Proletari e borghesi solidali nelle «tre giornate» di Bologna di Paolo Monelli

Proletari e borghesi solidali nelle «tre giornate» di Bologna COME I TIFOSI DI CALCIO DIFENDONO LA LORO SQUADRA Proletari e borghesi solidali nelle «tre giornate» di Bologna (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 7 marzo. Mercoledì a tarda sera quando giunse improvvisa la notizia che la squadra del Bologna era sotto la minaccia di gravi sanzioni, Bologna si colmò di orrore. Giovani annuvolati da irte chiome, accalorati ancora a celebrare la vittoria a San Siro, gridando al tradimento si gettarono sulle vie del centro agitando gigantesche bandiere rossoblu, preceduti dal tuono di automobili e motorette procellose. Al bar Otello nel vecchio centro ove si adunano i più intransigenti fautori del Bologna, ed ove tutto ha i colori della squadra, il rosso ed il blu, — i grembiali delle bariste (blu l'autunno e l'inverno, rosso la primavera e l'estate), le uova pasquali sul banco, le sciarpe di lana delle tifosctte, gli scuffiotti di lana dei più giovani, le guance ardenti di omoni saturi di Sangiovese velate da una barba di due giorni, — un intransigente comitato di salute pubblica ordinò l'immediata partenza di un'autocolonna per marciare su Coverciano presso Firenze ove siede la Commissione medica antidroga, e attenti alchimisti indagano con delicatissimi e — si dice — malfidi apparecchi i segni delle droghe nella pipì dei campioni. « Partiamo » urlarono a gran voce i tifosi. « Dmateina », domattina, « così vedremo che tempo fa ». Il frastuono delle urla, dei motori, delle sirene pigiate con furia salì in confuso rombo ai solitari quartieri su per la silenziosa collina; e sulle prime quei pacifici cittadini temettero che fossero tornate le fosche giornate di un ventennio fa, che avesse improvviso inizio una rivoluzione sociale. Il giorno dopo il mattino sorse lugubre e piovoso. Centinaia di piccoli comizi discussero per tutto il giorno di Lega e di con giura, di pure orine e di pu gnalata alla schiena, negli uffici, negli empori, al canto dei portici, nel chiuso e sulla soglia dei bar; capannelli di gente fiera, con facce accigliate da pa tria in pericolo (e qui mi scappa di parafrasare quei versi del Ci» ira del Carducci: Gruppo d'antiche statue severo - sotto i romei incalzantisi con l'ore sembra il popolo: in tutti uno il pensiero - perché viva il Bolo gna oggi si umore). E al citato bar Otello il supertifoso Gandolfi detto « Banana » giurava che il giorno dopo il verdetto della Lega, ove questo sia di condanna, si metterà alla testa di una marcia su Milano; e al cantone del palazzo Rizzoli un concionante dutòur Balanzone dai basettoni fino a metà guan cia, diceva che bisognava proclamare lo sciopero generale. Ma nei numerosissimi bar sportivi della periferia, presso l'Ippodromo, nei remoti quartieri di Casaralta o della Scala imprecando alla « truffa del secolo » gruppi tracotanti preparavano la marcia al centro cittadino. Un questore angustiato una polizia risoluta a tutto, attendevano l'ora fatale delle 19; mentre colonne incalzanti all'ombra di bandiere rossoblu con cartelloni istoriati di bare e di teschi (simboleggiami le squadre milanesi) si avviavano dai quattro punti cardinali al quadrivio delle due torri, varcavano le porte dugentesche ove sbarramenti di polizia non potevano far altro che deviare le automobili dall'aspetto più minaccioso. Fra i primi, seguito da uno stuolo di macchine caracollanti, a prendere possesso del quadrivio fu lo stentoreo Guido Villani armato di un potentissimo megafono elettrico con cui suole nel corso degli incontri della sua squadra far rimbombare da un capo all'altro dell'arena il suo acutissimo « forza Bologna ». Manifesti furono appiccati ai muri con un fiero appello: tutti fuoco contro «i potenti e sotterranei interessi coalizzati contro la gloriosa squadra bolognese », con l'affermazione che lo squadrone « che tremare il mondo fa » rimane <t sugli scudi dell' entusiasmo sportivo bolognese ». Lo stesso appello fu riprodotto in decine di migliaia di manifestini che il giorno dopo l'animoso pilota Pietro Bortolotti lancerà su Milano agli invidi milanesi. Sui manifestini la parola « scudi » apparve stampata con l'acca, molte migliaia ne erano già state diffuse prima che ci- s'accorgesse dell'errore. Spesso l'acca a Bologna è fatale ai generosi tumulti; quando intorno al 19:0 si costituì a palazzo D'Accursio un consiglio comunale comunista e separatista, fu nominato assessore un certo Locch: che non aveva nemmeno la terza elementare e dovette dimostrare di saper leggere e scrivere. Firmando il dettato, scrisse Locci invece di Locchi. Un compagno che di sopra alle sue spalle ne seguiva la faticosa scrittura suggerì prontamente 1 l'acca! »; al iarmsbpvttilgQdtslsalclpgpeg che il Locchi ubbidiente chinò il capo e dette una bella leccata al foglio. L'esercito d'occupazione scorrazzava qua e là, alcune automobili con la