«La fiaccola sotto il moggio» all'Alfieri

«La fiaccola sotto il moggio» all'Alfieri Il centenario della nascita di D'Annunzio «La fiaccola sotto il moggio» all'Alfieri Il dramma è stato rappresentato da Renzo Ricci, Eva Magni, Annibale e Carlo Ninchi In questo centenario della nascita del poeta non vogliamo irto noi, con questa piccola onaca, entrare nelle polemiche, accese e ferti'., sul valore e la qualità di Gabriele d'Annunzio. La fiaccola sotto il moggio ha, nel fastosissimo e verbosissimo teatro dannunziano, un suo modo robusto e immediato; tra le fronde e i fregi del barocchismo prezioso e melodioso, si scorge netto, con rilievo facile ma energico, il disegno dei personaggi e dell'azione: personaggi abbastanza convenzionali (diciamo « dannunziani »), azione più narrata che agita, ma tutt'in sterne un che di popolare, di intagliato rudemente in un legno antico, di molta età, e tarlato e corroso. La « tragedia » deriva, come è noto, più o meno felicemente dai greci; c'è qui un vago, traslato senso del fato, c'è una specie di Elettra che vuol vendicare l'assassinio della madre compiuto da una femmina turpe, una serva di casa druda del padre, e c'è 11 concetto della vendetta, del delitto sacrale, del sacrificio di sangue che di venta espiazione e purifica zione. Ma il terrore antico e la pietà sono piuttosto approssimativamente dedotti, perché nella crollante casa del San grò non c'è più nulla da salvare, e 11 poeta affonda la sua fantasia più che In un vero conflitto morale e drammatico, nella pittoresca, compiaciuta descrizione di un mondo in rovina, tra i bagliori malati, i pallori fradici, i virtuosismi coloristici della decadenza. Il palazzo dei Sangro, puntellato, buio, soffocante, che si sfalda, che lascia cadere in frantumi statue, simboli, insegne, stemmi e allegorie, è quel legno antico, cui abbiamo accennato, ma che, cosi guasto, suggerisce a D'Annunzio più una iridescenza di immagini che profondi pensieri. C'è dunque il pittoresco, e soprattutto c'è un'ipersensibi lità, un gusto morboso, una lussuriosa malinconia che fanno lievitare l'impasto greve della favola. La tragedia si svolge In Abruzzo, nel territorio di Anversa, presso le gole del Sagittario, al tempo del Re Borbone Ferdinando I, e vuol forse rappresentare meglio che un episodio di turpitudine e di violenza, il disfarsi di una società illustre, di un'aristocrazia feudale che attraverso 1 secoli, nell'esercizio del potere, nella sazietà, nel peccato, nella dispersione di ogni eroismo, è Anita marcia, col sangue guasto. Tra le memorie remote del fasto e la miserabile infezione della fine, le figure hanno alcunché di repulsivo o di troppo soave. Ed in questo connubio di una estenuata dolcezza e dell'orrido è molta parte del cosi detto fa¬ scino dannunziano. Figure, personaggi che portano nomi strani che bastano a colorire i quattro atti; una vera bazza per chi ami il falso splendore delle cadenze: Tibaldo, Simonetto, Gigliola de Sangro, Bertrando Acclozamora, Donna Aldegrina, Angizia Fura. Gigliola è la gentilissima, la tenerissima, disposta ad ogni sacrificio, Angizia è la matrigna, femmina di lussuria e di sangue, bestia infamante che tiene sotto 11 tallone l'intimidito e lascivo Tibaldo; Simonetta è il giovanetto che raccoglie in sé, disfatto da una malattia mortale, tutti i languori di quella razza patrizia e tutte le artificiose grazie del suo autore; Acclozamora è li fratellastro di Tibaldo, è un bruto, sempre pronto a ghermire la complice Angizia negli angoli oscuri e ad aggredire Tibaldo. Tra costoro, in meno di ventiquattro ore si compie la tragedia; morenti Donna Aldegrina e Slmonetto, morta Gigliola che ha messo le sue mani pure nel sacchetto degli aspidi, ammazzata Angizia da Tibaldo che compie cosi un estremo atto di rivolta e liberazione, e poi si abbatte trascinando con sé, nel crollo, tutta la sua stirpe; questa storia perduta nel tempo ci appare ancora una volta leggendaria, e pur con la sua precisione e crudezza veristica, e il piglio popolare, e la torva delinquenza, uno dei soliti sogni verbali del l'imaginifico. La fiaccola sotto il moggio è stata rappresentata iersera all'Alfieri da una compagnia del «Teatro delle novità» di Maner Lualdi, regista Lualdi stesso. Musiche di scena originali di Adriano Lualdi accompagnarono lo spettacolo. Tra gli attori nomi cari al pubblico. Renzo Ricci, prestante, plastico e ampio dicitore, sosteneva la parte di Tibaldo con l'impeto giovanile e 11 prestigio, romantico e romanzesco anche nel tratteggio veristico, che gli diede fama e successi. Eva Magni con la sua delicatezza, sempre Intimamente impegnata nel personaggio, era Gigliola, fanciulla di estrema gracilità tra il destino tragico ch'ella si è scelto e la naturale debolezza e innocenza del cuore. Lia Angeleri assunse con facilità l'aspetto e 11 tono imperiosi di Angizia, ed Esperia Sperant fu una patetica Donna Aldegrina. Con il loro tratto di attori eccellenti Carlo Ninchi e Annibale Ninchi furono rispettivamente Bertrando e il serparo. Ricordiamo anche Nilo Checchi, Rina Centa. Itala Martini. Gli effetti pit toreschi e drammatici furono cercati con severa misura e con successo. Il vasto pubblico segui 1 quattro atti con crescente interesse e calorosi applausi. f. b.

Luoghi citati: Abruzzo, Anversa