La deportata di Ravensbrück

La deportata di Ravensbrück LETTERE AL DIRETTORE La deportata di Ravensbrück La sottoscrizione consentirà di edificare il sacrario in memoria delle vittime italiane - Una sopravvissuta del Lager ringrazia i lettori de «La Stampa» Signor Direttore, grazie: a nome mio, a nome deile mie compagne deportate, a nome di quelle che non sono più. ma che pure vivono in tutte noi, come se fossero ancora presenti. Ravensbriick è un nome quasi sconosciuto in Italia (le francesi lo avevano definito l'inferno delle donne); pure è il campo che ha raccolto il maggior numero di deportate politiche italiane. A Ravensbriick è morta la maggior parte di noi; sono morte di fame, e creda, è difficile, è duro morire di fame. Non è una morte eroica, non è una morte che meriti una medaglia, ma è una morte lenta, inumana, una morte che distrugge prima, poi fiacca qualsiasi resistenza, e poi annulla il corpo. Sono morte così e fino a qualche giorno fa non avevano nemmeno un ricordo del loro sacrificio. Ora però, grazie a La Stampa, grazie a Sandro GalanteGarrone, che come nessun altro prima ha saputo interpretare il nostro calvario, grazie alla nobile e sensibile generosità dei SUoi lettori, grazie ai tre giovani artisti che con entusiasmo si sono messi al lavoro, presto, molto presto, il sacrario sarà allestito. Sono fiera di quanto sono riusciti a realizzare questi giovani, che pur non avendo vissuto, per loro fortuna, la tragedia dèi campi di sterminio, pure sono riusciti ad esternarla in queste immagini dilaniate e martoriate. La cifra raccolta è sufficiente per portare a termine l'opera. Come ultimo lavoro, il più piacevole, non rimane che l'organizzazione del pellegrinaggio e Lei non può immaginare quante persone, giovani soprattutto, abbiano chiesto di venire a Ravensbriick, per rendere omaggio alle donne cadute. Ora sono tranquilla, anzi po trei dirLe di più: per la prima volta dopo il ritorno mi sento in pace ed alla domanda che tanto spesso mi sono rivolta « Valeva la pena? » posso ri spondere finalmente: «Valeva la pena ». Valeva la pena, perché oggi, l'opinione pubblica non è più indifferente a questi problemi e ciò vuol dire che ciascuno di noi, cosciente di un passato che brucia ancora, è pronto a lottare, a dare il meglio di se stesso perché Auschwitz perché Ravensbriick, perché Mauthausen non si ripetano Grazie ancora. Lidia Rolfl Beccaria dell'Associazione Nazionale ex-Deportati politici nel Campi nazisti Mondavi, marzo 1964

Persone citate: Beccaria, Lidia Rolfl, Mondavi

Luoghi citati: Italia