Bionde e brune

Bionde e brune Bionde e brune Le belle donne sono così gelose della loro bellezza e tanto s'industriano di farla durare, anche perche sanno clic dei documenti clic ne rimarranno c'è poco da fidarsi. Chi può dire, per esempio, anche soltanto di intravedere come fossero fatte Beatrice. Laura, c peggio ancora, Elena? Prevediamo l'obiezione: oggi la bella donna, oltre che degli artisti, dispone di nuovi e preziosi testimoni quali fotografi, registi, cineamatori; i quali fanno in modo che non se ne perderà gocciola. .Ma si vedrà fra non molti anni s'ella sia veramente avvantaggiata rispetto all'antica. La differenza (clic possiamo riscontrare noi stessi quando vediamo vecchie « attualità >i o sfogliamo albi di famiglia) sarà che i posteri, guardando coi loro occhi, le giudicheranno brutte; dove delle antiche noi diciamo nulla per il semplice fatto che non le vediamo. Ne è cagione quel canone dell'arte antica secondo cui il brutto soltanto è caratteristico, cioè degno di particolareggiata descrizione; ma il bello è sempre tipico. Del resto è nella nostra natura di angeli decaduti che il hello ci appaia come la regola; o se noi rivolgiamo alla donna bella tanti complimenti, è perché in questo mondo ricoperto di eccezioni la regola si è fatta oltremodo desiderare. Ogni innamorato, che in quanto tale è sempre un lirico, non penserà mai a darci un ragguaglio notarile delle bellezze, a parte a parte, dell'amata, ma starà setn prc sulle impressioni che quelle gli fanno, e in altri termini parlerà sempre c soltanto di sé. infischiandosi ilei posteri che a lor volta s'infischieranno di lui. Intanto la bella donna passa senza che ne resti niente Tutto epiesto può sembrare ozioso, se non avesse avuto il suo peso in una memorabile disputa fra i dantisti del secolo scorso, prò c contro l'esistenza storica <li Beatrice. A una Beatrice semplice appellativo di una eccelsa virtù. favolosa Pandora, inclinarono già Antonio da Buti c Giovan Maria Filclfo, e fermamente credette il canonico settecentesco An ton .Maria Biscioni; ma fu la scuola storica, conforme al suo genio, a dar fondo alla polemica, che ebbe in prima fila, fra gli assertori dell'assoluta idealità della Beatrice dantesca, Adolfo Bartoli e Rodolfo Rcnicr. Quest'ultimo, nel suo libro // tipo estetico nella Donna dei Medioevo, appunto dall'indeterminatezza con cui è rappresentata la bella donna nella lirica medievale, tolse argomento per dare alla sua tesi idealistica l'ultima conseguenza : essere le donne cantate da quei poeti tutte quante beatrici dei cuori umani, ossia astrazioni. Ma trovò un Hue è forte confutatore in Francesco Torraca (Donne reali e donne ideali), il quale gli provò che non perché mancala in quei lirici l'individuazione della bellezza, doveva per forza mancare anche la donna reale. Lasciando ilei trovatori, che dovevano star sulle generali anche per guardarsi dai mariti, l'indeterminatezza è comune alla lirica d'ogni tempo. Anacreontc è vago; da Orazio non si toglie un numero circi l'aspetto delle sue belle; c quale descrizione di Lesbia ci lasciò Catullo, n com'eran fatte le donne cantate in sonetti dallo Shakespeare? E' sempre notte, una bellissima notte. E non è vero, come asseriva il Renici", che nella poesia popolale e di senso le cose cambino: cambia l'intonazione, ma l'indeterminatezza rimane. Fronte di neve. Sopraccigli ad arco. Viso leggiadro ridente. Occhi sfavillanti di luce celeste. Naso giusto. Labbra tumidette, Bocca rosea. Denti d'avorio. Petto c Mento e Collo e Guance di neve e di rose: è il solito fritto petrarchesco. Prescriveva un vecchio canto toscano: Sette bellezze vuol aver la donna Prima che bella si possa chiamare; Alta dev'esser senza lass;sltbtnbosmtimPtMlmdu«gcglofcpFsgvt a e a o a à o o a e a e a a l é a , i i, a c e e e n ? a il e e. ti i o è r a la pianella, e bianca