Trovati morti i due torinesi sul Gran Paradiso sono pretipitati per 500 metri su un ghiacciaio

Trovati morti i due torinesi sul Gran Paradiso sono pretipitati per 500 metri su un ghiacciaio Le ricerche degli "scomporsi,, dell'Herbetet hanno rivelato ano tragedia Trovati morti i due torinesi sul Gran Paradiso sono pretipitati per 500 metri su un ghiacciaio I corpi del capitano pilota Lucio Leonessa e di Luigi Migliasso avvistati da un elicottero sul Neiron in Valsavaranche - Sono già stati trasportati a valle - Uno dei due alpinisti, il capocordata, è scivolato dalla vetta trascinando il compagno - Sfracellati alla base della parete (Dal nostro corrispondente) Aosta, 22 ottobre. Lucio Leonessa e Luigi Migliasso, i due alpinisti torinesi dati per dispersi lunedì sull'Herbetet, la montagna che si eleva a m. 3778 nel gruppo del Gran Paradiso, sono morti, I loro corpi erano stati avvistati alla base della parete nord-' ovest sul ghiacciaio di Neiron — versante di Valsavaranche — dal pilota di un elicottero dell' Aeronautica militare del Centro soccorso aereo di Linate, inviato da Torino-Caselle per le ricerche. In serata le guide di Valsavaranche, capeggiate dal responsabile del Soccorso alpino Amabile Blanc, in unione a quelle di Cogne capeggiate da Alfredo Abram hanno trasportato a valle le du" salme, che sono state provvisoriamente deposte nella cappella mortuaria del cimitero del capoluogo, di Valsavaranche, in attesa di essere traslate a Torino. Lucio Leonessa, nato a Torino dove ancora abitano i familiari in corso Peschiera 362, aveva 24 anni, era capitano pilota in Spe e prestava servizio presso la VI aerobrigata caccia di stanza all'aeroporto di Ghedi; proveniente dai corsi regolari- dell'Accademia aero nautica, era uno dei più giovani capitani dell'armata aerea. Un suo fratello, Leo, era morto in montagna cinque anni fa, al Castore nel gruppo del Monterosa. Luigi Migliasso aveva 32 anni, era scapolo come l'amico Leonessa, viveva a Torino, solo, in una camera ammobiliata in via Principe Amedeo 14; lavorava come operaio specializzato presso le officine della Azienda tranviaria municipale, in Borgo S. Paolo. Al mondo era rimasto solo: la madre vive da molti anni in un pen- y i o o i stonato. La, sua unica passione era la montagna. Sabato i due alpinisti, che tutti sono concordi nel definire esperti di montagna, erano giunti a Cogne sull'auto del capitano pilota Lucio, il quale aveva chiesto un breve permesso per recarsi al bivacco intitolato al fratello e che sorge a una quota di 2600 metri circa, proprio al di sotto dell'Herbetet. Il bivacco «Leo Leonessa » ero stato inaugura? to lo scorso anno a settembre, dàlia'sottosezione del Cai Geat di Torino, per onorare la memoria dell'alpinista caduto al Castore. Accompagnavano il Migliasso ed il Leonessa il padre di quest'ultimo Vincenzo, e la cognata Giuseppina, vedova di Leo. Sabato notte dormirono tutti al bivacco. Poi domenica mattina si apprestarono a far ritorno a Cogne, ma Luigi Migliasso e Lucio Leonessa, vista la splendida giornata, decisero di scalare l'Herbetet per la cresta sud. « Non è un'ascensione difficilissima questa — ci ha detto una guida di Cogne — ma nondimeno impegnativa; e poi la montagna è ricoperta ora da neve fresca, instabile e pronta a "partire" al minimo passo ». Il papà del Leonessa e la cognata, viste le intenzioni dei due giovani, decisero di fermarsi al bivacco sino al pomeriggio, poi al calar delle prime ombre si avviarono verso Cogne pensando che i due, forti camminatori, li avrebbero raggiunti per strada. Ma una voi ta arrivati a Cogne, videro trascorrere le ore dell'attesa senza che i due si facessero vivi. Lunedì mattina finalmente fu dato incarico alla guida Antonio Guichardaz, di Cogne, di recarsi al bivacco « Leonessa » per vedere se Lucio e l'amico fossero in difficoltà. Il rifugio era .vuoto. La guida si portò ancora più sopra, ma dei due nessuna traccia. Il Guichardaz ritornò allora a Cogne e diede l'allarme. Fu avvertito anche il Centro di soccorso aereo di Linate, che dispose per l'invio di tm elicottero da Torino Caselle, pilotato dal sergente maggiore Sampò. L'elicottero verso l'imbrunire arrivi a Cogne e prima di posarsi sul prato di Sant'Orso compì una ricognizione nella zona dell'Herbetet, ricognizione che rimase peraltro infruttuosa. Il Soccorso alpino di Cogne intanto si organizzava e inviava al bivacco « Leonessa •» quattro guide: Adolfo Gratton, Cesare Glarey, Marco 8avin e lo stesso Antonio Gui chardaz. Ancora una notte do veva passare però senza loro notizie. Stamane alle 7,30 si levava in volo da Cogne l'elicottero pilotato dal Sampò, che trasportava come osservatore esperto dei luoghi la guida alpina Alfredo Abram. Dopo un volo di circa un'ora e venti minuti, l'elicottero ritornava e si aveva la comunicazione ufficiale della morte dei due alpinisti. Abram, scendendo dall'elicottero, sconsolatamente allargava le braccia e ci diceva: «Li abbiamo visti sul ghiacciaio di Neiron, a circa SB00 metri di quota, alla base della parete nord-ovest dell'Herbetet. A mio parere debbono essere scivolati dalla cima e aver compiuto un volo di almeno 500 metri possibile atterrare in na che è molto scoscesa giungeva il pilota Sampò >ian autia io un volo\ ri ». «/m- quella zo-\ ssa — sog-\ Sampò —.| SocedrLl'aMririsagdne vtadsprasapracopgsivanstgc50e cDcdhplave1sAznabIanl'ascdstnd Sono a una distanza di circa cento metri l'uno dall'altro ». Alle 11,30 giungevano la madre e il fratello del capitano Leonessa, accompagnati dal l'accademico del Cai, Giovanni Miglio, di Torino. Nel pome riggio arrivavano da Torino ai rifugio Eaux Rousses di Valsavaranche otto alpinisti del gruppo Geat, tutti amici dei due scomparsi, che-si portavano incontro alle guide di Cogne e di Valsavaranche. Alle 17 circa, non meno di venti persone scendevano in tanto a valle lungo i sentieri del Colle Lauzon, portando a spalle i corpi dei due sventurati alpinisti. Alle 18,30 le due salme erano deposte nella cappella mortuaria di Valsavaranche. Le cause della sciagura, secondo le guide di Cogne, che per prime sono giunte sul ghiacciaio di Neiron, sembra siano da imputarsi a uno scivolone del capocordata. Questi avrebbe trascinato il compagno nella caduta, non avendo resistito il cordino di Sicurezza legato ad un appiglio. Volarono così, ancora legati, per oltre 500 metri, poi la corda si ruppe e rimasero sul ghiacciaio, a cento metri l'uno dall'altro. L v. Luigi Migliasso, a sinistra, e il capitano pilota Lucio Leonessa vittime della sciagura sul Monte Herbetet