«Mahagonny» di Brecht e Kurt Weill un'opera "sociale" senza autentica musica

«Mahagonny» di Brecht e Kurt Weill un'opera "sociale" senza autentica musica La attesa "prima,, italiana dei melodramma, compiuto dai due autori nel 1930 «Mahagonny» di Brecht e Kurt Weill un'opera "sociale" senza autentica musica Delinquenti e prostitute protagonisti dell'azione nella città di cui si descrive l'ascesa e la rovina - L'interesse scenico primeggia su quello musicale - Lontana dai precetti brechtiani l'esecuzione, diretta da Nino Sanzogno con la regia di Strehler (Dal nostro invialo speciale) Milano, 29 febbraio. Il Teatro di Bertolt Brecht gode ovunque un largo favore. Quello, musicale, di Kurt Weill ha una fortuna assai minore, ristretta alle oliere su libretti polemici ed arditi appunto del Brecht. Rappresentandosi ora, la prima volta in Italia, Asceso; e rovina della città di Mahagonny, nella sua ultima forma, in tre atti (1930), una delle loro opere che invita, come altre del nostro tempo, alla discussione più che all'ammirazione, è opportuno riassumere dagli Scritti teatrali del Brecht le teorie sul melodramma, e osservarne la influenza sulla stesura della Mahagonny weilliana. Questa, soprattutto, ci interessa. Propostosi il quesito, sociologico, politico, non artistico, se le opere teatrali possano esporre con efficacia il « mondo di oggi a, il Brecht rispose annuendo, purché, soggiunse, quel mondo fosse stato «suscettibile di cambiamento ». E alludeva alle condizioni capitalistiche, morali, della società verso il 1930. Il carattere sociale del teatro sia letterario, sia musicale, gli sembrava spregevole, in generale; senza eccezioni, né limitazioni, di artisti, nazioni, secoli, qualificava « gastronomica » l'opera in musica, in quanto con il contenuto passionale e col convenzionale apparato propiziava soltanto la digestione dell'ascoltatore passivo. Voleva perciò trasformare radicalmente l'opera; sostanziarla con quella energia ideologica che, attiva, diceva, nei libretti del Flauto magico, delle Nozze, di Figaro, del Fidelio. era stata sostituita dal godimento fine a se stesso; annullare la magia dell'arte, < magia, incantamento, illusione, ipnosi, ubhriacature », nocive alla primaria ragion d'essere, sociologica, dell'opera; strappare il pubblico « dalle mani dei maghi »; provocare la totale estraneità del pubblico all'azione e ai drammi psicologici; prescrivere al cantante di straniarsi a sua volta dal personaggio e dalle espressioni di esso; infine, cangiare l'ascoltatore in un osservatore, che, evitata qualsiasi emozione, « prende posizione, dà il proprio voto », e così riconosce la < funzione sociale del teatro »■ Un'opera siffatta, non più « merce pel divertimento serale », non più « gastronomica », e. neanche « drammatica », sarebbe stata considerata < epica», cioè «narrativa» e critica, perché irridente la società che si diletta della « gastronomia ». Si dichiarava «non aristotelico, antimetafisico, materialista». Avvertiva: in un'opera, quale la Mahagonny weilliana, benché essa sia risultata soltanto in parte epica, i fattori verbali, musicali, pittorici e mimici, non mirano a fondersi, c.ompenetrarsi, ma « nettamente vogliono essere separati »; la musica «interpreta» il testo. E via il tradizionale apparato scenico. La collaborazione di Brecht con Weill, non intima né consona, cessò dopo il compimento dei Sieben Todsiindrn (balletto con canzoni, Parigi, 1933), per cagioni non precisate, forse la rigidezza moralistica di Brecht o le divergenze in politica o l'adesione di Weill al gusto de! pubblico americano In ogni caso sarebbe stato utile osservare se le teorie e le