliano», per gli Innamorati; walzer e mazurche per i momenti ameni. L'attenzione dell'ascoltatore coglie insieme, senza sopraffazioni o manchevolezze, i fattori concomitanti. Una tale coordinazione e il piacere che ne consegue sono da pregiare. L'udizione della parola-canto e dell'espressione strumentale è sincrona con la vista dell'azione. Ai motivi verbali si associano quelli melodici e armonistici; alla mutevole dizione corrispondono i modi ritmici e timbrici. Anche la mimica, e talvolta una quasi pantomima, il gesto naturale, son sottolineati da spunti, da scatti precisi, e perciò ridicoli. Concomitanza, s'è detto, e non altro; non vita drammatica, e in questo caso comica, di ciascun musicale personaggio; non un particolare ambiente, sia o no un riflesso folcloristico, come si nota in talune commedie del Wolf Ferrari. Soltanto un vicendevole intimo accomn ■• amento dei mezzi artistici Esso s'avvera e lietamente riesce nei dialoghi, nei terzetti nspafMtsrpnt nei concertati, dove la maestria del compositore non appesantisce la forma e i moti, anzi promuove agili, vivaci fluenze, combinazioni graziose. Meno e assai meno è percettibile invece nei monologhi, specie di ariosi discorsivi, che risultano superflui e prolissi, perché, s'è detto, i personaggi non vivono d'una propria entità musicale. E fra gli a solo non necessari includiamo anche l'esibizione salottistica di una giovane maniaca del canto. Una didascalia avverte: canta « come un'insensata ». E occorrerebbe una parodia. Invece le elaborazioni di motivi dal Flauto magico, dal Barbiere, dalla Traviata, dalla Lucia, constano di esatti virtuosismi, di ardue roulades, per nulla caricaturali. Se il diletto uditivo scema qua e là nel secondo atto e più nel terzo, resta tuttavia diffusa un'amenità sufficiente, semplice e proporzionata. Questa è stata attuata squisitamente sia nella parte vocalistica, affidata, . nei personaggi principali, a Jolanda Gardino, a Mariella Adani, a Cecilia Fusco, a Franco Ricciardi, a Ferdinando Lidonni, Ugo Benelli, Ugo Savarese, Giorgio Tadeo, ottimamente concertati da Nino Sanzogno, sia nella messinscena (regia di Vittorio Viviani, allestimento di Nicola Benois, bozzetti di Onorato). L'accoglienza e gli applausi e le chiamate all'autore, al librettista, agli esecutori hanno convalidato il successo favorevole. A. DeMa Corte Una scena dell'opera di Jacopo Napoli, nell'allestimento curato da Vittorio Viviani per la Piccola Scala

Luoghi citati: Cagliari, Milano, Napoli