IL PAPA IN ISRAELE

IL PAPA IN ISRAELE Uno storico incontro sulla collina di Meghiddo IL PAPA IN ISRAELE Il presidente Zalman Shazar, accogliendo il Pontefice, gli ha rivolto l'antico saluto biblico: «Sii tu benedetto nel tuo incedere» - Paolo VI ha risposto affermando: «Come pellegrini della pace, noi imploriamo concordia profonda e sincera fra tutti gli uomini e fra tutti i popoli» - La cerimonia in uno scenario aspro e grandioso - ì difficili problemi per il passaggio dal territorio giordano a quello israeliano superati senza incidenti - Oggi il Santo Padre conclude il viaggio in Terrasanfa: il ritorno a Roma previsto per le 17,30 il passaggio aai lerrirorio giordano a queuo israeliano superan senza mementi - uggì n ^anio rame conciline u viaggio in lerrasama: il riTorno a Koma previsto per le 17,30 Mezz'ora di colloquio con il Patriarca greco-ortodosso DAL NOSTRO INVIATO Meghiddo, lunedì mattina. « Scialom, scialom » ha ripetuto il Pupa concludendo il suo discorso di ringraziamento rivolto al Capo dello Siato israeliano Zalman Shazar. In ebraico « Scialom » è saluto ed augurio di pace, c Paolo VI sapeva che i suoi ospiti avrebbero appressato la citazione, anche perché il suo discorso doveva essere, peraltro, estremamente cauto. Come l'incontro del Papa col Capo di Israele è stato l'avvenimento di maggiore importanza politica in tutto il viaggio in Terrasanta, così il discorso di Meghiddo è stato il più difficile che Paolo VI abbia mai pronun ciato. A Meghiddo, difatti, dopo duemila anni di lotta teologica fra Roma e Gerusalemme, si è visto ieri mattina il Vicario di Cristo — di un ebreo di cui gli ebrei non riconoscono la divinità — ricevuto con grande deferenza dal capo di uno Stato che il Papa di Roma dal suo canto non riconosce. Fra teologia e politica difficilmente possono darsi situazioni altrettanto delicate, e come era inevitabile ne sono derivate eccezionali complicazioni protocollari, che hanno messo a prova le reciproche buone volontà. Innanzitutto c'era il problema del luogo dell'incontro e quindi del passaggio dalla Giorda nia in Israele. Se il Papa fosse entrato attraverso la Porta di Mandelbaum tra i due settori di Gerusalemme, la cerimonia, che si sarebbe svolta sul limite del settore israeliano, avrebbe potuto prendere il senso di un riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, ciò che nessuno ha ancora fatto; è stato allora scelto il valico di Ta' Anach; mai prima d'oggi usato, che così il Papa ha inaugurato e che si spera abbia un giorno a diventare praticabile per tutti. A otto chilometri da Ta' Anach, dove ad aspettare il Pphcllcvsd , a o i ì e o r ' l Papa c'era il direttore del protocollo di Israele, Abraham Gilboa, si è scelta la collina di Meghiddo come luogo per l'incontro ufficiale, una collina che è una piccola groppa esposta a tutti i venti, battuta ieri da un vento gelido che portava, spargendola, sabbia bianca da lontanissimi deserti. Ma la ragione della scelta è nella storia di cose divine ed limane. Meghiddo fu, nei tempi, una piazzaforte costruita de. Salomone nel decimo secolo avanti Cristo, come si legge nel Libro dei Re dove si parla di operai comandati da Salomone « per costruire la casa dell'Eterno e la sua propria casa e le mura di Gerusalemme e Meghiddo ». Ivi Salomone teneva Uf00 carri e dodicimila cavalieri, e nella valle sottostante, la larga valle di Yezreel, sì combatterono infinite batta glie: Qui fu ucciso sul campo Acazia re di Giuda; qui, combattendo il faraone Neco, morì re Giosia; la profetessa Deborah vi sconfisse i Cananei; qui cadde Saul con i figli, ucciso in battaglia dai Filistei (« poi non sentì né pioggia né rugiada », come dice anche Dante). E la serie non sembra destinata a finire, perché — secondo la Rivelazione cri stiana — a Meghiddo si combatterà la battaglia de cisiva per le sorti del moti do, alla fine dei tempi. Qui perciò il Papa è stato ricevuto dal Presidente israeliano, anche orgoglioso per il fatto dì potergli indicare, nella valle . di Yezreel, giusto al confine con le aride terre giordane, uno dei più riusciti esempi di bonifica. Dove una volta era malaria e desolazione oggi si vedono a decine i kibbuzim e i moshavim tra giardini di agrumi. A perdita d'occhio, dalla Samaria alla Galilea, sotto a Meghiddo si apre il granaio di Israele che il Papa ha contemplato come riconoscendo il miracolo della ritrovata fecondità della terra biblica. Dopo la scelta del luogo, altro problema da risolvere era il linguaggio da tenere, dalle due parti. Il Capo dello Stato di Israele non poteva rivòlgersi al Papa di Roma chiamandolo « Vostra Santità », per ovvie ragioni teologiche, e neppure « Beatitudine », o « Grazia », od « Onore », termini tutti impropri, ed è quindi ricorso ad una formula dell'ebraico classico che, in modo approssimativo, si potrebbe tradurre « Vostro Splendo¬ re » o « Vostra Gloria » o anche « Splendore della Vostra gloria ». La formula, però, accettabile per gli ebrei non era tale per i cristiani. Perciò è stata usata solo nel testo ebraico riservato agli israeliani, e poi quando l'interprete ha tra- dotto in francese ha detto svelto e disinvolto: « Sommo Pontefice », soddisfacendo tutti o, per lo meno, non offendendo nessuno. Altro problema ancora era quello del limite dei possibili riferimenti politici. Zalman Shazar doveva prender atto che il viaggio del Papa era di natura puramente spirituale, e correttamente lo ha fatto in modo esplicito. Ma poi non si è tenuto dall'indicare due specifici punti: cioè il razzismo e la minaccia, costantemente temuta, che un giorno gli arabi con l'aiuto di altri possano colpire Israele con l'arma atomica. Ha detto infatti gravemente: « Le inenarrabili sofferenze del mio popolo durante gli ultimi decenni possono e devono servire da severo ammonimento di fronte agli abissi di bestialità, alla perversione dell'immagine di Dio a cui possono condurre i pregiudizi e gli odi razziali ». Sacrosante parole, dalla prima all'ultima, ma erano tali da far pensare che si attendesse una risposta del Papa pertinente al soggetto, e una tale risposta avrebbe avuto l'effetto di alterare il senso del viaggio del Papa: e infatti Paolo VI non si è pronunciato sul tema. Di questo, d'altra parte, gli israeliani non potevano dolersi perché era stato uguale l'atteggiamento del Papa anche di fronte ai lamenti di re Hussein, l'altro ieri ad Amman. Infine il Papa non poteva nhatsndsg non parlare di Cristo, e lo ha fatto con la più sicura appropriatezza, nel momento piìt giusto, ricordando la sua presenza come una benedizione non solo per tutti i cristiani, ma « si può ben dire, per l'intera umanità ». E' questo il punto del discorso che ha più colpito gli israeliani. Essi certamente si rendono conto che li riferimento era inevitabile ed anzi ne avevano avuto notizia in anticipo, dato il costume diplomatico dello scambio degli indirizzi di saluto prima che essi ven gano pronunciati: si pensatuttavia che proprio il teno-re « cristiano » del discorso del Papa sia stato causadella mancata presenza alla cerimonia di Meghiddo del ministro degli Esteri di Israele, signora Golda Meir, che era invece inclusa nell'elenco ufficiale. E' stato detto che la signora Meir si era slogata una caviglia, e può essere vero l'improvviso infortunio dell'ultimo minuto (ancora sabato, in serata, era a Natanya, non impedita a camminare), ma se ci fosse invece qualche disappunto da parte israeliana non si potrebbe dire giustificato. Quello che ha gran valore nel passaggio del Papa attraverso i Luoghi Santi di Israele è il fatto che sinora mai nessuno fra gli alti e tanto meno fra gli altissimi dignitari della Chiesa cattolica aveva l'uso di visitarli per non compromettersi, sia pure lontanamente, con lo. Stato ebraico — e perciò si limitava alla visita dei Luoghi Santi della Giordania. Ora è lo stesso Papa che viene a rompere una tradizione timorosa, e il gesto di coraggio non può non essere apprezzato. Ma a parte ogni sottile considerazione politica o teologica, la cerimonia dell'incontro fra Paolo VI e il presidente Zalman Shazar, è stata ieri mattina cordiale e dignitosa. Il Papa è giunto sorridente, ammantato di panno contro il freddo che pungeva, coperte le spalle dalla mozzetto di velluto rosso bordato d'ermellino, e non appena ha aperto le braccia per salutare le diciassette bandiere che si inchinavano al suo passaggio e i 72 cadetti della scuola di fanteria che gli presentavano le armi, subito il vento si è impadronito delle falde della sua cappa sollevandole in alto come ali, e nel bianco della veste e nel rosso del manto in movimento era una figurazione che dava gioia. Il Presidente di Israele, un vigoroso vecchio di 76 anni, dalla solida impostazione del sindacalista abi¬ o il o di n a]tuato alla concretezza degli o-ìimpegni, gli ha stretto la o [mano a lungo, con forza a\cordialissima, e lo ha guar- la el (Continua in 2» pagina) ì , e l n e i e o n o ■■si ! mI Al momento del suo ingresso in Israele, Paolo VI riceve il benvenuto dal Capo dello Stato, Shazar, che gli consegna una medaglia d'oro commemorativa PmtdèszsgtIHtrtnvtagco Paolo VI, che ha a fianco il presidente d'Israele Shazar, passa in rassegna il picchetto d'onore a Meghiddo {Telefoto)