intenzioni e i modi imposti da Brerht siano tali da favorire la creazione d'una di quelle libere e belle opere, che tutti gli amanti dell'arte, in ogni tempo, desiderano Trattando poi del canto addicevole ai singoli personaggi, quasi tutti i chiosatori rievocano l'esito infelice della prima rappresentazione di Mahagonny, affidata a cantanti così detti * lirici », e quello, lieto, delle successive, cui concorsero taluni specialisti e cabarettisti, e si domandano quale tecnica sia da preferire. La controversia va risolta, mi ilare, con la considerazione della reale stesura dell'opera, che il procedimento filologico e critico illumina. Innanzi tutto, la notazione è normale, non introduce eccezionali modi, come pur usano parecchi contemporanei, lo Sprcchgesang, eccetera: poi, è lo stile dell'operista che designa i modi della declamazione e dell'espressione; le fattezze dell'opera d'arte guidano l'esecuzione. Sembra infine incredibile che il Brecht, severo teorico, non abbia scacciato dalla niente certe idiosincrasie: la grave antipatia (?) verso Beethoven, verso parecchi ec celienti tedeschi « romantici > e verso gli strumenti ad ateo. Seguendo tali preconcet ti, come si può istituire sia una retorica, sia un'estetica del teatro musicale? Se poi si riguardano nei libretti ì riflessi delle concezioni marxiste, la società capitalista o socialista, ci si domanda co me la scienza sociologica possa essere stata scambiata con la liricità, la parola signilican te con l'espressione musicale di sentimenti. Inoltre l'arte musicale non interpreta il te sto verbale, ma con esso canta gli stati d'animo dei persi naggi. Infine il concetto es etico dell' integra opera d'arte, in cui tutti gli elementi poeticamente si compenetrano, venne, sì, formulato dal Romanticismo tedesco e da Riccardo Wagner, ma di fatto esso è presente in tutte le opere che, sorte nel tempo o della Retorica o dell'Estetica, e comunque formate, diciamo belle, dall'7«coronazionc di Poppea di Monteverdi a Pelléas et Mélisandc di Debussy. Quelle in cui i mezzi delle arti rimasero disgiunti sono giudicate squilibrate, frammentarie, fallite, brutte, e giustamente sono obbliate. Propugnata l'autonomia delle arti nel melodramma, Brecht considerava < più importante » la musica. Quale specie di musica? Ricordava d'aver inserito can zoni e marce nei suoi drammi giovanili. Questa pratica, diceva, era stata continuata rial Weill, che « ebbe il coraggio » di abbandonare il pregiudizio della musica seria e psicologica per l'intonazione di « testi di canzoni più o meno banali », i Songs, musiche «leggere» da cabaret o da operetta, i quali segnano « l'inizio del teatro della nuova epoca», essendo «gestuali», tali cioè da consentire all'attore determinati gesti fondamentali, rappresentativi dei suoi «atteggiamenti». Ma, precisava Brecht, le musiche di Weill per Mahagonny rispondono soltanto in parte all'esigenza della gestualità. Ed aveva ragione di essere scontento. La musica risulta in parte precisamente « gastro-nomica», cioè divertente, «rii-gestiva», in esigua parte prò-priamente artistica, ed in par- te noiosa, e non perché vi trn-peli un che di sociologico non musicabile, ma per la nullaggine drammatica o epica, crescente rial primo al terzo atto. L'azione (alcuni delinquenti, la padrona d'un bordello, alcune prostitute, e parecchi avventori, benché s'arricchì- scano nella nuova città di Mahagonny, e vi godano bassezze e violenze, si contrastano e s'attediano della quotidiana monotonia; uno, che non ha più danaro per pagare il whisky, è condannato alla sedia elettrica; la città arde e crolla), l'azione, dicevo, abbonda rii pseudo-musiche