La filosofia in America

La filosofia in America DAL MITO DELLA SICUREZZA AL SENSO DEL RISCHIO La filosofia in America Che la produzione filosofica più importante c ricca sia oggi quella degli Stati Uniti d'America, è un fatto che può apparire sconcertante a quanti ritengono che lo sviluppo della scienza e della tecnica nel mondo moderno è destinato a limitare o a distruggere l'interesse pcr i problemi filosofici. In realtà, se accade clic scienza c tecnica rodono il campo della filosofia, appropriandosi di problemi che appartenevano tradizionalmente al patrimonio di essa, accade pure che lo specialismo scientifico e la divisione dei compiti tecnici fanno sentire più fortemente l'esigenza di collegamenti tra i vari domini, di generalizzazioni illuminatrici, di sintesi interpretative, che si pongono come altrettanti problemi all'indagine specificamente filosofica, fn altri termini, quanto più il sapere si spezzetta, tanto più forte si presenta l'esigenza della sua unificazione; quanto più prende corpo, sotto forma di tecniche strumentali, nella vita quotidiana degli uomini, tanto più fa nascere il bisogno di capire qual è l'anima di questo corpo; c quanto più estende il potere dell'uomo sulla natura, tanto più diventa impellente il bisogno di conoscere l'uso che di questo potere l'uomo può fare affinché non si rivolga contro di lui. In una società tecnicamente sviluppata, le radici dell'interesse filosofico sono forse diverse da quelle che lo alimentano in una civiltà fondata sulla cultura umanistica; ma sono altrettanto salde. E i problemi verso cui questo interesse si dirige sono ancora quelli che hanno presieduto alla nascita della filosofia nel mondo occidentale: quali sono i poteri, le modalità c i limiti degli stru menti conoscitivi di cui l'uomo dispone? Qual è l'uso che l'uomo deve fare delle conoscenze che tali strumenti gli offrono? Negli Stati Uniti d'America la filosofia, che per un certo tempo era vissuta a spese della filosofia europea, ha dato luogo verso la fine dcll'Soo a un importante movimento originale: quel lo del pragmatismo. Il pragmatismo è una specie di inversione dell'empirismo tradizionale inglese: l'empirismo dice che una co noscenza è valida quando è suf fragata dall'esperienza passatali pragmatismo dice che è valida quando è capace di orientare l'esperienza futura. Il fondatore del pragmatismo, C. S. Pcircc, in un saggio del 1878 intitolato « Come rendere chiare le vostre idee », presentava la tesi che il significato di una conoscenza consiste esclusivamente nelle con seguenze pratiche che essa sug gerisce: sicché non possono dirsi diverse due conoscenze che con ducono in pratica allo stesso comportamento. William James utilizzava que sto criterio pcr giustificare le credenze morali o religiose. Tali credenze, il più delle volte, non hanno base razionale: non si può dimostrare in modo inoppugnabile, ad esempio, che il bene sia destinato a trionfare nel mondo, che l'anima sia immortale, che Dio esiste; ma si può mostrare clic queste credenze rendono migliore, più sicura o accettabile la vita a coloro che le professano: si può cioè giustificarle in base alle conseguenze pratiche che producono. E John Dewey ha illustrato c difeso un criterio analogo per tutti i campi delie attività umane, dalla logica alla pedagogia all'estetica; ed ha considerato il sapere in generale c in particolare la scienza, come lo strumento che l'uomo possiede pcr raggiungere la certezza c la sicurezza del proprio destino in un mondo precario e instabile, che metterebbe ad ogni istante in pericolo la sua sopravvivenza e la riuscita delle sue imprese. Già il pragmatismo, nelle sue più riuscite espressioni, aveva una forte tinta di naturalismo. Partiva cioè dal presupposto che l'uomo è parte della natura e che la natura stessa gli fornisce le capacità di cui dispone. E il naturalismo in questo senso è strettamente connesso fon l'evoluzionismo, cioè con la dottrina che l'intero mondo naturale costituisca un unico processo evolutivo, continuamente progressivo, di cui l'uomo è al culmine c che a di là dell'uomo si continua nella società umana. Il senso ottimistico di questa concezione è evidente: ogni '.ase dell'evoluzione costituisce un progresso sulle precedenti e prepara un progres su ulteriore. La legge stessa del l'evoluzione naturale porta l'uo mo sulla cresta dell'onda e lo indirizza verso le riuscite immancabili delle sue iniziative. Questa concezione rappresenta lo sfondo comune della filosofia americana sino alla seconda guerra mondiale. Dewey stesso, che ha insistito eloquentemente sull'instabilità c precarietà dell'esperienza umana, la condivide va, ritenendo che la scienza ba sta a dare all'uomo la sicurezza del suo destino. Ed essa è sullo sfondo di filosofie che hanno esercitato in America e fuori d'America influenza duratura: come quella di Santayana, che poneva come sottotitolo alla sua opera maggiore La vita della ragione (1905-6): « Le fasi del progresso umano i>; come qufclla di Whitelicad che vedeva nella natura un processo, c in questo processo un progresso {Processo e realtà, 1929). Tale ottimismo si fondava sulla validità c certezza della scienza (o di una filosofia organizzata sulla base dei risultati della scienza): ritenuta capace non solo di estendere indefinitamente il potere