targa di Milano subirono l'assalto di ragazzetti bercianti. Ma quando la polizia potè temere che la chiassata divenisse tumulto di uomini maturi, tutto si sgonfiò: alla gente nei fòri e per le vie giunse imperioso su onde gastriche l'appello delle cucine casalinghe, che il pranzo era pronto. Quando ben bene pasciuti ridiscesero nelle strade, il pigro tepore della digestione ne aveva smorzato gli ardori, insieme alla pioggia insistente. Il venerdì seguente una neve montanara aizzata da una tramontana malandrina sciolse i propositi bellicosi in chiacchiere innumerevoli, l'aviatore dei manifestini non potè spiccare il volo; un'indignazione dialettica e scientifica prese il posto di quella giovanile e irresponsabile. Perché il vero tifo a Bologna non è tanto popolare quanto borghese. Da quando quella squadra di calcio fu campionessa d'Italia per l'ultima volta, nel 1941, per più di vent'anni non fece che decadere; i cittadini si erano disinteressati di quei campioni sgonfiati, e scettici e ironici per loro natura s'erano dati 1 parteggiare per le squadre avversarie. Ma l'impegno del più che trentennale presidente Dall'Ara, un magliaro tenace che potrebbe riconoscersi nei frati godenti bolognesi del Trecento, e i giudiziosi insegnamenti dell'onesto e cortese Fulvio Bernardini, allenatore, negli ultimi due o tre anni hanno riportato la squadra ai fastigi dei tempi belli; e i bolognesi sono stati ripresi da una ritrovata passio ne, quasi per fare ammenda dal l'indifferenza di un tempo. Ed ora si sentono colpiti soprattutto i tifosi fra i professio nisti, fra la media e alta borghe sia, fra i rampolli della nobiltà: discendenti da quei colti cittadini, da quelle storiche famiglie che fino alla prima guerra mondiale avevano fatto di Bologna un ammirato centro di cultura di dottrina, di scambi intellettuali di idee c di problemi; con dotti di fama internazionale, e gentildonne che ospitavano nei solenni palazzi i più begli ingegni del mondo. Ma oggi i sette fra tcllt Hercolani dagli arcicavalle rcschi nomi di Alvise. Arduino, Andrea, Alvaro e cosi via, il con te Filippo Montanari che possiede il più bel palagio settecentesco della città, il marchese An drca Boschi, profondono le avi te virtù in questa febbre ebdo madaria; e fanno loro corona industriali, commercianti, professionisti, l'avvocato Walter Vii la, Pierino Bortolotti amico di quegli aristocratici, il costruttore Scardovi, dames sur le retour, quel Viscardo che propone per il Bologna scommesse da una lira al miliardo e il sindaco Dozza che ben raramente partecipa alle sedute del consiglio ma non per de mai una partita allo stadio. In questa eletta di tifosi l'incidente della droga è discusso con argomenti severi, nei salot ti, nei caffè, nei circoli; con lo stesso impegno con cui in tempi men leggiadri i loro vecchi parteggiavano per il Carducci, per Wagner, per Bergson. Si usano espressioni come « processo alle streghe », si deride la costituzione dcll'arcicollcgio medico che pretende accertare quali eccitanti si possano permettere, e quali non, ad un giocatore per tenersi sù, vincere uno scoramento, accingersi con fiducia al proprio compito. Professori di tossicologia affermano che il Micoren, eccitante permesso, lascia negli umori di chi l'usa le stesse tracce che lascia. la simpamina, con la quale da vent'anni tutti gli studenti universitari si preparano agli esami, e ne sono usciti professionisti equilibrati e senza tare, ma che oggi è considerata droga obbrobriosa dal citato collegio. Questi educati tifosi ascoltano con conciliante sorriso le intemperanti accuse dei ragazzetti fanatici e dei concionatori del bar Otello, che denunciano una voluta ostilità della Lega, un colpo basso delle squadre d'Oltrepò. I tifosi borghesi non di cono, come disse sere fa Fulvio Bernardini al giornalista Severo Boschi: « Non hai idea di quel lo che inventeranno lassù per non farci vincere lo scudetto: ricorreranno a tutto ». Ma con una certa furbesca bonomia insinuano che sarà difficile togliere dalla testa dei buoni petroniani, se il Bologna sarà punito, il dubbio che si sia voluto favorire qualcuno. Acque chete, questi tifosi scelti. Non c'è verso di prenderli in castagna. Alla prima domanda che gli rivolge il giornalista che viene di fuori, levano gli occhi al cielo e dicono subito : « Se qualcuno ha peccato, sarà giusto che sia punito ». « Se sarà accertato il dolo sarà equo che ne portiamo il fio ». Ma, quid est dolus? E si impegnano in quelle minute disquisizioni che vi ho detto, e vi dimostrano sulla fede di scienziati di gran nome che nella pipì dei campioni tutto lascia traccia, e tracce equivoche e mal distinguibili le une dalle al tre, le banane, quattro aspirine, un calcio agli srinchi, una scenata in famiglia. Quid est dolas? Nelle loro arche del duecento i glossatori del diritto, Accursio, Odofredo, Rolandino, aprono i teschi al sorriso, orgogliosi di così loici tardi discepoli. Paolo Monelli