durante gli episodi meramente materialistici ed edonistici, e soprattutto visivi, e trova poi in alcuni momenti la concomitanza di autentiche espressioni, vocali e strumentali, di stati d'animo lirici. Tralasciando l'annotazione minuziosa rielle tante frivolez ze, anche, umoristicamente, la pianistica Preghiera d'una vergine, delle astute eccentricità ritmiche e timbriche e, peg gio, della quasi costante man- canza di carattere (la partitadi boxe, il coro degli ubriachi, ecc.), si vuol precisare chealcune canzoni rii gusto; ame-ricano esprimono casuali sen-timenti amorosi, languidi, nostalgici; e che un solo e non breve episodio reca, evidente e pregevole, un palpito, quello fugato, corale, del terrore per l'imminenza del tifone minacciante la città. Il concorso di tutti i mezzi dell'arte musicale qui si risolve in un intimo canto: impotenza contro la strage, rassegnazione, infine rasserenamento, e non esul-tanza, ma spirituale elevazione in un sommesso ringraziamento quasi religioso. Niente altro. Della qualità musicale è pre- sto detto. Un rapidissimo centone non di reminiscenze, ma di maniere, dalla melodiosità dei canti dei negri a quella della tenerezza pucciniana, dallo scatto di chi sa quale prseacglsi sescconcertato del primo Verdi ninndi Donizetti a sfoghi ponchiel-; mulaliani, dalla levigata cantilena logai contrappunti ispidi, da sin-|cecopi jazzistiche ai melologhi, sucome di solito, impercepibili; effetti delicati o grossolani; e di qua e là un ricordo dell'inse gnamento busoniano, e una specie di cancan sulla passerella... Ma, riandando ai mo- intrazagia.fraderni usi della rivista, dello | faspspreregreccapilavon sono i«iripcovetrshoto, del musical, dell'operetta, e di quelli del melodramma, in senso lato, non si vuol cercare retoricamente una convenzionale casella per Mahagonny belle. Hélène e Tristano e Isot ta. Ci vuole dramma, sia commedia o tragedia. Insomma, la musica non è il « più importante » elemento di quest'opera; primeggiano ed incuriosiscono l'azione, la visibilità. Nell'esecuzione, stasera, i precetti brechtiani, i più assurdi, erano del tutto negletti. I cantanti, (fra i quali Gloria Lane, Gloria Davy, Alvino Misciano, Aldo Bertocci, Rolando Panerai), appena avevano da esprimere un sentimento, facevano, diremmo, il loro naturale dovere, badavano a render credibile la loro finzione, comunicativo il « contenuto», né rifuggivano dalla enfasi, per esempio nel « duetto d'amore » del condannato a morte con una delle « ragazze ». Il concertatore e direttore dell'orchestra, Nino Sanzogno, sempre vigile e alacre, ben rinunciando a castigare solisti e coristi, ha parimenti dato risalto al «contenuto», quando c'è orchestrai di|a suggestivi arnbienti, a costu I, u ie, g veristici in jdo eccellente, anzi perfetto, alL mimjca dei persoJna , e dei i . .. . ,. 'coristi, a uno a uno disciplinati sia nella proprietà della persona e del caso, sia nell'ef- mpacespsababrfoin rotaorgrannotivtacofida imdinotegodelle espressioni i ciI Dal suo canto Giorgio Streh- |unler, variate alcune disposizio- h,e■ . . .... , , , Cani brechtiane, ha provveduto L lca .. ilafetto collettivo; una delle più Loammirevoli inscenatile sue e Cadella Scala. 'Nl'aTomaialpoesOpera gastronomica o aperitiva o digestiva? Tutte, qualifiche improprie a un'opera d'arte. Spettacolo attraente, « più importante » della musiNon potevano mancare i calorosi segni del diletto, e siestuMfilnipaquelli della stima e del plauso via tutti i collaboratori. Venti-1 ratré chiamate. A. Della Corte smri:co La soprano negra Gloria Davy, protagonista femminile dell'opera di Brecht e Weill

Luoghi citati: Italia, Milano, Parigi