umano sulla natura, ma anche di trasformare c dirigere l'uomo illuminandolo su tutti i problemi che lo concernono. La crisi economica del 19:9 e la seconda guerra mondiale hanno messo in crisi questo sfondo ottimistico della filosofia americana. Mentre in Europa la critica dell'ottimismo filosofico tradizionale era fatta dall'esistenzialismo, in America l'opera e l'insegnamento dei filosofi di provenienza tedesca o austriaca (trasferitisi colà dopo il 1930 per sfuggire al nazismo) investiva la base o il caposaldo dell'ottimismo americano: il concetto dela scienza. I pilastri della scienza, secondo la teoria classica, sono due, l'esperienza e la logica: la prima garantisce l'aderenza della scienza alla realtà naturale e le impedisce di essere una costruzione chimerica: la seconda garantisce il carattere dimostrativo o necessario delle proposizioni scientifiche e rende possibile la costruzione di sistemi e di teorie scientifiche. Ma l'opera di Carnap, di Reichenbach e di numerosissimi altri (1 neopositivisti », che hanno dato in questi campi contributi specialissimi ma decisivi, ha mostrato che questi due pilastri non sono così solidi come si supponeva. L'esperienza di cui si avvale !a scienza non è quel contatto diretto, certissimo, inconfutabile con la realtà naturale che Galileo e Newton credevano, ma un rapporto indiretto e problematico, sulla cui natura non si è d'accordo. Gli oggetti di cui si occupa la scienza contemporanea non sono cose percepite e non si comportano come cose, ma sono entità costruite ad hoc (corpuscoli, campi, stati atomici ecc.), che hanno un rapporto solo indiretto e lontano con le cose che possiamo percepire. E la logica di cui la scienza si avvale non è l'espressione delle ic leggi eterne del pensiero », m: un calcolo o un insieme di -alcoli convenzionali, le cui regole possono essere indefinitamente variate. Da questo punto di vista, uno dei maggiori logici americani, Quinc, ha potuto affermare, senza suscitare scandalo, che gli oggetti della fisica differiscono solo in grado ma non in specie dagli dèi di Omero perché, come gli dèi di Omero, sono semplicemente costruzioni culturali. Con ciò naturalmente non viene posta in dubbio l'efficacia pratica della scienza, che d'altronde è evidente ad ognuno, ma si riconosce proprio in questa efficacia l'unica superiorità che la scienza possiede sulle vecchie mitologie. Ma la scienza viene investita, fin nei suoi fondamen¬ ti, da quel senso di insicurezza o di rischio che sembra il carattere dominante di una civiltà clic ha raggiunto un alto grado di sviluppo tecnico. Dall'altro Iato, lo stesso enorme potere che In scienza conferisce all'uomo e che può essere usato per il male come per il bene, pcr la distruzione come pcr la costruzione, pone agli scienziati, agli uomini tutti e alla società nel suo complesso, problemi che non trovano riscontro nella tradizione filosofica. Certamente ogni strumento che l'uomo ha inventato può essere (ed è stato) usato anche come mezzo di morte. Ma quando esistono strumenti capaci di rendere impossibile la vita stessa dell'umanità sulla rcrra, il problema cambia non solo di proporzioni ma di natura. Diventa ora straordinariamente attuale la definizione che Platone dette della filosofia: la scienza che deve insegnare all'uomo l'uso della propria scienza. L'appello a questa funzione della filosofìa è frequente oggi in America negli scritti di scienziati, filosofi c uomini politici; come sono frequenti i dibattiti intorno ai conflitti che si vanno verificando, nello stesso individuo tra lo scienziato e l'uomo o tra il cittadino che deve promuovere la sicurezza del suo paese e la persona morale che deve preoccuparsi della sopravvivenza dell'umanità. Questi conflitti potrebbero essere risolti soltanto col ricono¬ scimento di nuove tavole di va lori che consentissero di stabili re i limiti rispettivi dei doveri che incombono sullo stesso individuo c che pertanto offrissero ad ogni individuo (sia esso scienziato, uomo politico o cittadino) il criterio pcr risolvere le situazioni drammatiche che lo coinvolgono. Che l'umanità e la pace debbano essere il fine ultimo, è cosa evidente ed è inutile insistervi; ma è sempre lecito il dubbio se a questo fine sia miglior mezzo la vigilanza armata o l'atteggiamento del profeta disarmato. Questo dubbio sarà lecito, e sussisterà di fatto, fino a che certi valori non prevarranno in tutte le grandi comunità umane; prevarranno, cioè, come forme di vita saldamente stabilite nella coscienza razionale e nel comportamento effettivo dei membri di quelle comunità, non come semplici ideali, oggetto di prediche, di esortazioni o di discorsi edificanti, di cui sia possibile dimenticarsi all'occorrenza. Poiché tali valori dovranno csscie indipendenti da ogni diversità di razze, di costumi, di credenze religiose, il reperimento c lo stabilimento di essi potrà essere opera soltanto di un'indagine e di un'educazione razionali, cioè della filosofìa. Ma qui si presenta la domanda cruciale, domanda che non riguarda più soltanto la cultura americana: sarà la filosofia in grado di assolvere questo compito? Nicola Abbagnano

Persone citate: Dewey, John Dewey, Newton, Nicola Abbagnano, Platone, Reichenbach, Santayana, William James

Luoghi citati: America, Europa, Stati Uniti D'america