e rossa senza su lisciare; Larga di spalle e stretta in ceiittirclla, La bella hoc;,j e 'l bel nobile parlare; Se poi si tira sii le bionde trecce Decco la donna di sette bellezze ». Tutto bene, ma non vediamo. Fuori d'Italia è lo stesso, e basti citare il Ronsard, da cui togliamo: bclic labbra garofanate (quelle di Anita Ekbcrg), bocca piena di perle c di rubini, occhi di stelle, fronte d'alabastro, capelli d'oro, seno d'avorio, mano lunga c delicata (« votre tongue, et grèle, et delicate inaili n): che sono bellissime immagini. E il realistico Boccaccio? Per il brutto gli bastano due tratti, c noi vediamo intera la Muta della novella di fra Cipolla, sentendone anche il puzzo; ma per il hello, ha un bel darsi da fare, dipinge la bellezza, non una donna bella. La Fiammetta. « li cui capelli cran crespi, lunghi e d'oro... c il viso ricondotto con un color vero di bianchi gigli c di vermiglie rose mescolati tutto splendido, con due occhi in testa che parevano d'un falcon pellegrino c con una boccuccia piccolina, li cui labbr parevan due rubinetti », codesta Fiammetta metterebbe nei pa sùcci un produttore cinematografico che dovesse darle il volto di un'attrice. Alla donna dell'evo medio, stretta nelle spalle c un poco piegata, c di seno piccolo, successe la donna del Rinascimento, stretta in vita ed esplosa nelle spalle e nel petto; ma non per questo i ritratti letterari delle donne rinascimentali (della cui realtà storica non è possibile dubitare) sono meno generici e intercambiabili. Il difetto era nel manico, e l'intera bellezza femminile dei buoni secoli si perde in una specie di nebbia dorata, in cui l'unico punto fermo è appunto l'oro dei capelli. Se in un sonetto, in una canzone, in un madrigale, trovate una donna di cui non sia specificato il colore, siate pur certi che si tratta d'una bionda. « La biondezza dei capelli permane attraverso tutti periodi e tutte le vicissitudini della nostra razza, quale una delle caratteristiche più notevoli c più universali della bellezza donnesca. » Le donne che non avessero avuto la fortuna di nascer bionde, con tutti i mezzi loro noti procuravano d'imbiondirsi. Francesco da Barberino dà due ricette. 11 Sacchetti, nella canzone contro la portatura delle donne fiorentine, scrive che «per farlo biondo (il crine) Al sol si stanno quand'egli arde il mondo ». Il quale uso dell'insolazione fu comunissimo nel '500. specialmente a Venezia, ove fiorì l'arte detta biondeggiantc. Cade così anche l'ultimo argomento del Rcnicr contro l'esistenza reale delle donne stilnovistiche : « a noi repugna che chi amava una bruna di carnagione e di capelli, descrivendola in versi la dicesse bionda e biau ca. c chi amava una donna dalle forme opulente, vantasse il suo corpo esile e le piccine mammelle odoranti.» (Di passaggio: storia letteraria e filologia, così spesso tacciate di polvere c noia, sapevano pure aprirsi dei bei giardini....! Bisognava dimostrare che ima di quelle donne, di cui i poeti cantano le chiome auree c gli occhi neri e l'esilità, aveva, al contrario, capelli neri, colorito bruno, torme opulente: cosi rispondeva il Fonaci. E del resto si sa c si vede anche oggi clic la illuda, quando vuole, stira tutte le donne a un mudo, comandandole persino nell'anatomia. Ci voleva il Romanticismo, innovatore in tutto, per addivenire all'individuazione artistica ili qualsivoglia donna abbia un suo peso nel mondo. Allora entrarono in campo non soltanto le donne belle d'ogni colore c sfumatura, ma anche le semplicemente carine, le brutte piacenti, e addirittura, presso i decadenti, le brutte spaccate. Entrò la vita; e la pura bellezza usci in punta di piedi. Leo Pestelli

Persone citate: Adolfo Bartoli, Bocca, Cipolla, Collo, Donne, Francesco Torraca, Leo Pestelli, Rodolfo Rcnicr, Sacchetti, Shakespeare

Luoghi citati: Barberino, Buti, Italia, Venezia